La tradizione della Maison di Saint-Imier nel segmento egli orologi subacquei ha avuto inizio più di 80 anni fa ed il lancio dei nuovi Legend Diver, c’impone di ripercorrere un’evoluzione che ha dato un notevolissimo contributo allo sviluppo di soluzioni d’avanguardia per garantire la massima sicurezza e resistenza di tali, particolari segnatempo.
Longines, nei suoi esemplari della linea Heritage, rende omaggio allo spirito d’avanguardia che ne caratterizza l’attività fin dalla fondazione. In tal senso, il brand ha raccontato il tempo d’imprese nei cieli, sulla terra e nelle profondità marine. Si tratta, dunque, di una collezione, che costituisce una componente fondamentale dell’offerta Longines sul mercato, per motivi che vanno ben oltre il riscontro commerciale, ma investono l’importante lavoro di comunicazione della tradizione di una Maison, che ha scritto pagine fondamentali nella storia dell’orologeria di qualità. In questa sede, concentriamo l’attenzione sui modelli Diving, il cui know-how affonda le radici fino al 1937. Quell’anno Longines presentò il primo cronografo al mondo con pulsanti, a forma di fungo”, dotati di brevetto funzionale alla qualifica “waterproof” (presentato il 19 febbraio 1938, fu registrato il 15 dicembre 1938 e pubblicato dal Bureau Fédéral de la Propriété Intellectuelle elvetico il 1 marzo 1939). Si trattava della ref. 4270 da 38 mm, ben nota ai collezionisti, equipaggiata con il “leggendario” (si può dire senza tema di smentita) calibro manuale 13ZN (evoluto anche con la funzione flyback).
All’epoca, erano poche le manifatture orologiere in grado di elaborare movimenti cronografici e l’effettivo avvio produttivo del modello con doppio pulsante brevettato in termini d’impermeabilità (il 13ZN poteva adattarsi anche su di uno schema monopulsante), venne definito durante una riunione operativa nel gennaio del 1938. Nello specifico del suddetto brevetto, aveva per oggetto “un pulsante il cui corpo è fissato sull’estremità esterna di un ‘tige’, la cui estremità interna interagisce su di un meccanismo che comanda e limita l’azione di richiamo del corpo-pulsante, essendo corpo e tige inseriti ciascuno in un corrispondente foro nel tubo di guida montato su di un’apertura esterna dell’orologio”. Proseguendo: “L’invenzione ha come obiettivo la creazione di un pulsante nel quale i componenti che assicurano l’impermeabilità, sono studiati per evitare l’impiego di una normale molla di richiamo del pulsante stesso. A tal fine, è caratterizzata da una guarnizione d’impermeabilità a sezione cilindrica in materiale elastico e impermeabile, inserita in uno spazio chiuso previsto tra il corpo-pulsante e il tige del pulsante, il tutto evidentemente alloggiato all’interno del tubo di guida, in modo che tale guarnizione di tenuta venga schiacciata assialmente, deformandosi elasticamente, in detto spazio chiuso, quando viene esercitata una pressione sul corpo-pulsante, per poi riprendere la sua forma normale non appena la pressione cessa: in sintesi, la guarnizione funziona da elemento di richiamo per riportare il corpo-pulsante e il tige nella posizione originale”.
La Maison di Saint-Imier, successivamente, cosciente che l’impermeabilità stava divenendo, sempre di più, un criterio di qualità, e spinta dalle esigenze belliche, tra il 1942 e 1943 partecipò attivamente alle forniture per la British Royal Navy, in particolare per gli uomini “rana” addestrati per muoversi sugli Stothard & Pitt “chariots” (copia quasi identica dei “maiali” italiani), per i quali non si riuscivano a trovare orologi da polso in grado di funzionare per ore sotto il livello del mare senza subire conseguenze: gli unici erano i Panerai, in dotazione alla Marina italiana. Così, sulla base di un’esperienza quasi centenaria nel realizzare segnatempo con requisiti di resistenza in ambienti estremi, gli Inglesi decisero di svilupparli “in casa”, partendo da modelli da tasca prodotti per la Royal Geographical Society, con fondo avvitato e corona protetta da un tappo chiuso sopra di essa a vite e collegato alla cassa mediante una catenella. Il principale artigiano in grado di produrre tali casse era Albert Thomas Oliver (sigla ATO) e fu a lui che la Royal Navy si rivolse per raggiungere il suo obiettivo: la differenza sostanziale con i succitati esemplari da tasca era costituita dalle guarnizioni di tenuta sul fronte e sul retro della carrure, non più in pelle impregnata d’olio (doveva essere costantemente lubrificata), ma in gomma, mentre delle scanalature, proprio sulla carrure, sempre fronte e retro, permettevano di avvitare le componenti aumentando notevolmente l’impermeabilità. La produzione di Oliver era talmente artigianale che tutte le componenti fatte a mano non erano necessariamente intercambiabili: dunque, ad ogni singolo orologio ed alle sue parti veniva assegnato e inciso un numero di serie. La cassa, da 51 mm (17 mm di altezza), era in argento sterling (anche se non compariva alcuna marcatura) e l’assegnazione governativa inglese era certificata dalla presenza del suo timbro, la ben nota “Broad Arrow”, sul fondello. Evidentemente, come già evidenziato per il modello da tasca ispiratore, la corona era collocata, al 3, all’interno di un tubo con cappuccio di protezione avvitato, agente su di un’ulteriore guarnizione e assicurato alla carrure con una catenella; lunetta e fondello erano sempre a vite e il cinturino scorreva su anse a filo (comunque, spesse più di 2 mm). All’interno del fondello vi era incisa la sigla ATO, suindicata, riferita a colui che aveva prodotto la cassa. Il quadrante, nero mat, prevedeva indici a barretta e numeri arabi ai quarti, con lancette Skeleton, il tutto rivestito con radio. In quanto al movimento, ecco il contributo di Longines, con il suo calibro manuale 12.68N, privo di antiurto sull’asse del bilanciere, da 27 mm, sul quale torneremo in seguito. Ad oggi, sono stati ritrovati quattro esemplari di questo modello, con numeri di serie, da 306 a 338, e si presuppone se ne siano prodotti non più di 50 pezzi. Va sottolineato che, sul fondello, accanto alla “Broad Arrow”, comparivano le lettere “H” e “S”: ciò voleva dire che gli orologi vennero forniti specificamente all’Hydrographic Survey Department della Royal Navy. Questo dipartimento era responsabile della mappatura e della cartografia nautica degli oceani e a livello costiero, comprese l’elaborazione di tavole delle maree, tracciando le profondità dei fondali, la presenza di secche, di formazioni insulari. Il suo lavoro risultò particolarmente utile per la preparazione dello sbarco in Normandia nel 1944: tra il novembre del 1943 e il gennaio 1944, l’HSD effettuò sei rilevamenti al largo delle coste della Normandia e vicino ad esse, raccogliendo campioni di sabbia.
Lo stesso movimento, il 12.68N equipaggiò anche il Longines COSD, ref. 2340, a partire dal 1944: il COSD, Company Ordinance Supply Depot, era il dipartimento responsabile dell’equipaggiamento per i militari delle British Special Air Forces. Si trattava di un orologio in ottone nichelato e satinato, con cassa sovradimensionata (fornita da Dennison Watch Case Co.), il cui movimento era sospeso all’interno della carrure, al fine di far assorbire sulla cassa e non sul meccanismo, gli shock derivanti dagli atterraggi anfibi con il paracadute; il vetro era fissato da sotto, la corona sovradimensionata e la chiusura del cinturino era stata rinforzata. Riguardo al quadrante, era luminoso, con Broad Arrow sotto il logo Longines, lancette scheletrate e indicazione oraria 24 ore su doppio giro (con quello interno in rosso). Tale modello era stato pensato per le dotazioni finalizzate al D-Day (6 giugno 1944), lo sbarco in Normandia, ma è più probabile che furono al polso delle truppe aviotrasportate durante l’operazione Market Garden ad Arnhem, nel settembre del 1944, con l’obiettivo di distruggere i ponti tedeschi in Olanda. Ci sono dubbi, però, anche su questa seconda ipotesi (avvalorando la tesi secondo la quale solo pochi COSD 2340 vennero utilizzati durante il secondo conflitto mondiale), poiché le prime forniture dei calibri Longines 12.68N (1.500 pezzi) destinate all’Inghilterra, stando ai registri, risalgono al dicembre del 1944 e furono stoccate a Berna prima di partire alla volta del Regno Unito nel marzo/aprile del 1945. In ogni caso, il calibro 12.68N, assai robusto e resistente agli urti (dispositivo antiurto sull’asse del bilanciere) era in produzione da Longines dal 1939. Ed arriviamo, così, al 1958, anno in cui Longines presentò il suo primo, vero e proprio orologio subacqueo per uso civile, il Nautilus Skin Diver, ref. 6921: la produzione era cominciata in gennaio e la cassa era stata realizzata, come anche nel caso del successivo subacqueo, la rinomata referenza 7042 del 1959, dalla E. Piquerez SA, azienda situata a Bassecourt, nel distretto di Délemont, a una trentina di chilometri da Saint-Imier, sede di Longines. In acciaio, sviluppata su di un diametro di 40 mm (13,4 mm di spessore), garantiva un’impermeabilità fino a 12 atmosfere. Dotata di fondello a vite con motivo subacqueo in rilievo e lunetta nera girevole bidirezionale – punto luminescente riempito con radio, così come indici e lancette -, graduata con la scala sessagesimale, disponeva del movimento meccanico automatico, calibro 19AS, scorrente su 19 rubini. La stessa Piquerez, sulla ref. 6921, applicò la tecnologia “Compressor” (per la quale aveva depositato il brevetto il 6 marzo del 1956) con chiusura “a baionetta” del fondello e non a vite: all’aumentare della profondità, la maggiore pressione determinava l’espansione della guarnizione O-Ring per una chiusura ancor più ermetica su di un punto critico come il fondello. La presenza di un simile dispositivo era confermata da una finitura a tratteggio incrociato sulla corona. Tra il 1958 e il 1959 furono prodotte tre serie della ref. 6921: 6921-1, 6921-2, 6921-3.
Come accennato, nel 1959, fu introdotta la referenza 7042, che segnò una svolta nel diving concept di Longines. Infatti, pur mantenendo il calibro automatico 19AS, Longines, in collaborazione con Piquerez, intervenne sul design della cassa, sempre impermeabile fino a 120 metri, ampliata a 42 mm, ma adottò un’evoluzione della tecnologia “Compressor”, denominata “Super-Compressor” (uno step intermedio fu costituito dalla “Compressor 2”, con quattro viti di chiusura sul fondello), seguendo sempre l’assunto della proporzionalità diretta tra aumento della pressione e incremento della tenuta impermeabile: il fondello era serrato a vite, ma prevedeva una molla al suo interno, in modo da stringerlo sulla carrure, senza serrarlo completamente, offrendo una sorta di “molleggio” del fondo sulla guarnizione O-Ring. L’ulteriore elemento innovativo fu l’introduzione di un rehaut interno girevole (bidirezionale) graduato con scala sessagesimale – governato da una specifica corona al 4 -, per la selezione dei tempi in immersione, in luogo della ghiera esterna bidirezionale, maggiormente soggetta a potenziali danneggiamenti in corso d’impiego sott’acqua: la corona al 2 svolgeva le tradizionali funzioni di ricarica manuale e di messa all’ora. Tale sistema, la Maison lo aveva già impiegato, nel 1935, nei modelli “pilot”, ref. 3772 e ref. 3775. Sul fronte estetico, per la prima volta, sugl’indici a numeri arabi ai quarti, in un quadrante nero brillante, compaiono le barrette luminescenti. Furono quattro le serie prodotte della ref. 7042: da 7042-1 a 7042-4. Va detto, come già evidenziato, che tutte le casse realizzate dalla E. Piquerez SA recavano il fondello con un piccolo medaglione riproducente un subacqueo a rilievo. Dal 1960 al 1963, Longines produsse la referenza 7150, in acciaio da 42 mm, sempre a doppia corona e a ghiera girevole interna, ma animata dal calibro automatico di manifattura 290 (19.800 alternanze/ora), impermeabile fino a 120 metri, in cui si continuano a trovare le barrette sulle cifre arabe, il triangolo di riferimento sul rehaut, gl’indici e le sfere (ancora le ore a punta di lancia) luminescenti; un dettaglio importante sta nel fatto che, a partire dalla serie 7150-2, fu impiegato, per la luminescenza, il trizio in luogo del radio, le cui emissioni erano pericolosissime per l’uomo. Nel 1964, fu presentato il Longines Super-Compressor, referenza 7594 (va sottolineato, che esistono esemplari di Super-Compressor con referenza 7494, ma si tratta di un errore della Maison in fase di marcatura: la ref. 7494 non esiste e sono tutti ref. 7594), in cui vennero irrobustite le due corone: impiegava il calibro automatico 290, mentre l’impermeabilità fu portata a 200 metri. In conclusione, la configurazione a doppia corona e ghiera girevole interna fu replicata, nel 1971/72 in un Longines Diver Watch realizzato per la Royal Australian Navy, in cui il dato d‘impermeabilità era pari a 30 atmosfere, sul quadrante si trovava il datario al 3 ed erano assenti i numeri arabi ai quarti.
I calibri “diving” di Longines
Lungo l’excursus storico sull’evoluzione dei modelli diving di Longines, abbiamo citato principalmente quattro calibri di manifattura, che vennero adottati sul quella tipologia di orologi. Di ognuno, illustriamo qui di seguito le più importanti caratteristiche:
Calibro 13ZN: prodotto dal 1936 al 1942; meccanico cronografico manuale con funzione flyback; nella configurazione riguardante la ref. 4270, ad affissione bi-compax, con secondi crono centrali, minuti crono semi-istantanei al 3, secondi continui al 9 e scala tachimetrica periferica; 18.000 alternanze/ora e misurazione crono a 1/5 di secondo; diametro di 29,8 mm (13 ¼’’’ e altezza di 6,05 mm); 18 rubini; treno del tempo tradizionale, a 5 ruote; scappamento ad àncora a linea diritta; bilanciere monometallico con viti di compensazione; spirale in acciaio con curva terminale Breguet; dispositivo shock-resist; smistamento della cronografia via ruota a colonne.
Questo movimento fu introdotto in sostituzione del calibro di manifattura 13.33Z (lanciato nel 1913) e dei calibri cronografici da 13’’’ e 15’’’, che Longines acquistava dalla Valjoux. In quel periodo, vi era una grande richiesta di modelli crono ed erano poche le manifatture che avevano mezzi e know-how per realizzarli. Longines realizzò versioni monopulsante o a due pulsanti. Alla fine del 1937 fu messo in calendario, per l’inizio dell’anno successivo, l’avvio produttivo delle varianti con pulsanti impermeabili, il cui brevetto, come abbiamo indicato precedentemente, fu presentato il 19 febbraio 1938. Successivamente, il calibro 13ZN, fu ospitato su casse water-resistant, oppure venne utilizzato come base per movimenti solotempo dalle prestazioni cronometriche. Durante la Seconda Guerra Mondiale, ne venne elaborata una variante con il contatore delle ore crono ad ore 3 (su 12 unità) e con i minuti crono spostati al centro. Il calibro 13ZN, secondo i vertici Longines dell’epoca, fu giustificato specificamente per esigenze connesse al conflitto mondiale, terminato il quale i suoi costi, decisamente elevati, ne imposero la sostituzione. In tal senso fu avviato, nel 1944, lo studio di un nuovo movimento cronografico, più economico, che vide la luce nel 1947: era il calibro 30CH.
Calibro 12.68N: inizio produzione nel 1939; meccanico manuale; ore, minuti e secondi al centro; 18.000 alternanze/ora; diametro di 27 mm (12’’’ e altezza di 5,45 mm); 16 rubini; treno del tempo tradizionale, a 6 ruote; scappamento ad àncora a linea diritta; bilanciere monometallico con viti di compensazione; spirale piana auto-compensante; dispositivo shock-resist.
Questo calibro rientra nel progetto dell’epoca di Longines di semplificare i processi produttivi e di ridurne i costi, privilegiando meccanismi con secondi al centro (evitando la sovrapposizione del ruotismo sulla terza ruota). Il calibro 12.68N costituì una modifica strutturale del calibro 10.68Z del 1932: il dispositivo di ricarica era a vista, il ponte centrale era molto grande e quello del treno del tempo era costruito per consentire l’ingaggio diretto della terza ruota con il pignone della ruota dei secondi centrali. In sostanza, questo calibro era identico al 10.68N (diametro di 23,3 mm), prodotto nello stesso periodo, soltanto, di maggiori dimensioni. All’epoca vi era grande richiesta di modelli con secondi al centro e Longines, in tal senso, poteva contare su di un brevetto che non prevedeva, come sopra accennato, l’impiego di una ruota intermedia, fissata all’estremità dell’asse della terza ruota.
Calibro 19AS: inizio produzione nel 1952; meccanico automatico; ore, minuti e secondi al centro indiretti; 18.000 alternanze/ora; diametro di 25,3 mm (11 1/4’’’ e altezza di 6 mm); 18 rubini; rotore bi-direzionale; treno del tempo tradizionale, a 6 ruote; diametro del bilanciere di 8,4 mm; molla del bariletto in acciaio con brida saldata a frizione; 36 ore di riserva di carica; scappamento ad àncora a linea diritta; bilanciere monometallico con viti di compensazione; spirale piana auto-compensante; dispositivo antiurto Incabloc. Il movimento era “sospeso” all’interno della cassa, in virtù di due ponti flessibili, al fine d’incrementarne la protezione contro gli urti. Il dispositivo automatico era semplice e molto robusto e la bi-direzionalità della massa oscillante garantiva una ricarica rapida. Tutti i ponti erano rodiati, il che assicurava un’ulteriore protezione contro gli effetti dell’umidità.
Calibro 290: inizio produzione nel 1958; meccanico automatico; ore, minuti e secondi al centro diretti; 19.800 alternanze/ora; diametro di 26 mm (11 1/2’’’ e altezza di 6 mm); 24 rubini; massa oscillante bi-direzionale; treno del tempo con ingaggio diretto della terza ruota sul pignone della ruota dei secondi centrali; diametro del bilanciere di 10,5 mm; molla del bariletto auto-compensante; scappamento ad àncora a linea diritta; bilanciere con viti di compensazione; spirale piana auto-compensante; dispositivo antiurto Incabloc. Alla fine degli anni ’50, in Longines il business si era parecchio rallentato, non ostante il successo dei meccanismi automatici e, nel 1958, furono messi in cantiere solo due calibri, fra cui il 290, un automatico che venne usato come base per diversi movimenti derivati. Fu proprio questa la strategia a fini di ottimizzazione che Longines mise in atto in quel periodo, ossia la messa a punto di calibri da considerare come basi tecniche per il simultaneo sviluppo di movimenti derivati, in cui venivano semplicemente aggiunte funzioni (come la data o la riserva di carica) o si incrementava la frequenza, e così via. Dunque, il 290 è da considerare come un calibro-base, sul quale, ad esempio, l’aggiunta dell’indicazione della data, comportò l’assegnazione del numero 291, data al 12 e riserva di carica (disco rotante al centro del quadrante) definirono il calibro 292, etc…
Longines Legend Diver Watch
È proprio alle ref. 7042, 7150 e 7594, con doppia corona che Longines si è ispirata, nel 2007, per configurare il Longines Legend Diver Watch, reinterpretazione moderna di una generazione iconica di segnatempo. Una collezione che, negli anni, si è progressivamente arricchita e propone, oggi, nuove versioni in acciaio con quadranti nei colori blu e marrone sfumati (prezzo di 2.280 euro). La consolidata composizione grafica del quadrante, fedelissima all’originale anche nella forma a punta di lancia della sfera delle ore, nelle font degli indici ai quarti – sormontati da barrette luminescenti, con eccezione, al 3, della finestrella del datario – e con scala della minuteria dai tratti allungati radialmente, prevede il rehaut girevole interno funzionale alle immersioni sui 60 minuti: su di esso, si interviene con la corona al 2, serrata a vite così come quella al 4, preposta a regolazione e cambio data rapido con estrazione in prima posizione. Ulteriore dettaglio luminescente è costituito dai “punti” carré che interrompono la continuità degl’indici a barretta. Le più recenti creazioni del Longines Legend Diver Watch conservano lo spirito e le linee del segnatempo originale, ma beneficiano d’interventi contemporanei, a partire dal diametro di 42 mm (12,7 mm di spessore), con un’impermeabilità regolata sulle 30 atmosfere, in virtù di corone e fondello (come nel modello d’epoca, rifinito con la figura di un subacqueo a rilievo) serrati a vite, per arrivare al vetro zaffiro, tipo box, con trattamento antiriflesso multistrato. Avanguardia anche per il movimento automatico, calibro L888.5 (base ETA A31.L11), da 11½’’’, 21 rubini, con bilanciere dotato di spirale in silicio (materiale amagnetico, funzionale al miglioramento della precisione) e operativo a 25.200 alternanze/ora, e con riserva di carica di 72 ore. Il suindicato, mirato impiego del SuperLuminova su indici e lancette, stilizzate in linea con quelle proposte nella ref. 7594, consente un’eccellente visibilità al buio, mentre i Legend Diver si adattano al polso con cinturini in pelle strutturata blu o marrone, ton sur ton con il quadrante. Queste due versioni, sulla base del medesimo motivo ispiratore e con gli stessi connotati grafico-strutturali vintage, sono state precedute, lo scorso anno, da un esemplare in bronzo di eguali dimensioni, con fondello in titanio e quadrante laccato verde degradé. Differenze le possiamo individuare nell’impiego di un meccanismo, il calibro L888.2 (base ETA A31.L01), sovrapponibile al succitato L888.5, ad eccezione dell’assenza del datario a finestrella al 3. In questa configurazione, poi, Longines ha previsto l’alternativa tra un cinturino in pelle marrone o in nylon verde tipo NATO; il prezzo è di 2.820 euro. La qualità del prodotto è assicurata da una garanzia di 5 anni, ulteriore iniziativa della Maison, finalizzata ad incontrare sempre meglio le esigenze della clientela.
In conclusione, dopo quest’ampia ed esclusiva dissertazione sulla tradizione Longines nel segmento dell’orologeria subacquea, consigliamo tutti gli appassionati di consultare la sezione “Heritage” sul sito della Maison di Saint-Imier, per approfondire ulteriormente i dettagli di una storia di competenza e passione. Questo il link.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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