Sono passati 70 anni da quanto la Maison di Saint-Imier presentò, per la prima volta, sotto forma di collezione, un orologio. Si trattava del Conquest, un trademark registrato e depositato. Cinque anni dopo, nel 1959, avvenne il lancio della versione con indicazione della riserva di carica sul quadrante, pionieristico e unico nella tipologia ad affissione centrale. Con una reinterpretazione di quel modello, la Casa ha iniziato la celebrazione di questa importante ricorrenza.
I 70 anni della linea Conquest, hanno offerto a Longines lo spunto per evidenziare, ancora una volta, il suo vastissimo patrimonio storico orologiero, in termini di savoir-faire e di primogenitura tecnica. In tal senso, il “recupero” del proprio, importantissimo ruolo nell’evoluzione dell’universo delle lancette, ha subito in questi ultimi anni una forte accelerazione e, con essa, anche la conoscenza da parte di appassionati e non, di modelli fondamentali quali lo Zulu Time, l’Ultra-Chron, il cronografo flyback a due pulsanti risalente al 1925, sui quali si è basato lo sviluppo, rispettivamente, della funzione GMT, dell’alta frequenza e della cronografia. In un simile contesto, dunque, va inquadrata la celebrazione della collezione Conquest, il cui lancio, nel 1954, costituì un vero e proprio spartiacque nella gestione e comunicazione del prodotto per la Casa. Infatti, fu il primo caso, per Longines, in cui i modelli vennero inquadrati in una collezione, incrementando esponenzialmente l’identità e la visibilità del prodotto. In termini generali, negli anni ‘50, Longines sviluppò e rafforzò le sue campagne pubblicitarie, portandole da un livello locale ad un piano internazionale. Una strategia inedita, per il brand e per quei tempi, il cui risultato fu quello di modificare e reimmaginare il rapporto tra brand e consumatori. La Maison, semplicemente, seguì, negli anni ’50, la nascente strategia della comunicazione, quale strumento imprescindibile e “istituzionale”, per il successo su di un mercato sempre più globale. Specificamente, la Casa di Saint-Imier, impostò il suo advertising sul concetto del Longines “cercle”, a sottolineare tutti i target di pubblico di alto livello che, nel mondo, apprezzavano i suoi sofisticati prodotti. Ad esempio, il testo di una sua campagna intitolata “Les Trois Cercles de l’Élite”, così recitava: “Il existe plusieurs élites: celle de l’esprit, celle de la fortune ou de la naissance. Mais sur le monde entier s’étend aussi le cercle d’une élite sensible au style classique, socieuse de qualité et avide de précision: C’est le cercle Longines!”.
Dunque, il cliente ricercato da Longines apparteneva ad un’élite e si faceva strada l’attributo che, ancora oggi, maggiormente identifica il brand, ossia eleganza. Le parole chiave in francese erano “prestige, security, expertise”, mentre in inglese, “quality, accuracy e style” e i manager dell’epoca asserivano che “il pubblico ha bisogno di essere educato”. Insomma, un advertising ben organizzato e concepito, cominciava ad influenzare positivamente il fatturato. In quanto alle collezioni, Conquest, nel portafoglio della Maison, si connotava per il suo stile sportivo, mentre, ad esempio, Flagship (1957) individuava l’orologio elegante per uomo, Jamboree (1959) esprimeva pura classicità e Admoral (1965) cominciava a strizzare l’occhio al design massiccio e compatto (eliminazione delle anse) proprio degli anni ’70. Torniamo, dunque, all’oggetto di questo approfondimento, ossia la celebrazione dei 70 anni del Conquest, partendo dal 1951, allorquando Maurice Savoye, allora Direttore di Longines, prese la decisione di lanciare la collezione Conquest con un preciso obiettivo: affrontare la sfida competitiva e “innescare” la fine della vendita di movimenti singoli negli Stati Uniti. I primi modelli, in collaborazione con Mérusa per i quadranti e La Centrale per le casse, vennero completati, sul fondello, con l’inserimento di un medaglione disegnato da Borle, a Losanna, rifinito in smalto champlevé. Longines registrò il marchio Conquest, presso l’Ufficio Federale per la Proprietà Intellettuale di Berna, il 3 aprile del 1954, “assicurandosi” la protezione del nome e i diritti sul suo utilizzo, in tutti i Paesi. In quel momento, oltre al marchio Longines e al logo della clessidra alata, la Maison aveva registrato altri tre nomi, sebbene non furono mai usati: Sangines, Longer e Lorgir, nel 1952. Vi è da sottolineare che, al momento della suddetta registrazione, quando la produzione del Conquest era a pieno regime, specificamente sul mercato americano, come sopra accennato, un’azienda orologiera statunitense rivendicò i diritti sul nome e, anche sul suolo britannico, la collezione dovette affrontare diversi problemi. Ma Savoye, con determinazione trovò le opportune soluzioni e Longines definì “l’information sheet” del Conquest, da 35 mm, referenze 9000 (acciaio) e 9001 (oro a 18 carati), il 22 novembre 1954. Lo stesso giorno, le prime serie furono messe in produzione e l’orologio venne equipaggiato con il calibro automatico di manifattura 19AS, messo a punto nel 1952. Prevedeva ore, minuti e secondi al centro indiretti e queste erano le sue caratteristiche; 18.000 alternanze/ora; diametro di 25,3 mm (11 1/4’’’ e altezza di 6 mm); 18 rubini; rotore bi-direzionale; treno del tempo tradizionale, a 6 ruote; diametro del bilanciere monometallico con viti di compensazione, di 8,4 mm; spirale piana auto-compensante; molla del bariletto in acciaio con brida saldata a frizione; 36 ore di riserva di carica; scappamento ad àncora a linea diritta; dispositivo antiurto Incabloc. Tale meccanismo era “sospeso” all’interno della cassa, in virtù di due ponti flessibili, al fine d’incrementarne la protezione contro gli urti. Il dispositivo automatico era semplice e molto robusto e la bi-direzionalità della massa oscillante garantiva una ricarica rapida; tutti i ponti erano rodiati, il che assicurava un’ulteriore protezione contro gli effetti dell’umidità. I “livres d’etablissage” della Maison riportano che i primi modelli Conquest, marcati sul quadrante, furono pronti il 18 febbraio 1955: vennero fatturati a mr. Wirth, l’agente svizzero, il 12 aprile. Successivamente, la collezione venne completata con un terzo modello, referenza 9002, in acciaio/oro e la Maison, orgogliosamente presentò al mercato il Conquest, durante la fiera di Basilea del 1955.
Come abbiamo evidenziato poc’anzi, a connotare ulteriormente il Conquest, fu un medaglione in smalto champlevé e oro, applicato al centro del fondello a vite, emblema e garanzia di qualità superiore. Ponendo l’accento sull’impermeabilità dei Conquest, il medaglione venne realizzato in due versioni: sulle casse in acciaio, a rappresentare un pesce; sulle casse in oro e acciaio/oro, a visualizzare una costellazione. Identificato come un segnatempo adatto per lo sport e, più in generale, per un utilizzo all’”aria aperta” o destinato “all’avventura”, l’8 agosto del 1955, il Conquest fu protagonista a bordo dell’English Electric Canberra, un bombardiere inglese della RAF, che stabilì il record di velocità sulla tratta Londra-New York-Londra (6.920 miglia), con il tempo di 14 ore e 21 minuti. Erano due i Conquest all’interno del velivolo e il pilota, il capitano John W. Hackett ebbe a scrivere alla direzione della Maison: “I Longines non hanno perso nemmeno un secondo durante il volo, non ostante le temperature estreme e le variazioni di pressione da 0 a 50.000 piedi. Penso sia una cosa fantastica. Voglio ringraziarvi per il vostro aiuto, che ha contribuito al successo dell’impresa e consentitemi di farvi le mie congratulazioni per la precisione e la bellezza della vostra ultima creazione, l’orologio Conquest”. Il Conquest di affermò sul mercato, non solo per la sua affidabilità, ma come risultato del duro lavoro degli esperti orologiai della manifattura, in grado di soddisfare le esigenze di un vastissimo pubblico. Nel settembre del 1959, la Maison svelò il Conquest*** ai suoi rappresentanti. Le tre stelle, apposte sul quadrante, sopra la scritta “Conquest”, al 6, stavano a significare il miglioramento delle prestazioni rispetto alle precedenti versioni, in particolare, grazie all’impiego del nuovo calibro 292. Si trattava specificamente di un modello automatico con l’indicazione, sul quadrante, al centro, di una riserva di carica di 45 ore: una robusta e performante molla di carica ed un ampio bilanciere monometallico con viti di compensazione, permettevano un alto potenziale di precisione. L’orologio fu accompagnato dallo slogan: “L’audacia è il trampolino verso il progresso”. A beneficio dei collezionisti, poi, va considerato che, nel 1968, il management di Saint-Imier, considerò l’eventualità di prevedere sul quadrante di Conquest, in luogo delle tre stelle, una corona: un’ipotesi che venne scartata, poiché diversi brand già utilizzavano quel simbolo sui loro quadranti. Ma prima di questa determinazione, ben 2.700 quadranti, recanti la corona, erano già stati prodotti e consegnati! Ora, è il momento di tornare sul modello indicativo della riserva di carica centrale, referenza 9028, sopra accennato, perché proprio a quello, oggi, Longines si è ispirata per celebrare il 70° anniversario della collezione Conquest.
Il Conquest Riserva di Carica del 1959
Va premesso che la Riserva di Carica, in termini generali, è considerata una complicazione non particolarmente complessa o difficoltosa, ma, per converso, presenta una notevole utilità: come il segnalatore della benzina nel serbatoio di una vettura, l’indicatore dell’autonomia di un orologio, consente di sapere quanta tensione è rimasta nella molla e, conseguentemente, l’autonomia oraria che l’orologio può assicurare in qualunque momento. Storicamente, tale dispositivo è stato inventato da Abraham-Louis Breguet e utilizzato all’interno di alcuni dei suoi orologi da tasca: nella seconda metà dell’800, l’indicatore della riserva di carica si rivelò fondamentale, nel contesto della navigazione, nei cronometri da marina. Utilizzata per stabilire la longitudine, questa particolare tipologia di segnatempo doveva essere mantenuta costantemente carica e la presenza di un indicatore sul quadrante era imprescindibile per evitare potenziali errori nel calcolo del rilevamento di posizione di una nave. Successivamente utilizzata per gli orologi da tasca di tipo ferroviario, la riserva di carica arrivò, finalmente, agli orologi da polso nel 1933 su di un prototipo realizzato, ça va sans dire, da Breguet. L’avvento dei movimenti automatici, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60, indusse le Case a proporre gli indicatori della riserva di carica, per dimostrare che, dopo circa un ventennio di esperimenti, detti meccanismi avevano raggiunto una buona efficienza ed erano, ormai, decisamente affidabili. Fecero il loro debutto all’interno della collezione Powermatic, serializzata di Jaeger-LeCoultre, nel 1948 (anche Zodiac esordì in tal senso): l’indicatore dell’autonomia utilizzava una serie di ingranaggi, dipendenti dalla rotazione del bariletto e connessi alla ruota a cricchetto, collegata alla lancetta della riserva di carica. Le modalità più convenzionali per l’indicazione della riserva, furono delle piccole aperture con blocchi di colore degradanti, scale lineari, indicatori semicircolari in stile tachimetro con i classici segni +/- o AB/AUF. In un simile ambito, una delle interpretazioni più insolite, comparve proprio sul Longines Conquest, referenza 9028 del 1959. Diversamente dalle indicazioni della riserva di carica più convenzionali e discrete, Longines scelse di rappresentarla su due dischi rotanti proprio al centro del quadrante. L’orologio era alimentato, come detto, dal calibro di manifattura 292. Apparteneva alla famiglia 290 (1958), che, all’epoca esemplificò, sul mercato, la tendenza della Case a realizzare, simultaneamente, dei calibri solotempo di base e dei dispositivi funzionali che potevano essere, o meno, impiegati e adattati su tale base, quali il datario, lo stop-seconds e la riserva di carica (venne prevista anche l’ipotesi della variazione delle alternanze/ora). Il 290, come il calibro 280, sempre prodotto nel 1958, prevedeva i secondi diretti al centro. Le altre sue caratteristiche erano le seguenti: 19.800 alternanze/ora; diametro di 26 mm (11 1/2’’’ e altezza di 6 mm); 24 rubini; massa oscillante bi-direzionale; treno del tempo con ingaggio diretto della terza ruota sul pignone della ruota dei secondi centrali; diametro del bilanciere con viti di compensazione, di 10,5 mm; spirale piana auto-compensante; scappamento ad àncora a linea diritta; dispositivo antiurto Incabloc. Nello specifico, in sintesi, il 290 è da considerare come un calibro-base, sul quale, ad esempio, l’aggiunta dell’indicazione della data, comportò l’assegnazione del numero 291, e data al 12 e riserva di carica definirono il calibro 292. Focalizzandoci sull’indicatore della riserva di carica, esso prevedeva, lo ripetiamo, al centro del quadrante, due dischi rotanti concentrici. Ruotando la corona manualmente o caricando automaticamente con il movimento del polso, il riferimento rettangolare sul disco interno ruotava in senso orario fino ad arrivare in corrispondenza del numero “45”, sull’anello esterno (iscritta la scala, da 0 a 45), fermo. Una volta allineati il riferimento e il numero “45” (massima carica) e insistendo a caricare, i due dischi sottostanti continuavano a ruotare insieme in senso orario. Nello “scarico” successivo della riserva, il disco interno rimaneva fisso, mentre quello esterno si muoveva in senso antiorario, fino a che l’indicatore non toccava il segno “0”.
70 anni di Conquest: il Conquest Heritage Central Power Reserve
Lo abbiamo anticipato poc’anzi, come la ref. 9028 del 1959, sia stata presa a modello per realizzare l’esemplare celebrativo dei 70 anni della collezione Conquest, nell’ambito, evidentemente della serie Heritage di Longines. E, questo, nel massimo rispetto del dettato estetico della versione originale. Osserva Giuseppe Miccio, Head of Product Development di Longines: “In termini generali, la storia di Conquest è stata scritta da moltissimi modelli e svariati design, ma quello originale è e rimane il più identificativo in assoluto, ed è quello che proponiamo, oggi, nel nostro assortimento. Dunque, la volontà è quella d’ispirarci sempre ai tratti dell’esemplare del 1954, ancor di più se s’inquadra un orologio, come il Central Power Reserve, nel contesto Conquest Heritage. Tutto questo vale anche per il profilo tecnico, poiché il dispositivo della riserva di carica l’abbiamo elaborato analizzando i disegni tecnici del calibro 292 sul modello originale del 1959, quindi sul doppio disco sotto al quadrante. Evidentemente, la trasmissione dalla molla del bariletto all’indicatore è stata studiata, sempre con l’impiego di due dischi rotanti, su schemi diversi, poiché la base tempo è il recente calibro L888 – abbiamo depositato due brevetti – e non il calibro 290 del 1958”. Al di là, infatti, del movimento aggiornato, del passaggio dimensionale da 35 mm a 38 mm, e di una revisione proporzionale dell’indicatore della riserva di carica (più contenuto nella visualizzazione concentrica), i designer di Longines sono rimasti sostanzialmente fedeli al design proposto 65 anni or sono. Puntualizza Miccio: “Il Conquest Heritage Central Power Reserve, comunque, non vuol essere una replica dell’originale del 1959. Abbiamo ridisegnato le anse, rendendole più ergonomiche, il fondello è trasparente e non pieno, il vetro zaffiro fruisce di trattamento antiriflesso fronte e retro, le finiture sulla cassa presentano una satinatura verticale alternata a sfacci lucidi, a determinare un bel ritmo nei riflessi. Nel 1959 la cassa era solo lucida”. Ecco, allora, che la cassa in acciaio del suddetto Power Reserve ha subito degli aggiornamenti mirati alla fluidità di linea – maggiore incidenza e inclinazione della lunetta, anse più sinuose, compatte e armonizzate sulla carrure (non rettilinee), efficace alternanza di finiture, con gli sfacci lucidi alternati alla satinatura, a sottolineare la composizione elegante -, è impermeabile fino a 50 metri, è sormontata da un vetro zaffiro “glassbox” e presenta il logo della clessidra alata sulla corona a coste: nell’esemplare del 1959, la corona era più contenuta, pur presentando svasature più marcate, per agevolarne la presa. Attraverso l’area trasparente sul fondello avvitato, è possibile osservare il calibro automatico L896.5, sviluppato da ETA in esclusiva per Longines. La spirale del bilanciere in silicio offre una resistenza magnetica superiore (fino a 800 Gauss, 10 volte superiore al benchmark ISO 764), il bilanciere a regolazione inerziale oscilla a 25.200 alternanze/ora, con la molla del bariletto che può immagazzinare fino a 72 ore di energia (sull’originale, come sottolineato, era di 45 ore): per quanto riguarda le finiture, i ponti sono trattati a Perlage e il rotore a Côtes de Genève. Sull’indicatore centrale della riserva di carica il valore massimo della stessa – 72 ore – è serigrafato sull’anello centrale esterno, e specificamente dal punto collocato tra “64” e “0”. Riguardo lo sviluppo di questo calibro, Miccio Sottolinea: “Abbiamo cominciato a studiare questo movimento alla fine del 2020. In quanto all’autonomia, abbiamo stabilito un minimo di 64 ore ed un massimo di 72 ore. Questo perché non volevamo che l’orologio si fermasse prima dello “0”, ma che, anzi, il possessore fosse consapevole che, dopo lo “0”, ci fossero ancora 7/8 ore di funzionamento. La sfida primaria è stata quella di limitare al massimo lo spessore della complicazione e, in particolare, dei dischi sottostanti destinati a “guidare” l’indicazione centrale della riserva di carica. L’orologio classico deve mantenere dei canoni estetici contenuti e calibrati, al contrario di uno modello sportivo, in cui le concessioni spaziali sono superiori. Infine, il Central Power Reserve non è certificato Cronometro COSC, ma voglio sottolineare che tutti i nostri orologi meccanici escono da Saint-Imier con una regolazione cronometrica che permetterebbe loro di superare i test del COSC. Destiniamo tale certificazione solo ad alcune serie, per una politica generale di attenzione ai costi e per garantire, sempre e comunque, il massimo rapporto qualità/prezzo”.
La grafica del quadrante riprende quella del 1959, con le tracce incise che delimitano la minuteria sul perimetro e sono attraversate dagli indici a barretta applicati e sfaccettati (al 3, 6 e 9 sono a forma di ponte, dallo spessore maggiore e con incisione centrale) e dalla finestrella della data al 12, con cornice trapezoidale a spessore degradante. Gli indici allungati in stile vintage, la cornice della data e le sfere “a grattacielo” luminescenti, così come la lancetta dei secondi centrale, variano di colore a seconda del quadrante: color oro rosa nella variante antracite, oro giallo su quadrante champagne e argentato nella versione nera. Le scritte rispecchiano quelle presenti sull’originale, anche se non troviamo la clessidra alata applicata sotto il logo Longines, al 12. Nel riprendere l’interpretazione unica della riserva di carica, anche nel modello contemporaneo, la Casa di Saint-Imier ha ridefinito uno schema di funzionamento similare:
- Quando la molla viene caricata manualmente, oppure indossando l’orologio, il disco esterno graduato ruota in senso orario;
- il disco esterno ruota fino a raggiungere il suo massimo, in corrispondenza del “64”, per allinearsi con il contrassegno rettangolare nero sul disco interno. In questa configurazione, proseguendo la carica, i due dischi iniziano a ruotare insieme;
- mentre l’orologio è in funzione e la molla principale si svolge, il disco interno ruota in senso orario finché l’indicatore del rettangolo nero non raggiunge il segno 0. Dato che, come abbiamo visto, la rotazione di carica massima si ferma in riferimento al numero 64, ed essendo l’autonomia testata fino alle 72 ore, una volta che il contrassegno rettangolare raggiungerà lo 0, rimarranno ancora 8 ore prima che l’orologio si fermi definitivamente.
Il Longines Conquest Heritage Central Power Reserve è disponibile con cinturini in pelle di alligatore nero o grigio con fibbia ad ardiglione in acciaio. La sua è un’espressività dinamica, poiché sarà il possessore, in fase di ricarica, a suo piacimento, a regolare il posizionamento del 64 e dell’indicatore rettangolare interno. Questo Conquest Power Reserve, dunque, è un’altra pietra miliare dell’epopea settantennale della storica collezione della Maison, della quale, passaggi fondamentali possiamo considerare anche, il V.H.P. – ossia Very High Precision -, presentato nel 1984 (calibro al quarzo 276, con record di precisione per movimenti al quarzo, ossia +/- un minuto nell’arco di 5 anni) e il Conquest Heritage del 2014, referenza L1.611.6.70.4, da 35 mm di diametro (automatico, calibro Longines 633.5, ha celebrato il 60° anniversario della linea, con quattro versioni numerate). La festa, per la collezione Conquest, è appena cominciata…
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
Nessun commento