Philip Watch, le cui radici affondano fino al 1858, in quel di Napoli, è un brand che si è sempre distinto per non aver mai abbandonato una virtuosa filosofia, ossia l’eccellenza del rapporto qualità/prezzo. In questa sede abbiamo voluto ripercorrerne la storia e i modelli che l’hanno scritta, esemplificativi di stile e sportività nelle varie epoche, fino ad arrivare all’importante affermazione odierna sul mercato, all’investimento sulla sostenibilità e ai modelli studiati per la stagione estiva, espressivi dell’amore per la vela e per il mare.
È un grande piacere destinare questo spazio ad un marchio che, pur se fortemente influenzato dalla tradizione svizzera, può considerarsi come italiano a tutti gli effetti. Il successo attuale di Philip Watch, comunque, va ascritto, da oltre 15 anni a questa parte, alla sua gestione dinamica, progettuale e ben organizzata, da parte di Massimo Carraro, che lo ha acquisito nel 2006. E la conferma di questa virtuosa gestione è puntualmente arrivata con la pubblicazione dei dati finanziari del Morellato Group, primo gruppo italiano di gioielleria e orologeria, del quale Philip Watch fa parte nel contesto dei brand di proprietà, che ha chiuso l’esercizio 2021 con un fatturato consolidato pari a 310 milioni di euro, segnando una crescita a doppia cifra: +49% rispetto all’anno precedente. E anche se il parametro, ossia il 2020, risente della pesantissima crisi pandemica, l’incremento percentuale è veramente degno di nota. L’indicatore EBITDA si attesta a 87,3 milioni di euro, pari al 28% del fatturato, con un aumento di quasi il 68%. Inoltre, passa da 42,2 milioni del 2020 a 17,5 milioni la posizione bancaria netta, registrando un evidente miglioramento, pur considerando investimenti per circa 23,5 milioni di euro. Osserva Massimo Carraro, Presidente di Morellato Group: “Siamo estremamente soddisfatti dei risultati di crescita registrati in un anno che è comunque stato caratterizzato dal perdurare della pandemia di COVID-19. Una conferma del percorso di crescita strategica che ci ha portato ad essere la prima azienda italiana del settore grazie ad un portfolio marchi ben bilanciato e ad un modello di business focalizzato su integrazione e controllo della filiera: dal design alla produzione del prodotto, dalla gestione del marketing e della comunicazione, fino alla distribuzione per arrivare direttamente al consumatore finale”. Carraro, come approccio manageriale, guarda sempre al futuro e, conseguentemente, considerato che trattasi di uno degli argomenti più pregnanti dei nostri tempi, il Morellato Group ha presentato, unitamente al Bilancio Civilistico Consolidato 2021, il suo primo Bilancio di Sostenibilità in accordo ai principi internazionali degli Standard GRI (Global Standards for Sustainability Reporting): rappresenta uno strumento per descrivere, in modo trasparente e articolato, i risultati conseguiti in ambito economico, sociale e ambientale e mostra l’impegno che il Gruppo sta dedicando da tempo a favore dello sviluppo sostenibile. Nell’esercizio 2021 sono aumentati gli investimenti in questo ambito, con particolare attenzione alla crescita e all’innovazione dei brand sostenibili. Contemporaneamente è proseguito lo sviluppo della rete retail, con l’apertura di nuovi punti vendita e il rinnovo di quelli esistenti in Italia e Francia, e l’implementazione delle piattaforme e-commerce, nell’ottica di una sempre più completa integrazione tra online e offline. Prosegue Carraro: “Si inserisce nel piano strategico del Gruppo Morellato il primo Bilancio di Sostenibilità presentato unitamente al Bilancio civilistico 2021: una tappa importante che certifica l’impegno concreto e non solo a parole del nostro Gruppo, nel cammino verso un’economia realmente sostenibile. L’affermazione e il consolidamento della leadership oggi più che mai, non può prescindere da una costante attenzione all’innovazione e alla sostenibilità”. E torniamo ora a Philip Watch raccontandone la storia e i prodotti che hanno scritto belle pagine della storia dell’orologeria, iniziando con una descrizione partecipata e appassionata del marchio da parte di Massimo Carraro.
Massimo Carraro e Philip Watch
Da oltre 150 anni Philip Watch rappresenta un connubio unico nel mondo dell’orologeria: una sintesi perfetta tra precisione svizzera e creatività partenopea. É il 1858, infatti, quando François Philippe – esponente della folta comunità svizzera che animava la vita economica e culturale a Napoli, fiorente e raffinata capitale del Regno delle Due Sicilie – inizia a disegnare i primi orologi da polso dell’epoca, e li fa produrre nel Giura svizzero, sua patria di origine. Un viaggio non banale per quei tempi: ma l’ingegno dell’uomo ci ha abituati a queste storie straordinarie. E quella di Philip Watch è una storia straordinaria. Dal 2006, anno in cui Morellato Group ha acquisito questo storico marchio, lavoriamo per ampliare, sviluppare e dare risalto all’eccellenza delle sue creazioni. Philip Watch realizza orologi che esprimono eleganza, stile, precisione, tecnologia e innovazione. Nel pieno rispetto della tradizione. Una tradizione che siamo orgogliosi di rinnovare tutti i giorni nei più importanti mercati del mondo. Con grande applicazione, siamo riusciti a ricostruire la storia di Philip Watch attraverso disegni, immagini e cataloghi, ma soprattutto attraverso i prodotti che abbiamo raccolto. Di questi preziosi modelli abbiamo ricostruito il procedimento creativo e tecnico che ne ha portato alla realizzazione. Uno studio che, ancora una volta dimostra come ogni orologio Philip Watch sia il risultato di un processo ricco di maestria e di passione: nella costruzione dei movimenti, nello studio del design, nella scelta dei materiali utilizzati sia per gli orologi che per i cinturini. Una storia importante, iniziata a Napoli.
L’inizio
Philip Watch, da quasi 165 anni, racconta una storia di prestigio. L’incipit del marchio lo ha illustrato il Presidente Carraro. Ci limitiamo ad aggiungere che, nella seconda parte del XIX secolo, Philip Watch costituiva un connubio vincente tra creatività partenopea e precisione svizzera. Negli anni Venti del Novecento, grazie a Filippo Giardiello, esperto di orologi e proprietario del marchio, Philippe Watch viene trascritto e depositato nel registro di Napoli. Operazione che il “concorrente” Patek Philippe non aveva fatto, rendendo problematica la diffusione del brand nel nostro Paese dove, molto spesso, gli orologi Philippe Watch venivano associati a quelli della celeberrima Maison svizzera. Nel 1949, con signorilità tutta partenopea, il Cavalier Eduardo Giardiello firma un accordo con Patek Philippe, in base al quale modifica il “suo” marchio in Philip Watch. Collezione dopo collezione, rimanendo fedele alla manifattura Swiss Made, Philip Watch ha costruito un patrimonio prezioso.
Anni Quaranta
Già dall’inizio del secolo scorso i cronografi erano gli orologi più apprezzati perché considerati dei veri e proprio strumenti professionali. In particolare, il Crono Philippe Watch degli anni ‘40 presenta un’ottima progettazione percepibile sia da dettagli estetici che tecnici. La cassa è in ottone cromato mentre il fondello bombato è in acciaio inossidabile, caratteristica indicata in modo esplicito proprio per sottolinearne il pregio. Dal punto di vista estetico l’orologio si riporta ai modelli precedenti: a cominciare dal logo, che presenta ancora la vecchia grafia “Philippe Watch”. Il quadrante è estremamente curato, ricco di informazioni e ben leggibile: l’utilizzo della porcellana permetteva una resistenza migliore rispetto ai metalli contro le infiltrazioni di polvere ed umidità. Il sottile disco di porcellana, leggermente bombato e stampato a due colori con smalti a freddo, conserva tuttora l’originaria brillantezza cromatica. Le lancette Breguet sono azzurrate alla fiamma, una soluzione raffinata che consentiva un’ottima leggibilità sul bianco del quadrante. E passiamo alla linea Chaux-de-Fonds, per anni simbolo dell’eleganza di Philip Watch, a cavallo degli anni ‘40/’50. Ci soffermiamo su di un cronografo con cassa in acciaio è degli anni ’40: presenta un design moderno e contemporaneo, anche se il quadrante in metallo risulta molto ossidato, addirittura consumato, un problema tipico di quel periodo storico dovuto alla totale assenza di impermeabilità degli orologi di questo tipo della prima metà del XX secolo. Nonostante ciò, gli indici applicati leggermente spostati verso l’interno, per lasciare spazio alla scala tachimetrica, denotano un’ottima manifattura e un attento studio della misurazione del tempo (il contatore dei minuti prevede 3 indici stampati, sistema che una volta era utilissimo per le chiamate interurbane il cui costo raddoppiava ogni tre minuti ). Dal punto di vista meccanico, si tratta di un cronografo integrato, come si evince dalla posizione dei pulsanti, allineati alla corona.
Anni Cinquanta
Inauguriamo questo periodo di Philip Watch, sempre con un cronografo Chaux-de-Fonds, con cassa placcata in oro. Si tratta di un modello della metà degli anni ‘50. Anche questo orologio presenta un movimento meccanico a carica manuale integrato con doppio pulsante, montato su 21 rubini. Il quadrante riporta numeri e indici in oro applicati con doppia scala: tachimetrica e telemetrica. Un’ultima considerazione riguarda la cassa, realizzata non solo con un’ottima placcatura, ma con una buona riuscita della forma, compatta e arrotondata, priva di spigoli e di asperità (perfino i pulsanti, presentano una delicata curvatura). Sempre negli anni ’50, Philip Watch, si uniforma ad una tipologia abbastanza comune di orologi “di forma”, i cosiddetti “cioccolatini”, realizzati soprattutto dalle Case più prestigiose, e destinati al pubblico maschile più esigente, ad un prezzo, in genere, molto elevato. Lo Chaux-de-Fonds “cioccolatino” di Philip Watch ha una forma molto articolata, complessa: tutta la parte superiore è, infatti, leggermente bombata, una caratteristica che permette alla cassa non solo di seguire meglio il tratto del polso, ma anche di avere uno spessore leggermente ridotto. È curvo il vetro dalla sezione a cupola, ed è curvo anche il quadrante, con gli indici e i numeri applicati, e il contatore dei piccoli secondi a un livello più basso. La lunetta rettangolare ha un’ulteriore sinuosità su entrambi i fianchi, sia per dare una maggiore leggerezza estetica all’insieme, sia per porre la corona in posizione più protetta. È un orologio di pregio, questo “cioccolatino”, che non a caso è realizzato con una tecnica ricercata di produzione, applicando una sottile lamina in oro. Relativamente al modello “Ragno”, pur essendo collocato nei primi anni ’50, presenta l’impressione del brand “Philippe Watch”, a motivo, probabilmente all’impiego ed esaurimento di tutti i quadranti realizzati prima dell’accordo con Patek Philippe. Dall’esame del quadrante appare evidente che il trizio, sugli indici, è stato applicato o rinfrescato in maniera successiva e che la corona non è più quella originale. L’esame dei profili è sorprendente sia per il marcatissimo arco tracciato dalle lunghe anse, sia per lo spessore della cassa, decisamente superiore alla media e al necessario, visto che all’interno è alloggiato un movimento meccanico a carica manuale. Le dimensioni ridotte suggeriscono che si trattasse di un modello da donna, ma in effetti si potrebbe interpretare anche come una versione per piloti o aviatori. Il design della cassa e delle anse permette, infatti, una perfetta indossabilità sul polso, consentendo di leggere l’ora senza spostare le mani dal volante durante la guida.
Anni Cinquanta/Sessanta
Gli orologi Chaux-de-Fonds, inquadrabili nella categoria solotempo, dimostrano quanto fosse importante la raffinatezza e la classicità negli anni Cinquanta/Sessanta. Si tratta di esemplari stilisticamente significativi, con cassa dalla forma lenticolare, lunetta sottile, anse saldate sotto la cassa in modo da non rendere visibile la saldatura. Realizzare lunette così sottili non era (e non è ancora) cosa da poco, tant’è che non tutte le marche erano in grado di farlo: più la lunetta era sottile, più era necessario un lavoro di precisione per applicare, in maniera stabile e in uno spazio molto ridotto, il vetro sulla lunetta e la lunetta stessa sulla carrure. Gli indici sono incisi nel quadrante e a filo, secondo la moda dell’epoca. Ma la loro forma non si spiega solo con una questione di estetica: erano molto lunghi perché così risultavano sempre visibili, anche in condizioni di scarsa luminosità. All’epoca, non si usava riempire i solchi degli indici scavati con materiale di alcun tipo, per evitare che questo, a lungo andare, si staccasse e potesse causare danni al movimento.
Anni Sessanta
Agli anni ’60 appartiene un Philip Watch indicativo del mood del periodo, appartenente alla linea Jolie Mode, una collezione che negli anni è stata sinonimo di femminilità firmata Philip Watch. Si tratta di un vero e proprio orologio gioiello, completamente in argento. Presenta un estetica molto particolare, figlia di una creatività in continuo movimento che prendeva piede in Italia all’epoca. La cassa di forma piccola e sottile, come volevano i canoni dell’epoca per i modelli femminili, si sviluppa direttamente sull’importante bracciale a catena. che termina in una chiusura con anse a “staffa” molto ampie. Un orologio pensato e realizzato per essere un accessorio di valore per le signore dell’epoca con uno stile deciso, senza però tralasciare la cura ai dettagli tecnici come: il movimento meccanico a carica manuale, con una funzionale corona a vite antipolvere. Il Jolie Mode in argento rappresenta un fiore all’occhiello per la collezione Philip Watch, dimostrando uno studio e un attenzione ai dettagli di design innovativi anche per i modelli femminili, inusuale in quegli anni.
Anni Settanta
Gli orologi della linea Philip Watch Cormoran, da un punto di vista estetico, sono la tipica espressione della fantasia degli anni Settanta: un periodo caratterizzato da una vera e propria esplosione di creatività. Il movimento meccanico è a carica automatica con funzione day-date, mentre le indicazioni del giorno della settimana e della data, dal punto di vista della concentricità, sono ben allineate ed estremamente ravvicinate. Proprio relativamente alla cassa, da notare che tutti gli angoli sono smussati, per non dare fastidio al polso, senza alterare il “senso” del rettangolo. La linea Cormoran è un po’ una sintesi di quella vena di “follia” degli anni Settanta.
Ed eccoci giunti a due esemplari del Caribbean 5000, un modello leggendario che ancora oggi viene reinterpretato da Philip Watch con un design contemporaneo. Il subacqueo rimasto nel cuore di molti appassionati per l’originalità estetica, per la robustezza e per la tecnica, prevede una cassa monoblocco brevettata e dall’elevata impermeabilità. Sul fondello non troviamo dati precisi, ma la più generica scritta “super water resistant”. Dal punto di vista estetico il Caribbean 5000 appare oggi molto datato anche perché il suo obiettivo non è mai stato quello di attirare l’attenzione per la bellezza, ma per l’efficacia delle qualità strutturali. Non ostante ciò non mancavano dettagli qualificanti, a cominciare dal bracciale con le maglie in acciaio pieno, proseguendo con una chiusura pieghevole composta da ben sei elementi. Inoltre, in una cassa di questo tipo era praticamente impossibile proteggere la corona con due spallette, ma Philip Watch aveva trovato una soluzione efficace: una fresatura nel consistente spessore dell’acciaio poneva la corona (serrata a vite) in posizione incassata nella carrure e quindi ben protetta. Da notare anche il vetro minerale temperato, dal notevole spessore, piatto sulla parte esterna e bombato in quella interna, per evitare l’effetto specchio sott’acqua. Anche la lunetta girevole ha una lavorazione complessa: di forma bombata, in modo da creare una sorta di ideale prosecuzione con la curvatura della carrure, presenta quattro piccole sporgenze arrotondate che permettono una presa migliore e una maggiore maneggevolezza, anche con i guanti della muta. La versione con il quadrante nero e quella con il quadrante arancione appartengono a due serie differenti, probabilmente realizzate in tempi diversi.
Anni Ottanta
Philip Watch inizia a sviluppare modelli da donna di un certo prestigio e design dagli anni ‘80, grazie all’arrivo sul mercato di movimenti al quarzo di ottima qualità, che permettevano l’impiego di casse piccole e sottili senza problemi tecnici di precisione. Un esempio è costituito da un esemplare della linea Dales, che rivela ancora una volta l’accuratezza del design, con profili arrotondati per eliminare ogni spigolosità, non solo per comfort, ma anche per evitare spiacevoli incidenti con capi d’abbigliamento. Pregevole il sistema per consentire al bracciale “alla schiava” di aprirsi e chiudersi in modo elastico: un meccanismo complesso, funzionante tuttora, dopo più di 30 anni. L’orologio è ricco di dettagli tecnici interessanti, per esempio: la piccola sporgenza interna che serve a bloccare la chiusura e il sistema di fissaggio costituito da una barretta trasversale intorno alla quale è stata sistemata una molla che consente l’apertura dell’orologio e, quindi, dà la possibilità di compiere periodici interventi di manutenzione. Il bracciale è ricco di curvature e di segmenti arrotondati, così come la cassa, con la lunetta decorata da un dinamico motivo elicoidale, effetto “turbina”. Gli orologi della linea Letout risalenti alla prima metà degli anni Ottanta appartengono a una categoria che, per 20-30 anni, ha avuto molto successo: un autentico “must have”. Si tratta di un calendario completo, che riporta l’indicazione della data sul perimetro del quadrante, segnata da una lancetta con la parte terminale a semicerchio; l’indicazione del mese e del giorno della settimana avviene invece in quadrantini decentrati, mentre quella delle fasi lunari è concentrica alla lancetta dei piccoli secondi, in un terzo quadrantino. Un piccolo limite di questo tipo di orologi, visti con occhio contemporaneo, sta nelle dimensioni: a quei tempi la cassa di un orologio elegante non doveva superare i 32-33 millimetri di diametro e questo si rifletteva negativamente sulla leggibilità. Nel proprio calendario completo, Philip Watch accetta l’impostazione classica, curando, come al solito, i dettagli. La cassa è realizzata secondo le migliori regole dell’orologeria di tradizione: il metallo sottostante è ricoperto d’oro facendo ricorso ad uno dei primi trattamenti moderni di superficie, di qualità ampiamente superiore a una normale placcatura; il fondello d’acciaio reca al centro un medaglione in vetro, stampato e incollato, una lavorazione di pregio. Un secondo modello di Letout è una “variazione sportiva sul tema”. Colpisce subito il quadrante nero, particolarmente ben riuscito, e la cassa differisce nettamente dal precedente esemplare: molto più robusta dell’altra, anche se abbastanza sottile grazie al movimento al quarzo. Si presenta con una carrure lateralmente curva, una lavorazione satinata verticale sui lati e una diversa satinatura longitudinale nella parte centrale. Negli anni ’80, comunque, l’imprinting Rolex andava molto di moda e i modelli “tipo Rolex” erano assai diffusi. Una soluzione estetica a cui non sfuggì Philip Watch, testimoniata da due modelli Caribbean. L’azienda, infatti, cominciò a realizzarli su richiesta dei negozianti, portavoce, a loro volta, delle esigenze dei clienti, soddisfatti dalla qualità offerta dai Philip Watch. La Casa riusciva, infatti, ad assicurare soluzioni decisamente d’avanguardia ad ottimi prezzi, esemplificate dall’utilizzo del vetro zaffiro in tempi notevolmente precedenti all’uso diffuso, oppure dallo sviluppo di interessanti variazioni sul tema, come le alternative nel colore dei quadranti. Senza dimenticare il bracciale, dotato di chiusura pieghevole con leva di sicurezza, e di prolunga per poter essere indossato sopra la muta, composto da sei elementi. Ecco, poi, la lunetta girevole unidirezionale in alluminio anodizzato, rosso e blu. La variante femminile di questo Caribbean si presenta con cassa e bracciale placcati d’oro. Una curiosità: la fibbia pieghevole si può gestire (ieri come oggi) applicando una lieve pressione con il pollice sul segmento centrale. Indice anche questo di competenze strutturali specifiche decisamente rilevanti.
Anni Novanta
Negli anni Novanta, si diffuse la moda degli orologi imponenti, destinati ad usi professionali. Non tutti, però, erano in grado di produrre orologi simili: per questo esemplari come il Teknodiver erano abbastanza rari e molto innovativi; un orologio tecnicamente ben costruito, che identifica l’eccellente livello raggiunto da Philip Watch. Si tratta di un cronografo automatico, animato dal “classico” e affidabilissimo (tuttora) ETA-Valjoux 7750. Lo spessore della cassa è notevole, anche a causa della disposizione delle lancette: quattro livelli di sfere sovrapposte, montate in parallelo. I pulsanti cronografici hanno un dispositivo di serraggio a vite per impedirne l’azionamento sott’acqua. Buona la scelta della finitura superficiale, definita “micropallinatura”, che conferisce un’opacità costante e annulla i riflessi. Il bracciale è dotato di maglie con curvature molto accentuate, ma cave: danno volume senza eccesso di materiale e carico di peso. Grazie alla lunetta girevole unidirezionale, utile per calcolare la durata delle bombole e i tempi di decompressione, il Teknodiver si conferma un subacqueo professionale. Un dettaglio di stile è sicuramente la forma delle anse sagomate, create dal designer come gioco estetico che coinvolge la maglia iniziale del bracciale, la cassa e la lunetta girevole, creando un motivo piacevole, in grado di alleggerire un orologio altrimenti troppo massiccio. Negli altri tre modelli inquadrabili nel periodo, appartenenti alle linee Sealion, Marine Letout e Seahorse, si notano elementi stilistici comuni: la lunetta finemente godronata, la forma della cassa con le anse raccordate da un elemento piatto in cui si inserisce il cinturino o la prima maglia del bracciale, gli elementi di protezione per la corona e l’attento studio dei volumi. Questo è evidente, ad esempio, nell’elemento di raccordo fra le anse, leggermente arretrato rispetto alle anse stesse. Interessante anche la scelta dei movimenti: oltre al solotempo, il movimento cronografico, il calendario completo, i piccoli secondi e le fasi lunari. Vanno considerati, infine, altri dettagli di rilievo, come il rehaut inclinato, lo spessore e la qualità della chiusura pieghevole a scomparsa nel Seahorse, il costoso cinturino con imbottiture del Sealion e il prezioso medaglione applicato sul fondello sul Letout.
Philip Watch oggi
All’alba del terzo millennio, lo studio degli archivi storici e la capacità del brand di guardare al passato per innovare e andare verso il futuro, ha dato vita alle attuali collezioni di segnatempo. Nulla è cambiato rispetto alla filosofia storica di Philip Watch: design italiano e tecnologia svizzera. Un concept, oggi, declinato su tre direttrici: Classic, Sport e Urban. Il contesto Classic pone l’accento sui connotati evergreen dell’eleganza, ispirata dalla Roma antica e dal suo patrimonio d’arte e cultura. L’universo sportivo di Philip Watch trova un’espressività particolare nella liaison con la vela, sport in cui l’agonismo e la competizione si sposano con lo stile e la riconoscibilità. Per estensione, il brand ha individuato come fonte d’ispirazione il mare, con i suoi abissi e gli orizzonti blu, ambiente ideale per la ricerca e la sperimentazione di funzioni e sistemi innovativi. Un connubio che sostiene l’immagine sporty-elegant del marchio. Infine, eccoci ai modelli da vivere nella quotidianità, in sintesi “urban”, sintetizzati, fin dagli anni Cinquanta dalla collezione Caribe. Sempre aggiornati nelle forme e nelle funzioni, si distinguono per elementi come il bracciale Jubileé, la lunetta zigrinata e il vetro zaffiro con la lente. Al loro interno, movimenti automatici, cronografi, solo tempo o day date, ideali per adattarsi a qualsiasi situazione della “vita metropolitana”.
Modelli Caribe Diving e Amalfi
In linea con la suindicata partnership d’intenti e immagine con il mondo della vela, basata su precisione, innovazione e sofisticata informalità, i nuovi modelli Caribe Diving e Amalfi sublimano l’amore per il mare di Philip Watch. Inseriti nella collezione Sport, sono animati da movimenti automatici Swiss Made e presentano gli imprescindibili connotati degli orologi subacquei: impermeabilità fino ad un minimo di 20 atmosfere, luminosità delle indicazioni, bracciale e cinturino estensibili e, come nota squisitamente “professionale, il plus della valvola per l’elio. Evidentemente, il connubio con il mare, ma specificamente con la vela, ha imposto la massima attenzione sulle finiture e sulle cromie, definendo accattivanti contrasti per vivere il tempo, con stile, anche sorseggiando un aperitivo sulla dinette di uno yacht in navigazione.
Nel dettaglio il Caribe Diving, su cassa in acciaio da 42 mm, con ghiera girevole unidirezionale in acciaio dotata di anello interno graduato in ceramica, di colore nero, assicura un’impermeabilità fino a 20 atmosfere: al raggiungimento di tale dato contribuiscono fondello e corona – protetta da spallette – serrati a vite. Il quadrante nero prevede indici applicati e sfere Mercedes luminescenti. Il bracciale in acciaio estendibile, può essere sostituito, nello “special pack”, con un cinturino estendibile in silicone. Per coloro che vogliono ulteriormente distinguersi, Philip Watch ha riservato un’edizione limitata a 500 pezzi, con lunetta in acciaio Rose Gold, con quadrante e anello in ceramica della lunetta in blu (anche in questo caso, lo special pack, aggiunge l’alternativa del cinturino in silicone).
Stile e performance pura, invece, sono esplicitati dalla versione Diving del solotempo Amalfi, sviluppato su cassa da 43 mm in acciaio Rose Gold, con vetro zaffiro antiriflesso e anello della lunetta girevole unidirezionale in ceramica matt con minuteria lucida a rilievo. La “struttura” fruisce, considerato il dato d’impermeabilità fino a 300 metri, di corona e fondello chiusi a vite e di valvola per la fuoriuscita dell’elio. Il quadrante è nero, con indici a barretta applicati (numeri arabi al 6 e al 12, datario al 3) e sfere tipo Dauphine, dorati e luminescenti. Meccanico automatico, con cinturino nero in silicone, estendibile, è presentato in una raffinata special box insieme ad una torcia subacquea.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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