Tra gli highlights della Maison ginevrina, svelati nel corso dell’edizione digitale di Watches and Wonders Geneva, spicca senz’altro l’ultimo nato dello storico Explorer, vestito in Rolesor giallo.
E’ divenuto leggendario l’alone di mistero che circonda Rolex e che contribuisce ad alimentarne il fascino, fondato su quelle casse, quei quadranti e quei movimenti che dal 2 luglio 1908 (giorno in cui Hans Wilsdorf registrò il nome Rolex) hanno scritto la storia dell’orologeria mondiale. Un mistero che, ogni anno, accompagna il periodo precedente la presentazione delle novità da parte della Maison, che ha aderito, dopo aver lasciato Baselworld, al format espositivo Watches and Wonders di Ginevra. Nel 2021, per motivi di sicurezza legati ad una pandemia ancora ben presente in Europa, la fiera ginevrina si è svolta online e, conseguentemente, l’attesa è stata ancora più stimolata. Lo scorso 7 aprile, finalmente, il sipario si è aperto sul tema dell’anno Rolex, ossia l’esplorazione e automaticamente sono arrivati loro, i nuovi Explorer – classe 1953 – ed Explorer II – classe 1971 –, a definirne i confini e le prospettive. Come consuetudine della Maison gli interventi su esemplari consolidati sono chiari, ma dissimulati, sussurrati, visibili quanto basta, qualche volta invisibili, ma inequivocabilmente collocati su di un filo conduttore che sembra scritto “ab origine” per il modello stesso, e che Rolex si “limita”, via via nel tempo, a svelare nei suoi contorni e nei suoi contenuti. In tal senso, ogni novità della Maison stimola la stessa domanda: “Ma cosa è cambiato rispetto al precedente modello?”. Risposta, anch’essa ormai mandata a memoria: “Tutto e niente”. E qui, ovviamente, inevitabile scomodare Giuseppe Tomasi di Lampedusa con il suo assunto, citato nel Gattopardo: “Tutto cambia perché nulla cambi”. A questo punto, il nostro compito è quello di raccontare l’orologio, evidenziare gli interventi effettuati rispetto alla precedente versione e lasciare al pubblico, osservandolo o anche, preferibilmente, adattandolo al polso, il giudizio finale nella forma e nel merito. Considerato il seguito planetario del brand, in uno schiocco di dita si vengono a creare due schieramenti, i pro e i contro, e qui, ancora la medesima, scontata conclusione: favorevole o meno, il fascino è troppo forte, come una calamita e Rolex si trova a dover gestire una domanda impossibile da soddisfare in tempi logici e, di qui, tutto ciò che ne consegue. Comunque, torniamo all’attualità e all’esplorazione , per sottolineare che non si è trattato dell’unico tema esplicitato da Rolex per il 2021. Ad esso vanno aggiunti i “quadranti” (tra cui il meteorite montato sul Daytona) e “la magia dei diamanti” con Day-Date e Lady Datejust illuminati da scintillanti pavé. In questa sede, però, l’attenzione è decisamente focalizzata sull’esplorazione e, specificamente, sull’ultima versione dell’Explorer, ref. 124273 in Rolesor giallo, ossia acciaio Oystersteel e oro giallo (l’esemplare interamente in Oystersteel è la ref. 124270); al nuovo Explorer II destineremo un ulteriore intervento a breve scadenza.
Quell’Oyster Perpetual di Sir Edmund Hillary
Il Rolex Oyster Perpetual Explorer fu realizzato nel 1953, dopo il successo della spedizione britannica, coordinata da Edmund Percival Hillary, che raggiunse la vetta dell’Everest il 29 maggio di quell’anno, a seguito dell’idoneità strutturale dei modelli che equipaggiarono i partecipanti della spedizione. Le caratteristiche di questo orologio, studiate per garantirne il regolare funzionamento in condizioni ambientali estreme, rimaste sostanzialmente immutate nel tempo (solo sviluppate tecnologicamente) sono: cassa e bracciale in acciaio, lunetta lucida, quadrante nero con indici e tre grandi cifre arabe nei punti cardinali (ad eccezione del 12), fondello e corona a vite, indici e lancette luminescenti. Va premesso che Rolex cominciò nel 1933 a fornire i propri orologi a spedizioni sull’Himalaya, al fine di studiarne il comportamento in condizioni proibitive, in termini di altitudine e temperature, e, grazie ai report degli scalatori, apportando “step by step” le opportune migliorie: furono ben 17 le spedizioni equipaggiate dalla Maison fino al 1955 (tra cui, evidentemente, quella che portò Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay sulla vetta più alta del mondo). Durante l’impresa sull’Everest, al polso di Hillary vi era un Oyster Perpetual “Officially Certified Chronometer”, precursore dell’Explorer, prodotto nel 1950, che non fu mai messo in commercio. Di certo, non si trattava di un regalo e, al termine dell’impresa, Hillary (dalla natia Nuova Zelanda) lo restituì alla Rolex, affinché potesse condurre su di esso controlli e verifiche di funzionamento, per calibrarne ad hoc le prestazioni. L’orologio rimase presso la Casa per decadi e, probabilmente, fu la Rolex stessa a donarlo al sig. Beyer, per il suo museo, il Beyer Watch and Clock Museum a Zurigo: il quadrante bianco crema, ospita indici triangolari applicati e lancette riempiti con radio. Un altro membro della spedizione, Alfred Gregory, un altro membro della spedizione (si fermò a 8.500 metri), indossava invece un Rolex Oyster Perpetual Precision, in acciaio, automatico con secondi al centro ed indici applicati e luminescenti su di un quadrante stilizzato a nido d’ape, ma fu senz’altro la suddetta referenza 6098 portata da Hillary il vero e proprio “Pre-Explorer”: infatti, il “brand” Explorer fu registrato solo dopo la storica impresa, e comunque sempre nel 1953.
I precedenti
È evidente, da quanto osservato poc’anzi, che l’Explorer, in produzione dal 1953, ha assunto la configurazione conosciuta oggi, solo dopo alcuni anni. Partito, infatti, dalla citata referenza 6098, “Ovettone”, privo della scritta “Explorer” sul quadrante, inizialmente il modello si sviluppò nella ref. 6150 da 36 mm (aveva lo stesso movimento dell’esemplare al polso di Hillary e di Norgay durante l’ascesa sull’Everest, ossia il calibro A296): sul quadrante, recava la scritta “Precision” e fu prodotto fino al 1959. Si trattò di un periodo molto breve perché, sempre nel 1953, fu lanciata la referenza 6350, la prima a recare il nome “Explorer” sul quadrante, studiata specificamente per impieghi “estremi”, a seguito dei test effettuati dopo la conquista dell’Everest. A conferma di ciò, l’orologio poteva essere ordinato con dei speciali lubrificanti per mantenere il movimento attivo in un ampio range di temperatura da -20° C a +40°C: questa referenza non fu realizzata a lungo (probabilmente non oltre il 1954), ma la variante con quadrante “honeycomb”, assimilabile a quello dei primi Milgauss, ha un elevato valore collezionistico. Nel 1955, infatti, ecco il modello che definì l’estetica generale dell’Explorer, giunta fino ad oggi, ossia la referenza 6610, da 36 mm, impermeabile fino a 50 metri, molto simile alla 6150 che sostituì: era, sicuramente, più contenuta nello spessore, in virtù dell’impiego del nuovo calibro 1030. La quintessenza assoluta dell’Explorer, comunque, fu raggiunta nel 1961, con l’introduzione della referenza 1016, da 36 mm in acciaio, impermeabile fino a 100 metri, rimasta in produzione fino al 1989; nel 1975 venne aggiornata con un solido bracciale in acciaio e con un nuovo movimento, il calibro 1570, in luogo del 1560. Del 1016 vennero realizzate varianti ricercatissime dai collezionisti come lo “Space-Dweller” o l’Albino, con quadrante bianco. Ecco, poi, nel 1989, la referenza 14270, da 36 mm in cui compare, per la prima volta, il vetro zaffiro, gl’indici sono applicati in oro bianco con riempimento luminescente in trizio e il movimento cambia, con la dotazione del moderno calibro 3000. Con la referenza 114270 del 2001, Rolex, sostanzialmente, aggiornò il movimento, introducendo il calibro 3130, fino a compiere un passo importante nel 2010, con il lancio della referenza 214270, fondamentale per comprendere i tratti dell’Explorer contemporaneo. La cassa fu portata da 36 mm a 39 mm, in acciaio con bracciale Oyster a maglie massicce, e il movimento venne evoluto nel calibro automatico 3132. Altri elementi indicativi riguardano la contenuta lunghezza delle lancette – con il tratto luminescente di quella dei minuti sotto al giro degli indici orari -, e i numeri arabi al 3, 6 e 9 non luminescenti. Un dettaglio sul quale Rolex intervenne nel 2016 con la versione “MKII” della medesima referenza, rendendo luminescenti i numeri arabi e riproporzionando le lancette su di un quadrante più esteso rispetto ai modelli dal diametro di 36 mm. Peraltro, una visualizzazione con tutti gl’indici luminescenti, non si vedeva dal 1989.
Il nuovo Explorer, ref. 124273
Il lavoro della Maison sulla leggibilità, sulla solidità, sulla resistenza e, evidentemente, sulla qualità assoluta del movimento dell’Oyster Perpetual Explorer è proseguito, e quest’anno, come accennato, Rolex ne ha mostrato i risultati, con, in particolare, la nuova versione in Rolesor giallo: acciaio Oystersteel (inossidabile, più robusto e luminoso dell’acciaio comunemente utilizzato dalle Case al top del livello) e oro giallo a 18 carati, una firma del brand dal 1933, data in cui il nome è stato registrato. Nello specifico, la ref. 124273 presenta, in oro giallo, lunetta lucida a spiovente, corona di carica e gli elementi centrali lucidi del bracciale Oyster, mentre in Oystersteel sono la carrure, il fondello e le maglie laterali satinate (sfacci lucidi) del bracciale. Elemento strutturale importantissimo è il ritorno della cassa, rispetto alla ref. 214270, agli originari 36 mm, con impermeabilità garantita fino a 100 metri. Sono stati mantenuti il fondello con scanalature sottili, avvitato ermeticamente con un apposito strumento, la corona di carica Twinlock, a vite e dotata di un sistema di doppia impermeabilizzazione, il vetro in zaffiro antiscalfitture. Sul quadrante laccato nero, innanzi tutto, il nome Explorer, torna in alto, sotto l’indicazione “Oyster Perpetual”, e la sfera delle ore Mercedes, presenta la punta più allungata e affilata, rispetto alla variante immediatamente precedente. Sui numeri arabi (3, 6 e 9), sugl’indici a barretta e sulle lancette, è stata adattata la luminescenza Chromalight di lunga durata, ad emissione blu, di nuova generazione e particolarmente efficace (dal bianco più vivo quando non sollecitata dalla luce).
Relativamente al movimento, ecco un’ulteriore variazione: al posto del calibro di manifattura 3132, è stato impiegato il calibro automatico di manifattura 3230, anch’esso di ultima generazione, presentato nel 2020 con, ovviamente, il rotore bidirezionale Perpetual, e il dispositivo per il blocco dei secondi, a corona estratta in prima posizione, per una precisa regolazione dell’ora. A fronte di connotati consolidati, come i 31 rubini, il bilanciere di grandi dimensioni ad inerzia variabile (taratura mediante 4 dadi Microstella in oro), con ponte passante e oscillante a 28.800 alternanze/ora, dotato di spirale Parachrom blu, in lega paramagnetica – prodotta da Rolex, fino a dieci volte più precisa di una spirale tradizionale in caso di urto – con curva terminale Rolex, e di dispositivo antiurto Paraflex ad alto rendimento, brevettato dalla Casa, Rolex, nel 3230, ha inserito lo scappamento Chronergy, brevettato, a garanzia di un elevato rendimento energetico, realizzato in lega di nichel-fosforo, insensibile ai campi magnetici. In conseguenza di ciò e grazie alla nuova architettura del bariletto, il calibro vanta una riserva di carica di circa 70 ore, in luogo delle 48 ore del calibro 3132. Confermata, poi, affidabilità, solidità e comfort del succitato bracciale Oyster (lo ricordiamo, sviluppato da Rolex alla fine degli anni ’30), il cui sistema di fissaggio invisibile garantisce un’ottima continuità di linea con la cassa. Dotato di chiusura pieghevole con fermaglio di sicurezza Oysterlock, dispone della maglia di prolunga rapida Easylink, elaborata dal brand, che permette di regolarne facilmente la lunghezza di circa 5 mm.
Infine, il nuovo Oyster Perpetual Explorer, come tutti i Rolex (garanzia internazionale di cinque anni), vanta la certificazione di Cronometro Superlativo, ridefinita dalla Maison ginevrina nel 2015, e riferita all’orologio assemblato, con movimento incassato. Ciò significa che, dopo una serie di severi test, la precisione garantita è nell’ordine di –2 /+2 secondi al giorno, di gran lunga inferiore a quello ammesso dal Contrôle Officiel Suisse des Chronomètres (COSC, -4/+6 secondi al giorno) per la certificazione ufficiale del solo movimento.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
Nessun commento