Jaquet Droz prosegue con l’interpretazione complicata del suo modello icona Grande Seconde. Dopo il Quantième, il Dual Time, il Moon, il Deadbeat, il Tourbillon e il Minute Repeater, è la volta del Chronograph monopulsante.
Jaquet Droz e La Chaux-de-Fonds, un binomio d’assoluta eccellenza nel percorso storico dell’Alta Orologeria elvetica, e non solo. Tanto che, oggi, visitando la sede della Maison nella cittadina del cantone di Neuchâtel, la mente è immediatamente proiettata nel passato, a quel periodo in cui, a partire dal 1760 e fino a realizzare, quattordici anni dopo, i tre celebri automi del Disegnatore, dello Scrivano e del Musicista, Pierre Jaquet Droz iscrisse il proprio cognome, in modo indelebile, tra i grandi dell’orologeria di sempre. Ѐ un momento molto significativo, perché quella straordinaria tradizione, costruita non solo su automi, uccelli canori e tabacchiere, ma anche su modelli da tasca, semplici e complicati, classici, è sposata senza soluzione di continuità dal presente del XXI secolo, adattandosi agli inderogabili schemi tecnici e produttivi contemporanei e d’avanguardia, non dimenticando mai le radici di un savoir-faire plurisecolare. Così, dopo gli uffici chiave in cui operano i designer, protagonisti, in particolare, dei prodigiosi capolavori in cui figure naturali descrivono fasi di vita negli spazi ristrettissimi del quadrante di un orologio da polso, ecco il dipartimento Alta Orologeria, costituito da 4 maestri orologiai, dove avvengono le fasi di assemblaggio, regolazione e controllo dei modelli, complicati e non, ispirati da un celebre esemplare da tasca del 1785 e, a partire dal 2002, inseriti nella collezione Grande Seconde. Più che una linea, si può parlare di un vero e proprio concept che rende Jaquet Droz, fiore all’occhiello dell’haut-de-gamme di Swatch Group, un brand assolutamente unico e identificato nel panorama orologiero internazionale. Poi, sempre in un’atmosfera artigianale, ecco il reparto Automi, di recente introduzione, in cui si cura l’assemblaggio e la messa a punto dei suddetti masterpiece, anche attraverso strumentazioni sofisticate quali una particolarissima “cassaforte” in cui si verifica la qualità del suono emessa dagli automi (nella fattispecie, gli uccellini canori), misurando con appositi microfoni e sensori le vibrazioni e la correttezza della compressione dell’aria funzionale all’emissione sonora. Inevitabile, poi, la divisione Smaltatura e Incisione, in cui 8 artigiani specializzati (4 smaltatori e 4 incisori) adattano sui quadranti tecniche sofisticate quali il Grand Feu, il Paillonné, il “Plique-à-Jour”, lo Champlevé, il Cloisonné e il Micro-Painting. Questo percorso in “full immersion” nel mondo Jaquet Droz, dunque, si rende necessario per comprenderne appieno ogni creazione che ruota, come detto, attorno all’infinità temporale espressa da quell’immaginario “8” interno ai quadranti Grande Seconde, descritto dall’incrocio tra ore e minuti decentrati con il contatore dei “grandi secondi”, in basso.
Una base espressiva che, insospettabilmente, Jaquet Droz conserva e personalizza esplorando il terreno delle complicazioni come, ad esempio, nel Dual Time, oppure nel Cronografo Monopulsante che illustriamo in queste pagine, un importante tassello mancante nel catalogo della Casa di La Chaux-de-Fonds. Il movimento esclusivo è il calibro 26M5R, meccanico automatico con rotore in oro scheletrato: 21.600 alternanze/ora, con spirale del bilanciere e palette dell’ancora in silicio (incide in modo importante sull’insensibilità ai campi magnetici ed agli sbalzi di temperatura), 34 rubini, un bariletto per 40 ore di riserva di carica, smistamento crono via ruota a colonne e innesto verticale, funzionalità monopulsante integrata alla corona. Tale soluzione è stata adottata al fine di rimanere coerenti con la filosofia essenziale della collezione Grande Seconde, mantenendo la misura di cassa da 43 mm e non aggiungendo ulteriori aperture per i due pulsanti di avvio/arresto e azzeramento. Questa coerenza poggia anche su di un substrato storico in virtù del Grande Seconde Deadbeat, presentato da Jaquet Droz nel 2015, destinato secondo l’uso del XVIII secolo, a “battere il secondo” per favorire la misurazione e la lettura dei tempi brevi, un orologio che dissimula per i secondi una funzione cronometrica e che condusse all’epoca allo sviluppo del primo cronografo (1821): l’inventore dei secondi morti indipendenti fu Jean-Moyse Pouzait, nel 1776, amico di Pierre Jaquet-Droz. Il Grande Seconde Chronograph è il degno erede di una simile tradizione.
Tutto ciò è confermato da una visualizzazione che sposta i secondi, cronografici, al centro, inserendo al 6 il datario analogico retrogrado (così come nel Deadbeat), e aggiungendovi, coassialmente e internamente, il contatore dei 30 minuti crono. Jaquet Droz ha lanciato questa nuova creazione in una doppia veste: un modello in edizione limitata (il consueto numerus clausus di solo 88 esemplari), in oro rosso con quadrante in smalto Grand Feu color avorio, dove gl’indici orari a numeri arabi e romani sono realizzati in smalto Petit Feu, così come le scale dei minuti e dei secondi crono azzurrate; tre varianti in acciaio con quadranti argenté sabbiato e, inediti, blu o grigio tortora, le cui finiture sono realizzate tramite una tecnica di sabbiatura a secco eseguita manualmente, totalmente nuova rispetto al metodo per via umida utilizzato finora. Inoltre, negli esemplari in acciaio, per conferire un tocco di originalità, il quadrante è ruotato in senso orario di circa 15°, il che ha comportato lo spostamento della corona al 4.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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