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Hamilton, dal Khaki Field “Murph” al Boulton, al C...

Hamilton, dal Khaki Field “Murph” al Boulton, al Cushion B, al Lexington, al Piping Rock, al Ventura Edge Dune: l’anima temporale del cinema

La Casa statunitense, dal 1971 nel portafoglio brand dello Swatch Group, vive un virtuoso rapporto con il cinema da oltre 90 anni. Un partnership consolidata, a partire dal 2013, dall’istituzione di due importanti premi, sia a livello internazionale, in area hollywoodiana – “Behind the Camera Awards” -, sia nazionale, nell’ambito della prestigiosa manifestazione dei “Nastri d’Argento”. Evidentemente, moltissimi ed, alcuni, iconici i modelli legati agli oltre 500 lungometraggi in cui il brand ha dettato il tempo, gli ultimi dei quali proponiamo in questo servizio.   

La relazione tra Hamilton e il cinema sembra essere scritta nel DNA di entrambe le realtà. O meglio, nella capacità della prima d’interpretare il tempo in una storia, drammatica, leggera o  avventurosa che sia, i cui anni, mesi, ore, minuti e secondi sono legati non in modo reale, ma sintetizzati in frame di un racconto contenuto in due/tre ore; il secondo, per far sì che in pochi minuti si comunichino, in immagini e voci, giorni, mesi, anni o decenni, deve rendersi disponibile ad accogliere un testimone di questo passaggio temporale, un narratore che renda credibile la realtà dello schermo e, soprattutto, che la associ con quella effettiva, propria del passato, del presente, e, perché no, immaginata in proiezione futura. In un simile contesto, la liaison tra la Casa orologiera dall’anima americana (fondata a Lancaster, in Pennsylvania, nel 1892), ma dal cuore elvetico (dal novembre del 1971, fa parte dello Swatch Group), e l’universo della celluloide, si è  determinata in un modo “casuale”, o per meglio dire, come accennato nell’incipit, scritto nel destino, nel 1932. La pellicola, dal titolo “Shanghai Express”, con Marlene Dietrich, diretta da Josef von Sternberg (un sodalizio durato sette film), ottenne il maggiore incasso di quell’anno, ossia 3.700.000 USD. In una sequenza, ambientata a bordo del treno che dà il titolo al lungometraggio, l’ufficiale medico inglese  Donald Harvey incontra la sua vecchia fiamma, Lily, interpretata dalla Dietrich e, quando lei gli chiede l’ora, Harvey solleva il coperchio che copre il suo orologio da polso: nel primo piano che segue, si può notare come nella parte inferiore del coperchio si trovi una piccola foto di Lily da giovane  (la prova dell’amore di Donald, mai sopito, per lei), mentre, sul quadrante Art Déco, ecco la scritta in grassetto di “Hamilton”. Da quel momento sono stati più di 500 i lungometraggi, il cui tempo è stato dettato dalla Casa e nei più svariati generi. A cominciare dai film d’azione, come “Le rane del mare” del 1951 (modello Frogman con la tipica corona “a borraccia” che troviamo, oggi, sul Khaki Navy Frogman), o Pearl Harbor” del 2001 (Khaki Field Handwinding), “Die Hard – Vivere o morire” del 2007 (cronografo Khaki Aviation ETO),  “Io sono leggenda” del 2007 con Will Smith (Khaki Aviation Twilight), o ancora, “Sopravvissuto – The Martian” del 2015 in cui Matt Damon indossa il Khaki Navy BeLOWZERO nero. Passando, poi, alle pellicole drammatiche, citiamo il Boulton, d’ispirazione vintage, indossato dal professor Keating (Robin Williams) in “L’attimo fuggente” del 1989, l’Ardmore ne “Il talento di Mr. Ripley” del 1999 o il Khaki Field Automatic da 38 mm, al polso di Hilary Swank nella sua interpretazione dell’aviatrice Amelia Earhart in “Amelia” del 2009. E, poi, commedie come “Blue Hawaii” del 1961, con il Ventura elettrico indossato da Elvis Presley, e ancora Ventura con i cacciatori di alieni di “Men in Black” del 1997. Proseguiamo con l’avventura in  “The Avengers” del 2012 con Robert Downey Jr accompagnato dal Khaki Titanium Auto, prima puntata della collaborazione tra Hamilton e i Marvel Studios, proseguita, lo stesso anno con “The Amazing Spider-Man” (Jazzmaster Viewmatic Auto al polso di Peter Parker) e sublimata, nel 2019, da “Avengers: Endgame”, il film campione d’incassi di sempre (2,8 miliardi di dollari), nel quale spicca il Jazzmaster GMT, indossato di Happy Hogan.  

Khaki Field Murph da 42 mm (1.095 euro), lanciato nel 2019 e copia fedele – fatta eccezione per la lancetta dei secondi sulla quale è laccata la parola “Eureka”, in codice Morse – del modello utilizzato nel film, di genere fantascientifico, “Interstellar” del 2014. Eureka è la parola gridata da Murph, la figlia del protagonista, quando comprende appieno le indicazioni del padre, provenienti dalla quinta dimensione.

Silohuette del Khaki Field Murph da 42 mm, in cui si apprezza la satinatura della carrure in contrasto con la lunetta lucida a spiovente. Quadrante nero mat, protetto da vetro zaffiro antiriflesso, con indici a numeri arabi e lancette tipo Squelettes rivestiti di Superluminova nella tonalità beige, ad assegnargli un’allure vintage.

L’avventura si trasforma in fantascienza, con l’orologio a bracciale realizzato, nel 1968, su richiesta di Stanley Kubrick, per “2001: Odissea nello Spazio” e, nel 2014, con “Interstellar”,  scritto e diretto da Christopher Nolan, ambientato nel 2067,  Hamilton diviene un reale protagonista della storia, con un ruolo ben preciso. La pellicola, infatti, narra del “viaggio” in un cunicolo spazio-temporale (wormhole) di un gruppo di valorosi in cerca di una nuova casa per l’umanità, lontano dalla Terra dove, ormai, tempeste di sabbia, raccolti insoddisfacenti e carestie globali, stanno mettendo a rischio la stessa esistenza dell’uomo. L’orologio Hamilton, come accennato, è totalmente compenetrato nella trama, divenendo un vero e proprio personaggio, simbolo di un grande amore paterno: significativo il momento in cui il protagonista invia un messaggio in codice Morse alla figlia Murph, dall’universo interstellare in cui si trova (un sistema planetario in orbita attorno ad un buco nero), da lei decodificato grazie al moto irregolare della sfera dei secondi del Khaki Field lasciatole dal padre,  permettendole di risolvere l’equazione di gravità relativa al buco nero e consentire all’umanità di fuggire dalla Terra, impedendone l’estinzione. Affettuosamente, quel segnatempo è stato definito dai fan, “l’orologio di Murph” e, nel 2019, è stato ufficialmente lanciato come Khaki Field “Murph”, copia esatta dell’esemplare del film (fatta eccezione per la lancetta dei secondi, sulla quale è laccata la parola “Eureka”, in codice Morse, gridata da Murph, quando comprende appieno le indicazioni del padre). Quel modello, è un solotempo in acciaio satinato da 42 mm, impermeabile fino a 10 atmosfere, con lunetta lucida, ad incorniciare un quadrante nero mat, protetto da vetro zaffiro antiriflesso, con indici a numeri arabi e lancette tipo Squelettes rivestiti di Superluminova nella tonalità beige, ad assegnargli un’allure vintage. Ad alimentare il Murph, un motore di pregio, quale il calibro automatico H-10, capace di 80 ore di riserva di carica (ottima precisione e bilanciere a regolazione inerziale oscillante a 21.600 alternanze/ora). Intorno al Murph si è creata una vera e propria community di appassionati del brand che, con insistenza, ha cominciato a richiedere ad Hamilton la realizzazione di una versione più contenuta, da 38 mm, senza cambiare nulle delle sue vincenti caratteristiche. Un desiderio che la Casa ha esaudito nel novembre del 2022, modello dall’imprinting militare, robusto e funzionale, con le medesime caratteristica della variante da 42, ad eccezione della sfera dei secondi, non laccata con la parola “Eureka”. 

Khaki Field Murph 38 mm (995 euro), edizione, dal diametro ridotto, del modello lanciato nel 2019 e ispirato dalla collaborazione di Hamilton con il kolossal “Interstellar” del 2014. In acciaio satinato, dallo spessore di 11,1 mm, con lunetta lucida, vetro zaffiro antiriflesso, impermeabile fino a 10 atmosfere. Quadrante nero mat, cifre arabe e lancette tipo Squelettes rivestite di Superluminova beige. Calibro automatico H-10. Cinturino in pelle nera.

Il Khaki Field Murph 38 mm non si segnala solo per il suo design, la cura delle finiture e la sua robustezza, ma anche per un contenuto tecnico di prim’ordine, ossia il calibro automatico H-10, capace di 80 ore di riserva di carica, molto preciso: bilanciere a regolazione inerziale oscillante a 21.600 alternanze/ora, 25 rubini.

 

Boulton (795 euro), modello d’ispirazione anni ’40, al polso di Harrison Ford-Indiana Jones, nella pellicola “Indiana Jones – Il quadrante del Destino” (2023). Al quarzo, prevede una cassa rettangolare bombata e ricurva in acciaio PVD oro giallo, da 27 mm x 31,6 mm, stile “american classic”, con anse ricavate dal pieno. Il quadrante bianco, protetto da vetro minerale, presenta piccoli secondi al 6, numeri arabi d’antan applicati e dorati, sfere index e minuteria a chemin de fer (così come la scala dei piccoli secondi su fondo azurée).

Si nota, nel Boulton, la corona zigrinata incisa centralmente, e il fondello chiuso a pressione (l’impermeabilità è di 3 atmosfere), personalizzato con la storica “H” di Hamilton. 

Behind The Camera Awards e Nastri d’Argento

Hamilton e cinema non significa solamente presenza del brand con i suoi orologi in pellicole famose, ma, a partire dal 2013, la “collaborazione” prevede anche nel contesto dell’ambiente hollywoodiano, i “Behind the Camera Awards”, meritati riconoscimenti agli artisti e alle figure professionali che, ogni anno, lasciano il segno nell’industria del cinema. Più specificamente, la volontà di Hamilton è quella di mettere in luce il lavoro creativo, indispensabile al successo di una pellicola, che si tratti della sceneggiatura, del montaggio, dei costumi, della fotografia, ossia quelle professionalità,  spesso invisibili che operano dietro alle quinte del set. Le scorse edizioni hanno visto tra i vincitori personalità come Darren Aronofsky per “Jackie”, Paul Dano per “Wildlife”, la costumista Mary Zophres per “AVE, CESARE!”, il montatore Pietro Scalia, il direttore della fotografia per “Vita di Pi”, Claudio Miranda, il regista Pablo Larrain per “Spencer”, premiati da numerose star come Harrison Ford, Patricia Arquette, Lenny Kravitz, Ewan McGregor, Javier Bardem e Kristen Stewart. Un simile impegno non è riservato solo in area USA, ma investe anche una prestigiosa manifestazione italiana quale i “Nastri d’Argento”, i premi attribuiti, fin dal 1946 (è il più antico riconoscimento alla cinematografia, in Italia, ancora attivo) dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani: dunque, profonda collaborazione tra l’internazionalità degli “Hamilton Behind the Camera Awards” e l’italianità dei “Nastri d’Argento”. In tale direzione, il cinema di “casa nostra”, lo scorso 27 giugno, si è ritrovato presso il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, per la 79ma edizione dei “Nastri d’Argento”. Si è trattato di una vera e propria celebrazione di un’arte che, nel nostro Paese, sta esprimendo talenti e professionalità di livello internazionale. Prova ne siano il trionfo di Matteo Garrone, con ben 7 Nastri, per “Io Capitano” (ricordiamo, candidato all’Oscar come Miglior Film Straniero), votato, tra l’altro, come Miglior Film, Migliore Regia, Miglior Fotografia e Miglior Montaggio, la pioggia di Nastri d’Argento, eccezionalmente per tutte le categorie, assegnati dal SNGCI al “Film dell’Anno”, il capolavoro di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, e i 5 Nastri andati a “Palazzina Laf” di Michele Riondino, tra cui Miglior Esordio alla regia, Migliore Sceneggiatura, Migliore Attore Protagonista e non Protagonista, ossia lo stesso Riondino ed Elio Germano. Meritano una citazione anche la Migliore Commedia, “Un mondo a parte” di Riccardo Milani, con le intense interpretazioni di Virginia Raffaele e Antonio Albanese, e la Migliore Attrice non Protagonista ossia Isabella Rossellini per la splendida prova nel film di Alice Rohrwacher, “La Chimera”.

Andreas Albeck, brand manager Hamilton Italia, premia Brando De Sica con l’”Hamilton Behind the Camera – Nastri d’Argento”; Albeck, con Domenico Cuomo, protagonista del film di De Sica, “Mimì – Il principe delle tenebre”, dopo la consegna del “Premio Speciale Decimo Anniversario”, durante la serata dei “Nastri d’Argento”, lo scorso 27 giugno. Credits: Matteo Mignani. 

Un momento della serata dei “Nastri d’Argento”, con la consegna ufficiale dei premi speciali da parte di Hamilton, nella persona del brand manager Italia, Andreas Albeck, a Brando De Sica e Domenico Cuomo. I due premiati, in compagnia di Laura Delli Colli, Presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani. Indossano entrambi i Khaki Field Murph di Hamilton, da 42 mm (De Sica) e 38 mm (Cuomo).  Credits: Matteo Mignani.

Hamilton, dal 2013, come accennato, è Official Partner dell’evento (assente nelle edizioni del 2020 e 2021, a causa della pandemia, per riprendere la collaborazione nel 2022), un ruolo da considerare come logica conseguenza, di quanto fin qui evidenziato. Dunque, come ormai consuetudine, la Casa ha assegnato l’”Hamilton Behind the Camera – Nastri d’Argento”, destinato al debutto cinematografico più significativo dell’anno, a Brando De Sica – ennesima generazione di una “famiglia” sempre più leggendaria nell’universo della celluloide – , per il film “Mimì – Il principe delle tenebre”. Ambientato in una Napoli alchemica ed esoterica, racconta l’incontro tra un giovane pizzaiolo bullizzato ed una ragazza che si crede discendente del Conte Dracula, e la loro fuga dalla realtà per dar seguito ai sogni. Afferma De Sica: “Ringrazio Matteo Garrone e Ugo Chiti, che mi hanno dato il coraggio di credere in me stesso. Se questo è un film sulla paura, mi auguro che il prossimo sia proprio sul coraggio”. Poi, per celebrare, come accennato, i 10 anni di collaborazione con i Nastri d’Argento, Hamilton ha voluto onorare Domenico Cuomo, protagonista di questa pellicola, con il “Premio Speciale Decimo Anniversario”, a conferma della volontà del marchio di valorizzare e promuovere i migliori talenti del cinema italiano. Domenico ha aggiunto: “Voglio dedicare questo premio a tutti coloro che, non ostante i continui attacchi del male, continuano a combattere nell’esercito della luce”. Unitamente a tali riconoscimenti, la Casa, nella persona del brand manager Andreas Albeck, ha consegnato a Brando De Sica e Domenico Cuomo, i Khaki Field “Murph” declinati, rispettivamente, su 42 e 38 mm, di cui abbiamo parlato poc’anzi. A sottolineare il prestigio del riconoscimento “Hamilton Behind the Camera– Nastri d’Argento”, citiamo i vincitori delle precedenti edizioni: Alessandro Gassmann, Pierfrancesco Diliberto (Pif), Luca Zingaretti, Gabriele Mainetti, Gabriele Muccino, Luciano Ligabue, Stefano Sollima, Edoardo Leo e Colapesce Dimartino. 

Un frame tratto dal film “Oppenheimer” di Christopher Nolan, uscito nell’agosto 2023. Un epic thriller, che racconta il paradosso di un uomo e di un grandissimo fisico. Si è aggiudicato sette Oscar. I tre principali personaggi indossano orologi Hamilton dell’epoca.  

Cushion B, indossato, nel film da J. Robert Oppenheimer: risalente ai primi anni ’30, cassa da 26,7 mm (10,8 mm), carré galbé placcata oro; quadrante bianco/crema; meccanico manuale. Cinturino in pelle di lucertola marrone.

Lady Hamilton A-2, indossato da Kitty Oppenheimer: risalente al 1947, rettangolare per signora, da 13,5 x 15 mm (spessore di 8,7 mm), in oro a 14 carati; quadrante bianco; meccanico manuale. Cinturino in pelle di vitello marrone.

Endicott, indossato da J. Robert Oppenheimer: risalente agli anni ‘40, cassa placcata in oro, da 27,8 mm (spessore di 10 mm), anse saldate e allungate; quadrante champagne; meccanico manuale. Cinturino in pelle di vitello marrone.

Lexington, indossato da J. Robert Oppenheimer: risalente agli anni ‘40, cassa placcata in oro/argento, da 29 mm (spessore di 10 mm), anse rettilinee; quadrante nero; meccanico manuale. Cinturino in pelle di vitello verde.

Military Ordnance, indossato dal generale Leslie Groves: risalente agli anni ‘40, cassa in acciaio satinato, da 32 mm (spessore di 11,7 mm); quadrante nero; meccanico manuale. Cinturino in nylon marrone.

Piping Rock, indossato dal generale Leslie Groves: risalente al 1928, cassa tonneau scheletrato in acciaio, da 30 mm (spessore di 9 mm), lunetta laccata nera con numeri romani serigrafati, blocco monoanse; quadrante argenté con minuteria a chemin de fer; meccanico manuale. Cinturino in pelle di vitello nero.

Oggi – Hamilton protagonisti di pellicole di straordinario successo 

Per completare quest’avvincente panoramica sulla partnership tra cinema ed Hamilton, volgiamo lo sguardo al presente, esplicitando tre pellicole dal grande successo, nelle quali la Casa di Lancaster ha raccontato il tempo, in modo coerente, tra passato e futuro, a cominciare dall’ultimo capitolo della saga di Indiana Jones, “Il Quadrante del Destino” (2023), con protagonista l’icona Harrison Ford. Un titolo estremamente indicativo perché relativo al celebre meccanismo di Antikytera, elaborato da Archimede nel III secolo a.C. e, immaginariamente ritenuto in grado di rendere possibili viaggi nel passato attraverso delle fessure spazio-temporali: un capolavoro, frutto di calcoli matematici complessi, oggetto di una caccia senza esclusione di colpi, tra Jones, accompagnato dalla sua figlioccia e Jürgen Voller, un ex nazista al servizio della NASA. L’orologio e il tempo sono le chiavi interpretative del film e, dato che la vicenda inizia nel 1944, al polso di Indiana Jones è tornato (lo avevamo visto in “L’Attimo Fuggente”) il Boulton, modello d’ispirazione anni ’40: anche se la tecnologia, in quegli anni, non era stata ancora sviluppata – ma il film è una costante iterazione tra passato e futuro -, il modello è al quarzo, dalla cassa rettangolare bombata e ricurva in acciaio PVD oro giallo, da 27 mm x 31,6 mm, stile “american classic”, con anse ricavate dal pieno. Il quadrante bianco presenta piccoli secondi al 6, numeri arabi d’antan applicati e dorati, sfere index e minuteria a chemin de fer (così come la scala dei piccoli secondi su fondo azurée). I Boulton originali, negli anni ‘40/’50 impiegavano movimenti manuali, specificamente i calibri 980 e 982, realizzati in-house, di forma rettangolare, operativi su 19 rubini e con bilanciere con viti di compensazione e racchetta distesa per la regolazione.

E passiamo ora, ad una collaborazione veramente particolare, sempre ambientata negli anni ’40, e concretizzatasi nel film “Oppenheimer” di Christopher Nolan (2023), tratto dal libro, vincitore del Premio Pulitzer, “Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica – Il trionfo e la tragedia di uno scienziato”, di Kai Bird e Martin J. Sherwin, e vincitore di sette premi Oscar (tra cui Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Attore Protagonista  Cllian Murphy). Narra la storia di Julius Robert Oppenheimer, newyorkese, classe 1904, fisico dalle straordinarie capacità ed intuizioni,  soprattutto nel campo della meccanica quantistica, il quale ha accompagnato una fase fondamentale dell’evoluzione geo-politica del nostro pianeta, a partire dal 1942, quando fu messo a capo, dal governo degli Stati Uniti, del Progetto Manhattan, un programma di ricerca e sviluppo in ambito militare, che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche. Una responsabilità questa, che sembrò cancellare, con un colpo di spugna, alcune sue importantissime scoperte, quali l’effetto tunnel (superamento, da parte di determinate particelle, della barriera potenziale del nucleo atomico) e la contrazione gravitazionale (analisi teorica delle ultime fasi dei processi stellari). Perfettamente consapevole di aver dato una mano a spingere il progresso scientifico nella direzione sbagliata, Oppenheimer si oppose alla costruzione della bomba all’idrogeno e fu messo all’angolo dalla realpolitik statunitense a partire dal 1954, anche se nei primi anni ’60 (il fisico morì nel 1967), in virtù del sostegno della gran parte della comunità scientifica internazionale, gli Stati Uniti  ne avviarono una tardiva riabilitazione. Tutto questo è stato riassunto, come suindicato, dal regista britannico Christopher Nolan – con cui Hamilton ha già collaborato per le pellicole “Interstellar” e  “Tenet” -, nel film “Oppenheimer”, prodotto dalla Universal Pictures. Famoso per la sua attenzione al dettaglio, nell’ambientazione storica e nella definizione dei personaggi, Nolan ha affidato ad Hamilton, il compito di trovare i segnatempo più appropriati per l’epoca, anni Trenta/Quaranta, e per i tratti caratteriali dei personaggi. La Casa, non ostante la ricchezza dei propri archivi, ha dovuto rivolgersi ad importanti collezionisti ed appassionati in tutto il mondo, per selezionare sei modelli vintage, adatti a essere contestualizzati negli anni suindicati. “Destinatari” di tali esemplari i personaggi di J. Robert Oppenheimer, Katherine “Kitty” Oppenheimer e del generale Leslie Groves, Jr. Per il protagonista, Hamilton ha scelto tre orologi, ossia il Cushion B (soli 2.000 esemplari prodotti, tra i primi anni ’30 al 1949, cassa carré galbé placcata oro a 14/10 carati, da 26,7 mm di lato), l’Endicott (prodotto dal 1938 al 1948, placcato oro da 27,8 mm) e il Lexington (prodotto fino al 1942, uno dei primi Hamilton in acciaio – placcato argento -, un modello civile da 29 mm, ma raccomandato per “uso militare”). Kitty Oppenheimer invece, si accompagna al ricercato Lady Hamilton A-2 in oro a 14 carati (dallo squisito mood Art Déco), da 13,5 x 15 mm, risalente al 1947. Infine, si può ammirare la versatilità in ambito militare di Hamilton grazie al Piping Rock (da 30 mm, in acciaio, disegnato in un impianto tonneau scheletrato, con lunetta laccata, prodotto dal 1928 al 1932 e, poi, ancora, nel 1948) e al Military Ordnance (in acciaio da 32 mm, realizzato tra il 1942 al 1945, quando Hamilton convertì tutta la produzione per fini militari), al polso del generale Leslie Groves, Jr. “Oppenheimer”, è stata, quindi, un’ottima occasione per ricordare lo stile dell’orologio da polso negli anni Quaranta.

Il “prop” realizzato da Hamilton, in collaborazione con esclusiva con Legendary Entertainment e Warner Bros. Pictures,  per il film “Dune – Parte Due”, attualmente sugli schermi. In accordo con il regista Denis Villeneuve e con il “propmaster” Doug Harlocker, questo “desert watch” non doveva avere nulla che si riferisse al tempo, nel contesto planetario atemporale di Dune: semplicemente, uno strumento per svariate funzioni, come la trasformazione del sudore in acqua o per dare corrette indicazioni per individuare la spezia. Sono stati necessari ben 30 prototipi prima di ottenere l’approvazione del regista. 

Ventura Bright Dune Limited Edition, in acciaio PVD nero, da 52 x 46,6 mm (spessore di 11,8 mm); vetro zaffiro sagomato, carrure scalinata, fondello chiuso da quattro viti, corona a tronco di cono. Impermeabilità fino a 5 atmosfere. Quadrante nero, grafica illuminata di blu (mediante pressione su pulsante al 9), a riprendere le linee tratte dal design del “Desert Watch”; sfere a losanga trattate “or noir”. Movimento al quarzo. Cinturino in gomma nera; fibbia ad ardiglione. Serie limitata a 3.000 pezzi. Prezzo, 1.845 euro.

E chiudiamo con la partnership tra Hamilton ed il film “Dune – Parte Due” – prima mondiale il 15 febbraio 2024 -, del regista Denis Villeneuve, sequel del kolossal “Dune” del 2021 (versione originaria di David Lynch, nel 1984),  basato sul romanzo fantascientifico del 1965 di Frank Herbert, bestseller nella letteratura di genere con 12 milioni di copie vendute. Villeneuve ha chiesto ad Hamilton di realizzare un “prop”, ossia un oggetto di scena studiato per completare un film e renderlo più realistico. Si trattava di accompagnare la seconda parte della sfida tra la dinastia Atreides e quella degli Harkonnen per il controllo del pianeta deserto Arrakis e della sua preziosissima spezia “Melange” (7,1 miliardi di dollari incassati al botteghino). La maggiore difficoltà incontrata dalla Casa è stata quella di creare un “desert watch” in cui nulla dovesse riferirsi al tempo, perché il contesto planetario di Dune è atemporale, e che, invece, fosse utile come strumento per svariate funzioni, come la trasformazione del sudore in acqua. Hamilton, basandosi sul romanzo di Herbert e senza altre informazioni, ha definito ben 30 prototipi prima di ottenere l’approvazione del regista. Il “Desert Watch” pensato per Arrakis s’inserisce nella disciplina interiore dei suoi abitanti, i Fremen, al servizio delle loro doti innate e del ciclo della spezia. Insomma, sebbene tale esemplare personalizzato sia un’”esclusiva” di Arrakis, il suo sviluppo formale articolato, ha stimolato la creatività di Hamilton verso l’iconica carrure triangolare dai tratti bombati e sinuosi, con le caratteristiche anse scalinate e asimmetriche, del Ventura, la creatura del designer Richard Arbib, “classe” 1957, dal tratto inequivocabilmente futuristico. Ecco, allora, a ricordare quel modello connotato dal circuito elettrico evidente sul quadrante, due modelli al quarzo lanciati in concomitanza con l’uscita di ” Dune – Parte Due”, entrambi in acciaio PVD nero e con guide ottiche sotto il quadrante ad illuminarne la grafica di blu, ispirati dal colore degli occhi dei Fremen. Il Ventura Bright, da 52 x 46,6 mm (11,8 mm di spessore), limitato a 3.000 pezzi, impermeabile fino a 5 atmosfere, riprende la scalinatura delle anse dall’originale e “carica” dimensionalmente la corona: un pulsante, al 9, accende di blu le linee tratte dalla grafica del “Desert Watch” ed è percorso da sfere a losanga trattate “or noir”. La variante Edge, da 51 x 47,2 mm (spessore di 13,8 mm), limitata a 2.000 pezzi e con geometrie più marcate, amplificate da sfacci a dissimulare le anse, impermeabile fino a 100 metri, esplicita una visualizzazione digitale dell’ora, la cui luminosità va a sfumare e riprendere, ispirata dal ciclo dell’energia, richiamato dal prop del film. Come osserva il CEO di Hamilton, Vivian Stauffer, il “Ventura si ama o si odia”, e, per questo si tratta di una scelta coraggiosa e sfidante, proiettata nel futuro da ben 67 anni. 

Ventura Edge Dune Limited Edition, in acciaio PVD nero, da 51 x 47,2 mm (spessore di 13,8 mm); vetro zaffiro sagomato con doppio trattamento antiriflesso, carrure sfaccettata geometricamente, fondello chiuso da otto viti (personalizzato al laser con un’immagine “planetaria”), corona protetta da spallette. Impermeabilità fino a 10 atmosfere. Quadrante nero, con display digitale illuminato di blu, per ore/minuti e simbologia tratta dal design del “Desert Watch”. Movimento digitale al quarzo. Cinturino in gomma nera; fibbia ad ardiglione. Serie limitata a 2.000 pezzi. Prezzo, 2.595 euro. 


Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia

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