Amedeo Modigliani, Frida Kahlo, Georges Delauney, Piet Mondrian, Vassily Kandinsky sono gli “ispiratori” dei 6 modelli, che costituiscono la collezione Swatch X Centre Pompidou. La collaborazione con il famoso Museo parigino, progettato da Renzo Piano e Richard Rogers, è l’ultima tappa del “Museum Journey” della Casa di Bienne, iniziato nel 2018, ad ulteriore conferma che tra Swatch e l’arte vi è un fil rouge indissolubile.
Il Centro Nazionale d’Arte e di Cultura Georges Pompidou si trova a Parigi, in Rue Beaubourg 19: infatti, in francese è conosciuto anche come Beaubourg. Il progetto dell’edificio è opera di Renzo Piano, Gianfranco Franchini e Richard Rogers, anche se al progetto hanno lavorato solo Rogers e Piano. Il Centro nacque dalla volontà di Georges Pompidou, Presidente della Repubblica francese dal 1969 al 1974, che volle creare nel cuore di Parigi un’istituzione culturale all’insegna della multidisciplinarità, interamente dedicata all’arte moderna, a cui si affiancassero anche una vasta biblioteca pubblica, un museo del design, attività musicali, cinematografiche e audio-visive. Inaugurato il 31 gennaio 1977 dal Presidente della Repubblica Valéry Giscard D’Estaing, è protagonista, quest’anno, del progetto di Swatch denominato “Museum Journey”, avviato nel 2018. L’idea prevede che selezionati musei concedano a Swatch l’accesso ai loro capolavori, perché possa reinterpretarli sui propri segnatempo, al fine di rendere le opere d’arte più iconiche al mondo alla portata di tutti. Fino ad oggi, sono stati il Rijksmuseum di Amsterdam, il Museo Nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Museo del Louvre a Parigi, il Museo di Arte Moderna (MoMA) di New York e, per l’appunto, il Centre Pompidou ad aprire le loro porte a Swatch. Riguardo, dunque, a quest’ultimo, titolare, come accennato, di una delle collezioni di arte moderna e contemporanea più grandi al mondo, la Casa di Bienne ha potuto “mettere” le sue mani creative su sei capolavori firmati da Frida Kahlo, Amedeo Modigliani, Robert Delaunay (due), Vassily Kandinsky e Piet Mondrian. Punti di contatto tra Swatch e Centre Pompidou ce ne sono diversi, dai colori vivaci ai dettagli in trasparenza che, nell’originale edificio in acciaio, ritroviamo, per esempio, nelle tubazioni in colori primari e nelle rinomate scale mobili denominate “caterpillar”, interamente in vetro che serpeggiano sul lato e permettono ai passanti di vedere le opere d’arte al suo interno.
Va ricordato che la lunga serie di partnership artistiche, è stata avviata da Swatch nel 1985, con la presentazione in esclusiva del primo orologio Swatch Art Special con Kiki Picasso. Nel 1999 uno degli architetti del Centre Pompidou, Renzo Piano, ha trasformato la sua architettura caratteristica nell’orologio Jelly Piano. Lo stesso anno, poi, durante il restauro del Centre Pompidou, Swatch ha creato il billboard esterno più grande al mondo: era caratterizzato dall’iconica frase: ”Vous aussi, vous êtes notre musée“ (“Anche tu sei il nostro museo“), entrata nel Guinness dei Primati.
I modelli della collezione Centre Pompidou (in vendita dallo scorso 10 marzo, online e negli Swatch Store) sono New Gent e Gent, dal diametro, rispettivamente, di 41 mm e 34 mm, al quarzo, impermeabili fino a 3 atmosfere, cassa e fibbia in plastica, cinturino in silicone. Per comprendere appieno il lavoro creativo svolto da Swatch nel reinterpretare i sei dipinti esposti al celebre Museo parigino, portando un pizzico di colore e di cultura nella vita di tutti i giorni, abbiamo voluto interloquire il vero motore dell’iniziativa, ossia Carlo Giordanetti, CEO di Swatch Art Peace Hotel.
Allora Carlo, un nuovo capitolo del “Museum Journey” di Swatch è stato scritto…
La collaborazione con i Musei è cominciata nel 2018, un progetto funzionale all’apertura di un nuovo modo di collezionare Swatch, in maniera inconscia, quasi naïf. Il fatto di lavorare con opere d’arte presenti nei musei, poi, crea una relazione virtuosa tra questi orologi, che il pubblico ha molto apprezzato. A ciò va aggiunta la coerenza nel packaging: c’è tutto un mondo che si muove e tutto insieme.
Il rischio per Swatch, in questo tipo d’iniziativa, è che si perda un suo connotato primigenio, ossia l’originalità?
Quando lavoravo per Swatch negli Stati Uniti, diversi anni fa, una delle lezioni più scioccanti che sperimentai, fu da una buyer di un grande magazzino che mi disse, di fronte ad una nuova collezione Swatch che le stavo presentando: “Ok, ma io non ho niente che mi consenta di ripetere il successo dell’anno scorso…”. Ecco, questo è un rischio che noi corriamo ogni qual volta lanciamo dei nuovi modelli, soprattutto quando si riferiscono ad uno stesso ambito, cambiando semplicemente riferimento. Nel caso della collaborazione con i Musei, comunque, vi è una logica ed un pensiero innovativo ad ogni collezione.
Che criterio avete seguito nel selezionare i sei dipinti del Centre Pompidou?
Le prime carte le mettono sul tavolo i Musei, selezionando delle opere in senso funzionale alla possibilità, data a Swatch, d’interpretarle con libertà creativa. I nostri interlocutori al Centre Pompidou, in particolare, volevano che le opere su cui lavorare avessero un legame strettissimo con il Museo, perché da parte dei curatori vi è un riconoscimento assoluto nel significato, nel mood, nell’architettura dell’edificio e nel messaggio estetico-culturale del Centre: insomma, vi è fierezza nell’appartenenza. Dopo, evidentemente, abbiamo applicato il filtro Swatch per adattare i capolavori selezionati alla nostra filosofia: in tal senso, cinque dei sei dipinti sono perfettamente centrati. Amedeo Modigliani, invece, costituisce un mondo a parte: non mi sarei mai aspettato di dover interpretare una sua opera, perché c’è sempre un fondo di malinconia nei suoi dipinti, ci sono riferimenti forse troppo alti per Swatch, come la scultura classica, e così via. Però loro tenevano moltissimo all’opera specifica, ossia al “Portrait of Dédie”, perché è uno dei fondamenti dell’impianto espositivo del Céntre, un pilastro dell’arte moderna. Poi, per “swatchizzarlo”, il processo è stato lungo, sussistendo il rischio di realizzare un oggetto di “squisito” merchandising. Il risultato è arrivato quando abbiamo cominciato a giocare con i colori e, in tal senso, sono molto fiero di quel fondo metallizzato e spazzolato sul quadrante.
E Robert Delauney? Ci sono ben due omaggi alle sue opere…
Il “Carousel” (Manège de Cochons) è il manifesto del Museo, quindi è stato naturale e inevitabile sceglierlo, anche se l’autore non è tra i più conosciuti. Il secondo dipinto di Robert Delauney, la “Tour Eiffel”, è un simbolo internazionale e, dopo diversi check e test sui mercati mondiali, abbiamo voluto dar seguito.
Robert Delauney è noto per la sua ricerca vorticosa sui colori e sulla luminosità, sul “Carousel” disordinata, sulla “Tour Eiffel” ordinata e geometrica…
La “Tour Eiffel” è molto Swatch, perché, come disse Nicolas Hayek Sr., “se un’immagine o un concetto non sono comprensibili ad un bambino di dieci anni, non possono essere patrimonio di Swatch”. Questa “Tour Eiffel” di Delauney è la torre vista da un bambino: colori piatti e disinteresse totale per la realtà, il bimbo sogna. La Torre Eiffel ritorna in Delauney in diverse decine di dipinti, proprio per il fatto che lui l’aveva vista per la prima volta a 4 anni: uno stimolo visivo che lo ha segnato e che ha manifestato nella scomposizione dei volumi.
Frida Kahlo, “The Frame”, un invito allo specchio e totale simbiosi tra quadrante e cinturino…
Premetto che questi orologi, in partnership con i Musei, sono la dimostrazione che Swatch è una tela bianca, dove a seconda del mood si può fare un lavoro di coerenza totale su tutti gli elementi. Per quanto riguarda il dipinto di Frida Kahlo, mentre il più gettonato da parte degli invitati, durante la presentazione al Centre Pompidou, è stato il Mondrian – quasi un plebiscito -, alla fine, però, tutti sostenevano che “il più Swatch” fosse proprio quello della Kahlo. Una spinta verso la positività e la gioiosità, il colore, proveniente da un’artista a cui la vita ha riservato più dolori che gioie (eufemisticamente, travagliatissima). Quest’opera, infatti, in controtendenza con molti dei suoi dipinti, che la ritraggono nella sofferenza, peraltro è l’unico suo lavoro esposto in un Museo europeo. Il quadro è collocato nel corridoio che introduce al “Trittico del Blu” di Mirò: in esso, lei ti fissa, vi è un invito alla sfida e un rimando chiarissimo allo specchio, che abbiamo colto e interpretato.
Piet Mondrian, “Red, Blue and White”…
La cosa più bella di Mondrian è il percorso da lui seguito per arrivare a questo tipo di rappresentazione, partendo da illustrazioni di rami d’albero, passando per le città e sviluppando il linguaggio espressivo che lo ha portato al modernismo. E, infatti, il quadro che abbiamo interpretato – “Red, Blue and White” – a reticolato, non è altro che la griglia, vista dall’alto, delle strade di New York. Questo dettaglio, a mio giudizio, rende il quadro molto più profondo e significativo di tanti altri più chiaramente percettibili.
Il quadro di Mondrian non è un quadro “semplice”, non è facile trasmetterlo e renderlo comprensibile alle nuove generazioni. Il pubblico di Swatch è, per lo più, giovane. Come avete risolto questa difficoltà?
Va sottolineato che Mondrian è stato un ispiratore incredibile e, intorno a noi, ci sono molti elementi della realtà che, inconsciamente, ti riportano all’immagine proposta su “Red, Blue and White”. Mi riferisco al design ispirato al Bauhaus, al linguaggio della moda, ad una grafica geometrica, e via dicendo. Questo approccio estetico-interpretativo, a mio giudizio, si è depositato nell’immaginario delle persone e, per questo, abbiamo voluto dare un taglio netto, attraverso il quadrante, assolutamente nero, per separare le due parti del cinturino, per esaltarne la modernità,… per toglierlo dal tempo.
E, infine, Kandinsky, con “Blue Sky” nel 1940…
“Blue Sky” di Kandinsky è il quadro della libertà. Se si guardano altre opere, giovanili, di Kandinsky si scoprono colori più scuri, non c’è gioia. Utilizza le forme geometriche in modo aggressivo e, cromaticamente, non mi ha mai colpito molto. Dunque, questo dipinto è stata una scoperta, e il fatto che lo abbia eseguito a quattro anni dalla morte, in un periodo tormentato, mi ha dato l’idea che lui vedesse o immaginasse un futuro migliore e più leggero. Ha utilizzato tutte forme dinamiche, vi è movimento. Secondo il suo concetto di arte sinestetica alla pittura, si ha chiara la percezione che quelle amebe stiano ballando, attratte dall’infinito. Più cinicamente, in questo quadro, poi, si colgono suggerimenti artistici di Mirò e si ha la certezza della vicinanza tra i due artisti: erano menti in movimento.
Swatch X You è legato anche a questo progetto con il Centre Pompidou?
Sì, senz’altro, proprio perché è l’ultima declinazione interpretativa delle opere. Abbiamo scelto, in quest’occasione, di lavorare con un grafico parigino, l’unico che ha avuto da Renzo Piano e da Richard Rogers (recentemente scomparso), l’autorizzazione a riprodurre il Centre Pompidou, edificio ancora protetto dai diritti d’autore. E ha realizzato tre canvas bellissime: una è molto descrittiva, trasposizione oggettiva dell’edificio; le altre due, invece, sono lavori di grafica pura con elaborazioni cromatiche, molto allegre e totalmente diverse dalla collezione. Questi pezzi, li lanceremo il 24 marzo.
Il progetto Museum è cadenzato con precisione?
Seguendo una pianificazione normale, ammesso che in Swatch questa parola abbia un senso, cerchiamo di lanciare una collezione museale ogni anno. Il 2023, però, il quarantennale di Swatch, sarà un po’ un’eccezione…
Il club dei collezionisti Swatch, è cambiato?
Lo zoccolo duro c’è ancora. Si stanno formando però, ed è stato interessante scoprirlo, proprio a seguito del lancio delle collezioni “museali”, nuove generazioni di collezionisti, appassionati della filosofia di Swatch: si vede una generazione new entry, accanto ai classici fenomeni “da impazzimento”, come nel caso della collezione dedicata alla Regina Elisabetta II, andata esaurita in soli quattro giorni.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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