Omaggio alla storia, ai pionieri dell’aviazione e dell’esplorazione e ad uno spirito che spinge al superamento dei limiti e al progresso costante
IL PIONIERE: PAUL-EMILE VICTOR
Il viaggio nel cuore e nel DNA della collezione Longines Spirit continua ad esaltare i caratteri e le personalità fuori dell’ordinario, dei pionieri dell’aviazione e dell’esplorazione dello sconosciuto, in un magico ventennio tra la fine degli anni ’20 e gli anni ‘40. Lo spirito di quei pionieri e degli orologi che li accompagnarono, capaci di straordinarie performance, era un patrimonio da non disperdere in troppe direzioni, ma di concentrare in un solo ed univoco concept stilistico ed espressivo, sintetizzato dal claim, “The Pioneer Spirit Lives On”. Dunque, al di là degli elementi tecnici e di design, Longines ha scavato nella sua memoria, ne ha percorso un tratto e lo ha riversato nella contemporaneità, con l’obiettivo di riproporre emozioni e passioni che, probabilmente, non si sono mai sopite. Il tutto condito dal top dell’avanguardia della Maison di Saint-Imier. Il concentrato di qualità e performance, d’impatto sportivo, dunque, dopo aver “rivisitato” la figura potente di Elinor Smith, quella effervescente ed eccentrica di Howard Hughes, in questo terzo appuntamento, lascia l’aeroplano per trasferirsi sulle lande desolate e ghiacciate del Polo Sud e del Polo Nord, lungo le quali Paul-Emile Victor ha coordinato 150 spedizioni, diverse delle quali svolte personalmente. A lui riferiremo passaggi storici e modelli iconici della Casa, focalizzando sullo sviluppo tecnico del cronografo Longines nella seconda metà degli anni ‘30, come ad esempio il ref. 4270 del 1939 o il celeberrimo A-7 type del 1935, fino ad illustrare il cronografo della collezione Spirit, evidenziandone le caratteristiche salienti e la sua anima pionieristica.
Longines, nel periodo compreso tra gli anni ’30 e la fine degli anni ’40, non realizzò solamente orologi “in uniforme”, ottenendo i riconoscimenti che abbiamo indicato nelle precedenti puntate, ma si distinse enormemente, anche nel campo della cronografia. All’epoca, poi, unitamente a meccanismi squisitamente cronografici, la Maison di Saint-Imier elaborò, per uso civile, anche le versioni stop seconds. In tal senso, videro la luce una serie di modelli dall’estetica elegante e dai movimenti di notevole spessore tecnico, a partire, come base, dal calibro 13.33Z del 1913, passando per il 18.72 del 1929 e arrivando al glorioso 13ZN del 1936, cui seguì, nel 1938 il 12.68Z stop seconds e il celebre 24’’’ studiato per la cronometria sportiva (doveva equipaggiare gli strumenti di misurazione per le Olimpiadi di Helsinki che avrebbero dovuto svolgersi dal 20 luglio al 4 agosto del 1940, ma che furono cancellate per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale). In particolare, il calibro 13ZN, sul quale torneremo più avanti, venne anche montato su esemplari originali che avevano il contatore dei minuti mediante lancetta centrale: modelli che rappresentano, oggi, oggetti di culto per i collezionisti e che, nel dopoguerra, conobbero una seconda, eccezionale giovinezza, in virtù del lancio, nel 1947, del calibro 30L e dei suoi derivati (ossia il 30CH, il 30LS, il 302, e la versione speciale 30Z): un movimento che Gerd Rudiger Lang, fondatore della Chronoswiss e tra i massimi esperti mondiali di cronografi, ha definito come “il più bello del mondo”.
Con un patrimonio di calibri ridotto di ben quattro quinti rispetto al passato (erano, infatti, 60 nel 1929), ma di qualità assolutamente riconosciuta, soprattutto per quanto riguardava la cronografia, Longines affrontò il dopoguerra con solide basi e prospettive. Dopo il conflitto, la ripresa economica le dette una buona mano: infatti, per la prima volta, nel 1951, la Confederazione Elvetica delle Industrie Orologiere superò la soglia del miliardo di franchi svizzeri come valore dei segnatempo esportati. Al suddetto calibro 30CH, la Maison affiancò, nel 1945, il suo primo movimento automatico, il calibro 22AS, con il rotore di carica dotato di sospensioni antiurto, che porterà al lancio della collezione Conquest. Ma questa, è un’altra storia. Soffermiamoci, ora, su quella di Paul-Émile Victor, straordinario esploratore polare ed etnologo, le cui pubblicazioni hanno consentito di avvicinare al grande pubblico le zone più inaccessibili del nostro pianeta.
Paul-Émile Victor
Paul-Émile Victor nacque a Ginevra, nel 1907, figlio di un produttore di pipe e crebbe a Saint-Claude, nel Giura francese. Si spostò, poi, con la famiglia a Lons-Le-Saunier, nel 1916, sempre nel Giura. Molto giovane, Paul-Émile s’immerse nella lettura di libri, riviste e pubblicazioni varie riguardanti le esplorazioni e l’etnologia, appassionandosi e sognando viaggi, soprattutto nei luoghi polari e nelle aree polinesiane. Nel 1931, dopo aver ottenuto il diploma alla Scuola Nazionale di Navigazione Marittima di Marsiglia, ed aver svolto il servizio militare nella Marina Nazionale francese, ottenne il brevetto di pilota d’aereo e, nel 1933 si diplomò all’Istituto di Etnografia del Trocadero a Parigi. Risale al 1934, la sua prima spedizione polare, sulla costa orientale della Groenlandia, che condivise con un antropologo, un geologo e un cineasta. Fu in questa occasione che trascorse un anno in compagnia degli Innuits (abitanti delle regioni costiere artiche e subartiche dell’America Settentrionale), imparando a parlare correttamente la loro lingua. Nel 1935 cominciò, immediatamente, a divulgare la sua esperienza, attraverso scritti e conferenze e al 1936 risale la sua avventura più straordinaria, ossia l’attraversamento della Groenlandia da est a ovest, utilizzando slitte trainate da cani, con i compagni Robert Gessain, Michel Perez e il danese Eigil Knuth: giunto sull’estremità orientale della Groenlandia, vi rimase per quattordici mesi, da solo, presso Kangerlussuatsiaq, accolto da una famiglia di Innuits, “come un eschimese tra gli eschimesi”, sottolineò Victor, ricordando quel periodo, in cui ebbe anche una storia d’amore con una ragazza innuit diciannovenne. Pubblicò successivamente scritti e disegni che contribuirono enormemente a informare sula cultura, le abitudini e le tradizioni di quei popoli della Groenlandia, interamente dipendenti e incentrati sui ritmi di vita delle foche. Nel luglio del 1941 arrivò negli Stati Uniti, dopo aver prestato servizio per la Marina Francese a Stoccolma e, nel 1942, fu ingaggiato dalla US Air Force, per la quale divenne tenente-istruttore, pilota e paracadutista in virtù della sua profonda conoscenza dell’ambiente polare e contribuì, al comando di una squadriglia “di ricerca e salvataggio”, al recupero dei piloti dispersi tra l’Alaska, il Canada e la Groenlandia, ottenendo, per questo motivo, la doppia cittadinanza, francese e americana. Il 23 febbraio 1947, dopo tredici anni d’esplorazione, Victor dette vita alla EPF (Expédition Polaires Françaises), concentrandosi sulle spedizioni scientifiche dei suoi amati poli, con il fattivo supporto del governo francese.
Dal 1947 al 1976 organizzò 150 spedizioni, 17 delle quali videro la sua diretta partecipazione, specificamente nella Terra di Adélie in Antartide, e quattordici in Groenlandia. In particolare, contestualmente alla guida delle più importanti organizzazioni culturali e scientifiche internazionali con riferimento alle zone polari, installò, nel 1959, proprio nella Terra di Adélie, la base antartica Dumont d’Urville e la base Charcot. A partire dal 1962, cominciò ad interessarsi alle iniziative per la difesa dell’uomo e dei suoi ambienti e divenne, nel 1968 delegato generale della Fondazione per la Salvaguardia della Natura. Nel 1976, come accennato, lasciò la guida dell’EPF ai suoi compagni d’avventura, Jean Vaugelade e Gaston Rouillon. Durante gli oltre quarant’anni di viaggi ed esplorazioni, Victor si servì dell’affidabilità e della precisione degli orologi e degli strumenti Longines, in quanto resistenti alle condizioni atmosferiche più estreme. I cronometri Longines erano sincronizzati con un segnale radio orario e utilizzati per calcolare i punti astronomici, essenziali per determinare posizioni e rotte. I membri delle spedizioni indossavano orologi da polso Longines, compreso un modello (ref. 5483), che è stato riproposto nel 2010. Dei cronometri Longines, Victor apprezzò, in particolare, durante la spedizione in Groenlandia nel 1936, la perfetta regolarità e l’elevato livello di precisione: i partecipanti a quell’avventura, poi, rimasero sorpresi che gli orologi potessero persino resistere all’acqua di mare e, ancor di più, quando si resero conto che, per 49 giorni, a temperature fino a –40 ° C, il movimento continuava a funzionare. Victor, ebbe modo di scrivere a Saint-Imier: “Ricordo con affetto i tre cronometri Longines che portai con me per calcolare la longitudine durante la nostra traversata del deserto di ghiaccio della Groenlandia nel 1936. Erano la differenza tra il fallimento e il successo”. Il Longines preferito di Paul-Émile era un cronometro da tavolo (calibro 24.99): dal 1908, Longines certificava i suoi orologi di alta precisione, dotati di calibro 24.99, come cronometri da osservatorio; molti di questi strumenti di precisione sono stati acquistati dagli Ammiragliati americano e britannico, per un utilizzo come “Deck Watch”.
Oggi, l’opera dell’EPF è proseguita dall’Istituto Polare Francese Paul-Émile Victor. Nel 1977, Victor si ritirò in Polinesia Francese, altro suo sogno da adolescente, a Bora-Bora, in cui si concentrò sulla scrittura e sulla divulgazione delle sue straordinarie esperienze, salvo, nel 1987, tornare per l’ultima volta nella sua amata Terra di Adélie e, il 5 maggio, calpestare, per la prima volta, il suolo del Polo Nord. Successivamente, dette vita in Francia, nella zona di Saint-Claude al Museo, oggi conosciuto come “Espace des Mondes Polaires Paul-Émile Victor”. Morì a Bora-Bora il 7 marzo 1995. Paul-Emile Victor non aveva limiti. Rifiutò i conformismi sociali, lasciando la sua famiglia borghese per andare a vivere con gli Innuits; i confini geografici non lo hanno fermato nella sua ricerca di scoprire di più e andare oltre. Non lo faceva per se stesso, ma piuttosto per condividere la gioia della scoperta e la sua conoscenza con quante più persone possibile, tenendo conferenze, scrivendo libri e disegnando le cose che aveva avuto l’opportunità di vedere e capire.
Cronografo, ref. 4270; A-7 Type
Nel anni ’30, accanto ai famosi modelli Weems, Lindbergh e il siderografo, Longines ha prodotto una serie di cronografi, studiati per resistere alle sollecitazioni in volo. Citiamo, per esempio, le ref. 3824 e 3811, relative a cronografi in metallo cromato o in acciaio inossidabile dotate del calibro 13.33Z, con attivazione monopulsante al 2, o del calibro 13ZN. Recavano, sulla lunetta girevole bi-direzionale un indice mobile, al fine di rendere agevole il controllo della durata del volo, posizionando l’indice stesso in corrispondenza della lancetta delle ore, prima del decollo. Ecco, poi, la ref. 3795, equipaggiata con il calibro 12.68Z, il cui quadrante prevedeva un rehaut rotante, gestito mediante la ghiera girevole zigrinata: la scala, graduata sulle dodici ore, una volta collimata, ad inizio volo, con la sfera oraria, permetteva di leggere immediatamente la durata del volo stesso. Una variazione di questo modello (ref. 3772A), animata dal calibro 15.94, incorporava sempre un disco periferico girevole sul quadrante, graduato con la scala oraria, sul quale si poteva agire mediante corona al 12; un secondo indice sulla lunetta girevole, serviva a fissare l’ora di arrivo volo, senza dover bloccare le lancette. Un ulteriore modello, oggi decisamente ricercato, è la ref. 4270, su cassa in acciaio in due parti, qualificata “waterproof”, dal diametro di 37,5 mm, con lunetta scalinata, fondello chiuso a pressione e pulsanti a “fungo”, al 2 e al 4, risalente alla fine degli anni ’30 (un esemplare di pregio è quello, venduto il 5 ottobre 1939, all’agente italiano di Longines, Ostersetzer). I pulsanti crono recavano un brevetto funzionale alla qualifica “waterproof”, mentre le anse erano arrotondate a vantaggio dell’ergonomia al polso. Il quadrante, argentato mat, prevedeva indici a numeri arabi e a barretta dipinti in nero, percorsi da sfere a foglia; la scala esterna era graduata a 1/5 di secondo, mentre, perifericamente, puntuale la presenza della scala tachimetrica (in blu sull’esemplare, poc’anzi citato). I contatori dei piccoli secondi, al 9, e dei minuti crono, al 3, erano trattati azurée. Riguardo al movimento, con aggiunta della funzione flyback, si trattava del calibro 13ZN, avente le seguenti caratteristiche: meccanico manuale da 13 ¼’’’, altezza di 6,05 mm, 18 rubini, bilanciere monometallico con viti di compensazione e spirale Breguet, 18.000 alternanze/ora, scappamento ad ancora a linea diritta, 6 ponti complessivi, smistamento della cronografia via ruota a colonne con innesto orizzontale. Il calibro 13ZN fu messo a punto nel 1936 e sostituì il calibro 13.33Z del 1913. Si trattava, ovviamente di una meccanica evoluta, in cui i minuti crono erano semi-istantanei e, nel 1936, erano finalmente pronti macchinari e strumenti per produrre le componenti in acciaio del movimento: va, tra l’altro, considerato che, all’epoca, erano poche le manifatture orologiere in grado di elaborare movimenti cronografici. Il calibro 13ZN venne previsto sia monopulsante, che con doppio pulsante. L’impiego effettivo di questo meccanismo, inizialmente in un modello con due pulsanti brevettati in termini d’impermeabilità, venne definito durante una riunione operativa nel gennaio del 1938. Diversi furono gli impieghi di una meccanica, ritenuta dagli esperti, assolutamente pregevole: ricordiamo un cronometro solotempo senza il device cronografico e, durante la Seconda Guerra mondiale, una variante includeva le ore crono al 3, con i minuti crono trasferiti su sfera centrale. Il calibro 13ZN aveva dei costi decisamente elevati e, prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, il management di Longines manifestò l’intento di ridurre tali costi di produzione. Fu così che, nel 1947, la Maison sviluppò un altro meccanismo crono, il calibro 30CH.
E, concludiamo, con uno dei cronografi Longines più caratteristici di quel periodo, ossia l’A-7 type. Longines, nel 1935, era in contatto con l’esercito americano e dette seguito ad un ordine, mediante l’agenzia negli Stati Uniti, la A. Wittnauer Co. Le specifiche richieste per il pezzo erano estremamente rigorose in termini di stile e, ancor di più, relativamente alla precisione, alla durevolezza e alla qualità complessiva. L’A-7 type rispettava in modo assoluto ogni punto fissato dai vertici dell’esercito americano, per equipaggiare i piloti, compresa l’esigenza di un cinturino, per favorire il rapido sgancio e l’impiego come orologio da tasca. Le dimensioni, per l’epoca, erano impressionanti (superava i 50 mm di diametro), e il movimento manuale era il calibro 18.72 (39,7 mm di diametro e 6,8 mm di altezza), identificato dalla referenza 3592, unitamente al quadrante nero e ai grandi numeri bianchi, progettati per ottimizzare la leggibilità. L’ordine dell’Esercito Americano sottolineava che l’orologio doveva essere indossato sopra le spesse uniformi dei piloti, assicurato al braccio o alla coscia, come accennato, con un lungo cinturino di cuoio. Si tratta, tuttavia, di specifiche applicate anche a molti altri modelli di orologi studiati per l’aviazione. Il A-7 type, comunque, è immediatamente riconoscibile, per il quadrante inclinato di 45 ° a destra, con corona di ricarica posizionata in corrispondenza delle 12: la gestione delle funzioni crono avveniva con unico pulsante coassiale con la corona. Con una simile angolazione, le indicazioni sull’orologio seguivano la stessa direzione del resto degli strumenti dell’aereo: questo perché i piloti indossavano i loro orologi con il quadrante all’interno dell’avambraccio, in modo che non dovessero girarlo per visualizzarlo, lasciando i comandi del velivolo. Alcune versioni erano completate da un quadrante che non rispettava i requisiti imposti dall’Esercito statunitense, il che fa pensare anche ad un impiego civile di questo segnatempo: ad esempio, lo chemin de fer sulla scala periferica dei minuti/secondi, era sostituito con la scala tachimetrica. Longines riprese tale versione, nel 2012 , denominandola The Longines Avigation Watch Type A-7, da ben 49 mm di diametro, ed una seconda riedizione, anche con quadrante bianco, fu lanciata nel 2016.
Collezione Spirit – Modello L3.820.4.93.0
La collezione Spirit, reca un nome evocativo dell’anima di quei “cuori” pulsanti che accompagnarono imprese di pionieri, aviatori ed esploratori, in qualche modo eroi di un’epoca che sembra lontanissima. Longines, con l’orologio Spirit, ha voluto concentrare e riproporre quel DNA che aveva sostenuto personaggi quali Amelia Earhart, Paul-Emile Victor, Howard Hughes ed Elinor Smith. L’orologio Spirit racchiude il top dell’avanguardia e della precisione che oggi Longines può assicurare, unitamente ad accorgimenti strutturali e grafici di assoluta modernità. Ciò a sottolineare che la collezione Spirit non vuol essere e costituire un tributo della Maison alla propria storia e al proprio heritage (tanto è, infatti, che si colloca nel segmento Sport), ma vuole imporsi nella contemporaneità, specchiarne le esigenze, per condividerle e reinterpretarle. Longines, in sintesi, ha concepito lo Spirit, come collettore di soluzioni tali da soddisfare, in termini di precisione, resistenza ed affidabilità, le esigenze “pionieristiche” della nostra quotidianità.
Queste le caratteristiche principali della collezione:
- Cassa in acciaio, sinuosa, satinata e lucida sugli sfacci, tagliata sulle anse;
- Lunetta a spiovente con scalino sulla carrure;
- Vetro zaffiro antigraffio, con trattamento antiriflesso, multistrato su entrambi i lati;
- Corona serrata a vite e sovradimensionata;
- Fondello chiuso da 6 viti, sempre orientato in modo da presentare verticalmente la finitura con l’interpretazione moderna del logo della Clessidra Alata;
- Impermeabilità garantita fino a 10 atmosfere;
- Sul quadrante, scala della minuteria a chemin de fer molto pronunciata;
- Indici a numeri arabi applicati e luminescenti, con font rivisitata, sormontati da riferimenti a forma di diamante;
- Lancette a bastone luminescenti;
- Apposizione di “5 stelle” sul quadrante ad attestare la certificazione di Cronometro del C.O.S.C., e, per estensione, una qualità superiore;
- Movimento automatico certificato Cronometro C.O.S.C. con spirale in silicio;
- 5 anni di garanzia.
La collezione è declinata nell’Automatico, tre sfere con data a finestrella, da 40 e 42 mm, e sul Cronografo, sempre automatico, da 42 mm. Illustriamo proprio il cronografo automatico, ref. L3.820.4.93.0, con pulsanti a pompa lucidati (quello al 10 è funzionale alla correzione, solo in avanti, del datario a finestrella al 4/5), e quadrante blu a finitura soleil, con cinturino caratterizzato da impunture a vista. I contatori crono prevedono un fondo azurée, e sono disposti come segue: minuti crono al 3, ore crono al 6, piccoli secondi al 9. Il movimento automatico è il calibro L688.4 (base ETA A08.L01), dotato di una riserva di carica di 64 ore; il bilanciere, con spirale in silicio monocristallino, amagnetica, lavora ad una frequenza di 28.800 alternanze/ora; lo smistamento delle funzioni crono, avviene mediante ruota a colonne. Il cinturino è in pelle di colore blu, con fibbia da ardiglione. Il Longines Spirit prevede, per ciascun modello, anche una versione Prestige che comprende, nel packaging, tre cinturini intercambiabili, compresa una variante NATO. Il costo del Cronografo automatico illustrato è di 2.980 euro.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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