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Patek Philippe, ref. 2523, “The Silk Road” in oro ...

Patek Philippe, ref. 2523, “The Silk Road” in oro giallo

Lo scorso 8 maggio, a Ginevra, la Casa d’Aste Phillips, durante la Geneva Auction XIII, ha battuto per 7.048.000 franchi svizzeri, uno dei modelli più ricercati al mondo sotto il profilo collezionistico, ossia la ref. 2523 di Patek Philippe, Ore del Mondo a due corone, in oro giallo, risalente al 1953, denominata “The Silk Road”, perché reca, sul quadrante, in smalto cloisonné, la massa continentale dell’Eurasia. Un motivo più che valido per analizzarla sia sotto il profilo storico, che tecnico. 

Lo scorso 8 maggio è stato un giorno molto importante per l’universo collezionistico orologiero: la Casa d’Aste Phillips, infatti, durante l’evento Geneva Auction XIII, ha aggiudicato, per l’eccezionale cifra di 7.048.000 di franchi svizzeri (la stima di partenza era di 3.500.000 franchi svizzeri) la referenza 2523 di Patek Philippe, Ore del Mondo a due corone, denominata “The Silk Road”, per recare, sul quadrante, in smalto cloisonné, la massa continentale dell’Eurasia. Si tratta di uno dei modelli più ricercati al mondo tra i collezionisti top. L’orologio è stato accompagnato dall’Estratto dell’Archivio di Patek Philippe, che ne conferma la produzione nel 1953 e la sua successiva vendita il 7 dicembre 1954. Il fatto che sia stato proposto rarissime volte in asta, significa che quando un collezionista riesce ad acquistarne uno, non lo lascia quasi mai. Infatti, la maggior parte delle Ore del Mondo con quadrante cloisonné è stata oggetto di serrate battaglie tra appassionati negli anni ’90/primi anni 2000 e, negli ultimi 20 anni, esemplari similisono stati battuti all’asta solo 4 volte: nel 2002 (quadrante Eurasia), nel 2006 (quadrante Nord America), nel 2012 (quadrante Nord America, ma diverso) e, 2021, l’esemplare oggetto di questo approfondimento. Un trend che incrementa esponenzialmente l’aura mitica che avvolge tali modelli. Questa ref. 2523, precedentemente sconosciuta, è stata “scoperta” in Europa, avendo fatto parte di un’importante collezione italiana fino alla metà degli anni ’90, quando è stata acquisita dall’ultimo proprietario che ha deciso di proporla in asta, attraverso Phillips.  

Le sue caratteristiche generali sono le seguenti: ref. 2523; anno 1953; 36 mm di diametro; movimento n. 720.301; cassa n. 306.193; materiale, oro giallo a 18 carati; movimento manuale, calibro 12’’’400HU, 18 rubini; cinturino in pelle personalizzato Patek Philippe in marrone, giallo e verde pistacchio; fibbia ad ardiglione in oro a 18 carati. La ref. 2523 di Patek Philippe, potremmo definirla, “Orologio del Graal”. Probabilmente, è difficile trovare un termine più abusato nel mondo del collezionismo di orologi, ma questo è uno dei pochissimi casi in cui la parola può essere utilizzata con il suo significato originale, non edulcorato: questo esemplare è – in buona sostanza – uno degli orologi più ricercati, “quasi” introvabili e leggendari nel mondo. Pochi paralleli si possono individuare in termini di pura importanza orologiera (almeno nell’ambito dei segnatempo prodotti in serie, senza considerare gli orologi di provenienza storica o i “pezzi unici): in tal senso, potremmo citare il Rolex, ref. 6062 con quadrante nero e indici in diamanti, oppure il Patek Philippe, ref. 1518 (cronografo con calendario perpetuo), in acciaio.

Patek Philippe, Ore del Mondo a doppia corona, “The Silk Road”, in oro giallo da 36 mm, ref. 2523, risalente al 1953; movimento manuale di manifattura, calibro 12’’’400HU (18 rubini).  Quadrante smaltato Cloisonné al centro, a riprodurre la mappa dell’Eurasia. Movimento n. 720.301; cassa n. 306.193. Aggiudicato dalla Casa d’Aste Phillips, lo scorso 8 maggio a Ginevra, per 7.048.000 franchi svizzeri (stima di 3.500.000 franchi svizzeri).  

 

BACKGROUND STORICO

Al fine di sottolineare l’eccezionalità e la rarità di questo segnatempo, è bene approfondirne il contesto storico e costruttivo. La complicazione è definita originariamente dalla presenza di due anelli: uno fisso – ma regolabile – con i 24 fusi orari; un secondo anello delle 24 ore, solitamente diviso in metà notturna e diurna, per una più agevole leggibilità,  girevole in senso antiorario. Questo semplice, ma geniale sistema permette di leggere l’ora esatta di ogni città sul rispettivo segmento adiacente l’anello delle 24 ore. La complicazione dell’ora mondiale è una diretta conseguenza dei progressi nel campo della tecnologia della comunicazione. Mentre, oggi, è correttamente identificata come un device utile per il viaggiatore, il suo scopo originario era, infatti, più “statico”: i primi esemplari non avevano nemmeno un sistema per regolare il fuso orario. Nella sua prima interpretazione, il modello “Ore del Mondo” intendeva consentire alle persone con interessi/affari a livello internazionale di monitorare simultaneamente il tempo in tutto il mondo, per non rischiare di chiamare qualcuno fuori dall’orario di ufficio o durante la notte. Questo è il motivo per cui l’orologiaio Louis Cottier mise a punto il suddetto sistema negli anni ’30, quando le telecomunicazioni intercontinentali cominciavano ad essere più frequenti. Tuttavia, molto rapidamente, nell’evoluzione della complicazione, fu introdotto l’anello girevole della città, “consacrando” così, per sempre, l’Ora del Mondo, come segnatempo del globetrotter. Nello specifico, infatti, la ref. 2523 rappresenta lo step finale (nei modelli da polso vintage), di un processo di perfezionamento iniziato due decenni prima. I primissimi esempi di Patek Philippe da polso in cui venne adottato il suddetto dispositivo “Ore del Mondo”, prevedevano un anello fisso delle città  (come sopradetto, senza la possibilità di modificare agevolmente il fuso orario locale) ed erano sostanzialmente dei pezzi unici, come la referenza 515 (rettangolare), due esemplari modificati della ref. 96 (96HU), e le ref. 542 e 1416 – due serie di 3 pezzi, probabilmente, eseguiti per test di mercato -, unitamente a una serie di tre prototipi della ref. 1415, funzionali alla commercializzazione. In tal senso, il primo modello prodotto in serie fu la ref. 1415, con un diametro contenuto in 31 mm e una lunetta girevole, che permetteva di modificare facilmente il fuso orario. In effetti, si rivelò un discreto successo – per un modello così innovativo e poco “tradizionale” -, con circa 115 pezzi realizzati, per lo più, negli anni ’40. L’evoluzione della ref. 1415, ossia la ref. 2523 è lontanissima dal suo predecessore, in termini di design. Presenta una cassa da 36 mm, oversize per l’epoca, due corone (una destinata a regolare la ghiera delle città) e una “fascia” delle città, che diviene parte integrante del quadrante, anziché essere incisa sulla lunetta (un sistema a “innesti e incavi”, permetteva all’anello della città di posizionarsi dolcemente in corrispondenza del fuso orario corretto, un dettaglio che conferma l’attenzione e la cura che Patek Philippe dedicò a questa complicazione). Come evidenziato poc’anzi, un esemplare così raffinato, ma fuori dai canoni richiesti all’epoca, è divenuto, oggi, un’icona, ma, nei primi anni ‘50, in anticipo sui tempi, si tradusse in un disastro commerciale, determinandone una limitatissima produzione. Venne lanciata anche una versione leggermente modificata (ref. 2523-1), ma l’esito fu lo stesso. Comunque sia, l’importanza di questo modello è ben riconosciuta da Patek Philippe: 3 esemplari sono ospitati nel Museo ginevrino della Maison. Questa cifra equivale, più o meno, al 10% della produzione totale, facendo di questo orologio quello con il più alto rapporto tra esemplari presenti in museo e versioni realizzate effettivamente, tra le referenze prodotte in serie (il termine “in serie”, evidentemente può considerarsi un eufemismo, dato che tali esemplari erano, per lo più, fatti a mano da Louis Cottier. Ma chi era Louis Cottier?

Calibro 12’’’400HU (n. movimento 720.301), meccanico manuale, 18 rubini. Fu elaborato sulla base solotempo 12’’’400 da Louis Cottier, adattandovi il dispositivo “Ore del Mondo” da lui sviluppato. Architettura con ponti del treno del tempo divisi (bariletto, ruota mediana, ruota dei secondi e scappamento – con pietra di controperno), bilanciere con viti di compensazione e regolazione a vite micrometrica con molla di ritegno a collo di cigno. Ponti rifiniti a Côtes de Genève e platina a Perlage. 

 

LOUIS COTTIER

Nato a Ginevra nel 1894, dal costruttore di automi Emmanuel Cottier, Louis fu, dunque, in contatto con l’orologeria e la produzione di automi fin dall’inizio della sua vita. Si formò tecnicamente in orologeria presso l’École d’Horlogerie in Rue Necker, a Ginevra. Durante quegli anni, fu compagno di classe di Edouard Wenger – celebrato produttore di casse e amico per tutta la vita – ed il suo mentore e Maestro fu l’orologiaio Henri Hess, che tenne sempre in grande considerazione. Ricorderà in seguito: “Nel 1908, noi (Edouard e I) eravamo fianco a fianco nella classe di Henri Hess. … Nessun’altro maestro ha lasciato un segno così profondo e duraturo come ha fatto lui.” Dopo essersi diplomato, lavorò per Jaeger fino al 1931, quando la Grande Depressione gli fece perdere il lavoro e successivamente aprì il suo negozio a Ginevra al 45 di Rue Vautier. Fu, comunque, l’introduzione del sistema delle Ore del Mondo, quello stesso anno (brevetto n. 270085), che rese celebre e riconosciuto il suo nome. L’ispirazione per la messa a punto di tale complicazione gli venne a motivo del tentativo fallito di suo padre di affrontare lo stesso problema. Quando fu introdotta, come abbiamo già rilevato, la worldtime complication era una complicazione davvero nuova, con un layout estetico decisamente innovativo e rispondeva a un’esigenza precedentemente inesistente. L’iniziale effetto novità fu, dunque, un successo, e tra i clienti di Cottier c’erano anche aziende come Vacheron Constantin, Longines e Rolex. Nel 1947 si trasferì in Rue Ancienne 20, sempre a Ginevra, e iniziò a industrializzare e migliorare la sua metodologia di produzione. È in questi anni che ottenne la fiducia del fondatore di Rolex, Hans Wilsdorf al punto che, anche grazie alla raccomandazione dello storico dell’orologeria Alfred Chapuis, venne nominato curatore della sua collezione, incarico a lui molto congeniale, dato il suo grande amore per la storia dell’orologeria, in particolare, per quella ginevrina. La sua fama in questo campo era così riconosciuta, che importanti collezionisti si rivolgevano a lui chiedendo non solo restauri, ma anche ricerche storiche sui loro orologi. Inoltre, era anche un talentuoso pittore e acquarellista. Continuò a sviluppare nuove soluzioni orologiere, principalmente per Patek Philippe, come l’aggiornamento a due corone del suo sistema dell’ora mondiale (1950), che vediamo nella ref. 2523, un modello da polso del 1954 con doppio quadrante, ma movimento singolo (un prima mondiale) e, nel 1958, un esemplare a ore lineari (ispirò, successivamente, la collezione “Cobra” di Urwerk). Il suo ultimo contributo alla storia dell’orologeria arrivò nel 1959, quando brevettò il sistema “travel time” a doppio fuso con ora saltante, adottato specificamente sulla ref. 2597 di Patek Philippe. Morì il 16 settembre 1966 a Carouge, il quartiere ginevrino dove visse e lavorò praticamente per tutta la vita. 

Procediamo ora, con l’analisi tecnica della ref. 2523, oggetto del presente approfondimento.

Incisione sotto l’ansa, in alto a sinistra, a confermare l’impiego dell’oro giallo a 18 carati. 

Sul fianco dell’’ansa, in alto a destra, particolarità unica per una ref. 2523 di Patek Philippe, ossi una marcatura che indica, molto probabilmente,  l’importazione del paese di destinazione originale del pezzo. 

 

ANALISI TECNICA

Cassa

Realizzata dal ginevrino Antoine Gerlach, propone uno dei design Patek Philippe più complessi e affascinanti. Già, l’inclusione di una seconda corona – a rendere questo esemplare, l’unico di Patek Philippe,  vintage, a quadrante singolo con due corone – era estremamente all’avanguardia, per lo standard della Maison ginevrina. Anche l’elevato diametro di 36 mm era destinato a destare stupore, soprattutto in quanto riferito ad un elegante orologio da sera di Patek Philippe in oro. Tuttavia, è il design delle anse, l’elemento destinato a rappresentare una delle architetture più innovative e ardite – ci sono voluti decenni perché venisse apprezzata appieno – adottate dal marchio. In sintonia con l’atmosfera modernista dei primi anni ’50, le anse sono uno scultoreo trionfo di sfaccettature e spessori (in particolare la sporgenza rispetto la carrure): un design tanto particolare nella sua complessità quanto sensibile alla lucidatura, con gli spessori in oro che appaiono morbidi e arrotondati, perdendo facilmente il loro impatto angolare. Fortunatamente, nella ref. 2523 aggiudicata da Phillips, l’intera cassa è splendidamente conservata e la costruzione delle anse emerge con grande chiarezza. La presenza del caratteristico sigillo distintivo dell’oro sotto l’ansa – in alto a sinistra – è un’ulteriore testimonianza di quanto questo pezzo sia stato curato nel corso degli anni. Inoltre, lo specifica referenza 2523 in oggetto, presenta una particolarità mai osservata su nessun altro 2523 fino ad oggi: l’ansa in alto a destra è stampata all’esterno con un marchio, molto probabilmente, ad indicare l’importazione del paese di destinazione originale del pezzo. 

Sul fronte anteriore del calibro, rifinito a Perlage, ecco l’incisione del numero del movimento, ossia 720.301.

Movimento

L’esecuzione complessiva dell’orologio è, ovviamente, sotto il profilo tecnico, di altissimo livello. L’esemplare è animato da uno dei movimenti “solotempo” più affidabili di Patek Philippe dell’epoca, il calibro 12’’’400,  da 12 linee, modificato personalmente da Louis Cottier, l’inventore del sistema “Ore del Mondo” in esso adattato: Cottier, infatti, insistette per eseguire personalmente l’assemblaggio finale di ogni singolo pezzo, e per realizzare a mano le lancette. Andando oltre la consueta qualità top assicurata da Patek Philippe, la produzione limitata e i quadranti diversamente decorati hanno fatto sì che ciascuno di questi orologi fosse trattato praticamente come un Pièce Unique (i componenti più importanti del movimento e del quadrante sono stati rifiniti a mano e legati univocamente a ciascun orologio). Il numero del movimento è presente, praticamente, su tutte le parti principali, tra cui: disco 24 ore (numero del movimento stampigliato sul fronte inferiore e, poi, ultime 2 cifre ripetute sull’anello metallico con la dentatura), anello delle città (inciso a mano sul piano inferiore), ingranaggio dentato per l’anello delle città (inciso a mano sul fronte superiore), movimento (entrambi i fronti) e, ovviamente, sul piano inferiore del disco smaltato (insieme al monogramma “LC” di Louis Cottier). Il numero della cassa è proposto, oltre che all’interno del fondello come di consueto, anche all’interno della lunetta (ultime 3 cifre incise a mano due volte, in numeri romani e in numeri arabi) ed è stampigliato anche sul sostegno del movimento. Osservando quest’ultimo, infine, possiamo verificare una costruzione con ponti del treno del tempo divisi (bariletto, ruota mediana, ruota dei secondi e scappamento (con pietra di contro perno), e il bilanciere è con viti di compensazione e regolazione a vite micrometrica con molla di ritegno a collo di cigno.

Sul fronte posteriore del disco del quadrante (si notano i fori in corrispondenza degl’indici – ai quarti, a numeri romani), ritroviamo l’incisione del numero del movimento, ossia 720.301.

 

Quadrante

La ref. 2523 (o 2523-1), in qualsiasi espressione e interpretazione, è considerata dai più importanti collezionisti mondiali, e lo abbiamo sostenuto in apertura,  uno dei vertici di Patek Philippe. Tuttavia, le versioni con quadrante Cloisonné hanno raggiunto uno status leggendario sin dall’inizio, per la loro artistica unicità. In particolare, una ref. 2523 Cloisonné è stata presentata sulla copertina dell’asta tematica “The Art of Patek Philippe” tenutasi nel 1989, per celebrare il 150° anniversario della Maison. Sono diverse le tecniche di smaltatura applicate all’orologeria. Un elenco delle più note includerebbe: Grand Feu, ossia smalto semplice (monocromatico, solitamente bianco); Flinqué, ossia smalto trasparente applicato su di una base in metallo trattato guilloché; Champlevé, ossia smalto applicato su settori intagliati all’interno di una lastra di metallo; Cloisonné, ossia smalto applicato su scomparti (cloisons) ottenuti mediante sottilissimi filo d’oro; Miniatura, ossia una scena fotorealistica dipinta a smalto. La tecnica di smaltatura Cloisonné è rinomata nel mondo del collezionismo di orologi, per l’assoluta padronanza del mestiere necessaria per piegare i fili d’oro micrometrici nella forma richiesta e, poi, per la precisione nel riempire le “zone” create con le polveri di smalto di diverso colore (per non parlare dell’incubo nel gestire correttamente la cottura degli smalti Cloisonné nel forno). Ed anche l’effetto artistico è affascinante. Non si può parlare, però, di smalto senza menzionare la differenza tra smalto vintage e moderno. Poiché alcuni dei componenti originariamente utilizzati per la smaltatura (come cromo e piombo) erano ritenuti troppo pericolosi per gli smaltatori – rischiavano di inalare le polveri durante l’esecuzione – furono banditi dai governi, e i produttori dovettero trovare delle alternative. Sfortunatamente, però, c’era un motivo per cui venivano impiegati quei materiali specifici: essi conferivano allo smalto una maggiore profondità e un migliore effetto  traslucido che, purtroppo, le soluzioni moderne non possono eguagliare. Dato il loro costo e la difficoltà tecnica, i quadranti Cloisonné erano solitamente destinati a esemplari “solotempo”, molto probabilmente per massimizzare la superficie disponibile per l’intervento artistico e ridurre al minimo i fori sul quadrante. Ecco, nell’intero panorama degli orologi da polso vintage, c’è una sola eccezione a questa regola, che che possa venire in mente: le ref. 2523 Cloisonné, gli unici modelli vintage che fondono l’aspetto tecnico dell’orologeria complicata e l’anima squisitamente artistica di uno smalto Cloisonné. Tenendo conto di ciò, è più chiaro il motivo per cui questi pezzi,  rarissimi,  sono da molti considerati l’ultima frontiera del collezionismo. Come accennato, per questo modello sono stati realizzati tre disegni Cloisonné, tutti rappresentanti mappe geografiche: una versione del Nord America, una versione del Sud America e la mappa dell’Eurasia presente nell’esemplare illustrato. Sebbene il suo focus sia senza dubbio sull’Europa (e, in effetti, è descritto come tale negli Archivi Patek Philippe), l’area presa in considerazione si estende oltre i confini del Vecchio Continente, al punto da essere definita come “Eurasia” dai collezionisti. Osservando nel dettaglio il disegno cartografico della ref. 2523 ad includere parte dell’Asia, possiamo immediatamente e facilmente distinguere l’Italia (anche la Sicilia), la Spagna, la Francia, le isole britanniche e irlandesi e le penisole scandinava e danese e, poi, le terre dell’Estremo Oriente: infatti, intenzionalmente o casualmente, la costa  orientale della massa continentale asiatica è incontestabilmente fedele al tratto descritto dalla costa asiatico/pacifica. Proprio a motivo di questa mappa, il pezzo in oggetto è stato soprannominato “The Silk Road” (La Via della Seta), a collegare l’Europa e l’Oriente. Vale la pena ricordare che il quadrante colorato conferisce al segnatempo una versatilità, quasi mai riscontrabile su orologi di questa importanza. Ecco perché, l’esemplare viene fornito con 3 cinturini personalizzati Patek Philippe: uno marrone per le occasioni più serie; altri due, più freschi e accattivanti, in armonia cromatica con la tavolozza dello smalto, ossia giallo senape e verde pistacchio.

Il numero del movimento, scritto a mano, sul piano inferiore dell’anello dentato delle città.

Disco delle 24 ore e anello metallico con la specifica dentatura, stampato con le ultime due cifre del numero del movimento.

DETTAGLI PRODUTTIVI E NUMERI

La referenza 2523 è stata dotata – nonostante i suoi bassi numeri di produzione – di una serie di quadranti diversi (sorprendentemente, nessuno di questi è il quadrante “argentato” standard): oltre ai quadranti Cloisonné, sono stati utilizzati il ​​motivo guilloché e lo smalto blu traslucido. Inoltre, la referenza è stata realizzata in tre metalli: oro giallo, oro rosa e oro bianco. È evidente che una tale pletora di variazioni ha costutuito uno sforzo – in definitiva, vano – per cercare d’ingraziarsi un mercato che aveva riservato un’accoglienza meno che tiepida all’orologio. Curiosamente, la referenza 2523-1 presenta solo quadranti argenté semplici o quadranti guilloché. Analizzando l’elenco completo di tutti i modelli, ref. 2523, conosciuti, la produzione dei movimenti di riferimento 2523 è stata realizzata in due lotti, uno a partire dal movimento n. 720.300, e l’altro, dal n. 722.700.  L’ultimo numero di movimento noto del primo lotto è 720.304 e, poi, il movimento 720.312 è abbinato ad una ref. 96, quindi la produzione totale del primo lotto è compresa tra 5 e 12 pezzi: tutti i quadranti Cloisonné con la mappa dell’Eurasia provengono da questo lotto. Relativamente al secondo lotto, l’ultimo numero di movimento noto è il 722.719 e il movimento 722.724 appartiene  alla ref. 2431: dunque, la produzione totale di questo lotto è compresa tra 20 e 24 pezzi. Tutte i quadranti Cloisonné con mappe “americane” conosciute provengono da questo lotto. Di conseguenza, la produzione totale, per la ref. 2523, è stimabile tra i 25 e 36 pezzi, uno dei quantitativi più bassi per qualsiasi modello prodotto in serie.

Delle ref. 2523 conosciute, solo 12 hanno il quadrante in smalto Cloisonné:

– 6, con mappa del Nord America: 3 in oro giallo, 2 in oro rosa, 1 in oro bianco;

– 3, con mappa del Sud America: 2 in oro giallo, 1 in oro rosa;

– 3, con mappa dell’Eurasia, compresa quella battuta da Phillips, tutte in oro giallo.

È interessante notare che le casse sembrano recare, per lo più, numeri consecutivi, ma assegnati in modo casuale ai movimenti, soprattutto per il primo lotto. Il primo numero di cassa noto è relativo ad una variante in oro giallo, ossia n. 305.699: un valore anomalo, forse un test finale eventualmente impiegato in produzione (e utilizzato per il primo movimento, n. 720.300). Fino alla scoperta dell’orologio aggiudicato da Phillips, il numero della prima cassa conosciuta, nel contesto del lotto principale, era 306.197 (abbinato al movimento 720.303). La cassa dell’esemplare in oggetto, tuttavia, è antecedente (306.193): diviene, quindi, il primo esemplare conosciuto del lotto principale che, date le informazioni attualmente disponibili, sembra recare numeri compresi tra 306.193 e 306.212, per casse in oro giallo, e quindi da 306.213 ad almeno 306.220, per casse in oro rosa (l’unica cassa in oro bianco è un valore anomalo, con il numero 307.475). Inoltre, poiché il movimento numero 720.000 è un noto orologio con quadrante guilloché, l’attuale pezzo con movimento n. 720.301 è il primissimo ref. 2523 con quadrante Cloisonné mai prodotto. 


Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia

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