Nel precedente incontro tecnico su questo sito avevamo cominciato ad affrontare il tema dell’isocronismo, descrivendo dettagliatamente l’organo di scappamento, il concetto di alternanza del bilanciere, l’erogazione di energia del bariletto, le alterazioni della spirale, l’errore posizionale, cominciando ad accennare alle virole compensatrici. Proprio da qui riprendiamo il discorso…
La tipologia di “virola” impiegata nel sistema di scappamento riveste un importanza fondamentale. Questa, infatti, determina il punto di attacco, inizio polare, della spirale che, come ormai noto, non ha origine nel centro di rotazione del bilanciere, occupato dall’asse, ma è leggermente decentrato rispetto ad esso. Per quanto minimo, questo scarto influisce sensibilmente sull’eguaglianza delle alternanze del bilanciere, andando a comprometterne l’isocronismo dell’oscillazione. L’acuta mente di A.L. Breguet, nei primi del 1800, aveva risolto una simile problematica, inventando e costruendo il famoso tourbillon, in cui l’intero blocco ruota di scappamento/ancora/bilanciere ruotano all’interno di una struttura, detta gabbia, che a sua volta gira su di un suo asse all’interno l’orologio. Tale soluzione fa sì che la coppia bilanciere/spirale non si trova mai in una posizione statica, poiché il continuo moto circolare dello scappamento su una circonferenza “virtuale”, attenua sensibilmente i ritardi e gli avanzamenti causati dal continuo cambio di posizione a cui è soggetto l’orologio e, ovviamente, contrasta l’effetto della gravità il cui effetto negativo si somma al decentramento della spirale. Peccato che il “giocattolo”, quando è applicato ad una meccanica, sia carica manuale che automatica, produce un prezzo finale decisamente elevato. L’alternativa “più accessibile”, quindi, ricade inevitabilmente sulla riduzione dell’errore di centratura, attraverso la sagoma della virola, che determina l’inizio della spirale: tale disposizione deve risultare la più accurata possibile, chiaramente data un’altissima qualità della molla.
In origine, la virola, cosiddetta “classica”, ha una forma cilindrica con spessore di alcuni decimi di millimetro, in funzione delle dimensioni della spirale che deve sostenere. Nella circonferenza presenta un’interruzione – “tacca” – profonda quanto la virola stessa: non è certo casuale, bensì il taglio serve per introdurre il dente di un utensile specifico, il “giravirola”, che permette al riparatore di spostare la posizione del pitone rispetto all’angolo che si forma con l’ellipse. Si tratta di un’operazione, molto delicata, che consente una messa in fase millimetrica nei calibri sprovvisti di porta-pitone mobile. Come si può osservare nel disegno 1, per inserire la spirale è necessario piegare la molla in pratica di 90° e spinarla con una coppiglia, aumentando l’errore di centratura. L’introduzione della virola “Greiner” ha migliorato sensibilmente il problema, soprattutto nella posizione verticale di oscillazione. La forma è triangolare con le estremità arrotondate, e la massa volutamente decentrata le conferisce un ottima equilibratura durante l’azione della spirale. Una scanalatura, all’estremità più stretta, permette di bloccare la spirale, con una pressione calibrata, facendole mantenere la sua curvatura. Questo principio di “non deformazione”, nella parte iniziale, viene ormai utilizzato anche nelle altre tipologie di virola, poiché stabilizza notevolmente l’andamento dello scappamento.
Un ulteriore miglioramento lo si è ottenuto con l’introduzione della saldatura attraverso il laser, dove non c’è apporto di materiale, ma i metalli si fondono tra loro direttamente: in questo modo il peso non aumenta e diminuisce la superficie di contatto tra molla e virola. Una soluzione del genere, la vediamo nelle virole Nivatronic e Viroflex, dove la planarità ed il centraggio sono migliori e, inoltre, anche l’elasticità aumenta sensibilmente; ovviamente, come sempre, anche la spirale deve essere di ottima fattura e qualità sopraffina.
La spirale
Nel corso dello sviluppo tecnico dell’orologio, molto è stato fatto proprio per migliorare sempre di più la qualità della spirale, a cui è affidato il gravoso compito di determinare la precisione di marcia del segnatempo, ottenuta, teoricamente, solamente quando le oscillazioni del bilanciere raggiungono uguali ampiezze nel medesimo tempo. Il materiale è l’elemento fondamentale per la costruzione di una molla che deve esercitare l’azione di richiamo del bilanciere; deve corrispondere a caratteristiche ben precise e di altissimo livello:
- Omogeneità degli elementi chimici;
- Debole attrito interno delle molecole che costituiscono la lamina;
- Resistenza alla corrosione;
- A-magnetismo;
- Elasticità della lega;
- Coefficiente termico leggermente positivo per compensare i ritardi dovuti alle deformazioni del volantino.
Nel 1500 si realizzavano degli orologi da tasca con scappamento a “Foliot”, dove il ritorno della barra, durante l’oscillazione, era affidato ad una setola di maiale, le cui caratteristiche di elasticità, costante e regolare, costituivano un ottimo standard per l’epoca: ne rimane traccia nel termine inglese per indicare la spirale, ossia hairspring, letteralmente, setola/molla.
Molto è stato fatto ed i successi ottenuti con materiali sempre più performanti si sono susseguiti. La scoperta dell’Invar, da parte di Eduard Guillaume e, in seguito, dell’Elinvar (elasticità-invariabile), gli valse il Nobel per la Fisica nel 1920. La lega è formata principalmente da ferro, e per il 36% da nickel, assicurando una deformazione termoplastica, alle normali temperature atmosferiche (-10°/+30°), praticamente prossima allo zero.
Un ulteriore progresso è avvenuto con il Nivarox, in cui l’aggiunta del berillio ha reso ancora più stabile la lega rispetto alle alterazioni del coefficiente elastico: Eduard Straumann creò questo materiale negli anni ’30, migliorandolo successivamente con il Nivaflex, il cui 45% è costituito da cobalto.
Non mancano casi particolari come la spirale Spiromax, progettata e realizzata dalla Patek Philippe, ricavata da una “cialda” di silicio monocristallo, dove virola e spirale si fondono insieme in una struttura centrale unica, ed anche il pitone viene ricavato direttamente dalla medesima sagoma, alla fine di un ispessimento della curva terminale, producendo così il medesimo effetto di una spirale Breguet, pur rimanendo perfettamente in piano.
Negli anni 2000, la Rolex sviluppa il progetto Parachrom, lega avente sigla Nb-Zr, composta da niobio e zirconio, in cui il primo elemento conferisce al metallo la caratteristica colorazione blu.
Risulta praticamente impossibile produrre spirali identiche: la loro forza è misurata, dopo la costruzione, e catalogata in circa 60 categorie. Analogamente, questo avviene anche per i volantini che vengono scelti in relazione al momento di inerzia, ottenuto nella loro realizzazione, ed accoppiati con la molla di miglior efficienza, tenendo conto dei margini di tolleranza previsti dal progetto. Per realizzare una spirale, una volta ottenuta la composizione desiderata, si parte da uno sbozzo, avente un diametro di circa 20 centimetri e un peso di 80 chilogrammi. Con appositi macchinari si comincia a ricavare un filamento dello spessore inferiore a quello di un capello, ovvero, 0,075 mm. Il filo così ottenuto passa alla lavorazione più delicata, la trasformazione della sezione tonda in lamina, dove la compressione deve essere assolutamente omogenea per non creare spessori differenti , alterando irrimediabilmente il lavoro della molla.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
Nessun commento