Si è trattato di un piccolo miracolo, lo svolgimento dell’asta “The Geneva Watch Auction XI”, svoltasi a Ginevra gli scorsi 28 e 29 giugno e organizzata da Phillips, in collaborazione con “Bacs & Russo”. In particolare, perché messa a punto nei mesi di lockdown, causa coronavirus, e non tematica, con lotti resi disponibili da collezionisti privati. Orologi di elevatissimo interesse e rarità hanno rapito e convinto i collezionisti: nessun lotto è “andato perduto”, tutto venduto. Un segnale importante, nello “strapotere” di Rolex e Patek Philippe, è l’affermazione del nome e dell’immagine di François-Paul Journe, un Maestro, un artigiano del segnatempo, un indipendente, che ha scritto e sta scrivendo pagine fondamentali nella storia dell’orologeria, e gli appassionati se ne stanno accorgendo…
È stato un ritorno in grande stile quello della Casa d’Aste Phillips “in Association with Bacs & Russo”, gli scorsi 28 e 29 giugno, con l’evento “The Geneva Watch Auction XI”: sono stati venduti tutti i lotti ossia 210 su 210, ottenendo un totale di 28.271.510 euro. Si è trattato della prima asta di orologi dal vivo nel 2020, con offerte in sala, da quando il lockdown, conseguente alla pandemia da coronavirus, è stato revocato e ha visto numerosi record mondiali raggiunti da diversi brand, in relazione a specifiche referenze e precisi modelli. Nonostante il particolarissimo clima attuale, Phillips continua ad attirare un numero crescente di collezionisti, con partecipanti provenienti da oltre 70 paesi, tra cui un numero senza precedenti di oltre 2.000 offerenti online, il doppio rispetto a maggio 2019. Oltre al 100% dei lotti venduti, eventualità decisamente rara per questo livello di eventi, “The Geneva Watch Auction XI” ha segnato il nuovo benchmark per un’asta di orologi “non tematica”, con modelli provenienti dalle collezioni di diversi appassionati, superando del 20% il precedente record ottenuto dalla vendita all’incanto svoltasi nel maggio del 2019.
Il catalogo, ça va sans dire, ha visto nel ruolo di “mattatori”, diretti dalle abilissime mani di Aurel Bacs, Rolex, con ben 79 esemplari e Patek Philippe con 56 pezzi; abbondantemente staccati troviamo 10 Omega, 9 Audemars Piguet, 7 Cartier e 5 A. Lange & Söhne; significativa, come vedremo “la partecipazione” di François-Paul Journe, i cui 4 capolavori hanno ottenuto dei riscontri eccezionali. Ma procediamo con ordine. Spiccano senz’altro i quattro Patek Philippe di proprietà di uno dei più grandi manager dell’orologeria moderna, ossia Jean-Claude Biver (al timone di Blancpain, Omega, Hublot e, poi, ancora di Zenith e TAG Heuer; ora ricopre la carica di Presidente “Non Esecutivo” della divisione orologiera del Gruppo LVMH), pezzi d’eccezione battuti complessivamente per circa 7.810.000 euro, a fronte di una stima pre-vendita da 3,1 a 6,2 milioni di euro. Tre fra di essi sono stati i top highlights dell’evento, con due record mondiali. Si tratta, nello specifico del celeberrimo Patek Philippe, ref. 1518, uno dei più ricercati al mondo, cronografo con calendario perpetuo e fasi di luna in oro rosa con quadrante rosa, risalente al 1948 (ve ne sono solo 12 al mondo, di questa tipologia): dopo una battaglia di rilanci durata ben quattro minuti, l’orologio ha quasi triplicato la sua valutazione di partenza, finendo aggiudicato a 3.177.538 euro, record del mondo per una referenza 1518 in metallo prezioso. Ecco, poi, il cronografo con calendario perpetuo e fasi di luna, ref. 2499, seconda serie (furono quattro in totale, a sostituire la precedente ref. 1518, realizzata dal 1941 al 1951, prodotte dal 1951 al 1985, e la seconda era connotata da pulsanti rotondi, indici a bastone o a numeri arabi applicati, scala tachimetrica periferica), in oro giallo, venduta per 2.444.260 euro: una cifra da considerare come record mondiale per una ref. 2499, seconda serie in oro giallo. Il terzo Patek di Biver, pezzo eccezionale in termini di rarità, è stato il Patek Philippe, ref. 1579, crono bi-compax manuale da 36 mm, in platino con “anse a ragno” e grafica in smalto blu sul quadrante – uno dei tre esemplari conosciuti al momento – aggiudicato per 1.823.794 euro.
Il “quartetto” Patek Philippe i proprietà di Biver si conclude con il ref. 96HU “Worldtime” del 1937 (un rarissimo segnatempo, del quale sono noti solo due pezzi, equipaggiato con un calibro manuale risalente al 1913), in oro giallo, da considerare come referenza pre-1415 – una sorta di prototipo -, il primo plurifuso della Maison ginevrina, realizzato in serie (115 esemplari), battuto per poco più di 364.000 euro. Rimanendo ancora su Patek e sui suoi “worldtimer”, nel 1950 la Casa realizzò, forse in unico esemplare, una versione da tasca, ref. 605HU, in oro rosa da 44 mm, con quadrante aperto, al centro dipinto in smalto cloisonné a rappresentare una mappa di Europa, Asia e Africa: aggiudicato per 1.090.516 euro, evidentemente record mondiale per tale referenza. E veniamo, quindi, alla vera e propria sorpresa di questo evento, ossia François-Paul Journe, i cui modelli “Souscription” sono stati venduti per un totale di circa 2,3 milioni di euro, contro una stima pre-vendita stabilita nel range da 216.000 a 432.000 euro. Stiamo parlando di orologi avvolti da un’aura di magia e fascino, a cominciare dal fatto che, tra la fine del 1999 e il 2000, sono stati venduti con la clausola “souscription”, la stessa utilizzata da Abraham-Louis Breguet tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo: in sostanza, all’ordine e disponendo solo di disegni o schizzi dell’orologio, l’acquirente ha pagato in anticipo, quale acconto, parte del prezzo dell’esemplare stesso. Nel periodo indicato, Journe stava lanciando il proprio marchio e aveva bisogno di un back up finanziario e così ebbe questa idea, semplice quanto efficace, che adattò inizialmente al Tourbillon Souverain completato da Remontoir d’Égalité, per soli 20 pezzi numerati sul quadrante (di questo orologio François-Paul aveva definito un prototipo già nel 1991), realizzati in platino su cassa da 38 mm e venduti nel 1999: movimento meccanico manuale di manifattura, calibro 1498. Quando si trovò a dover lanciare il Chronomètre à Résonance, Journe (movimento manuale di manifattura, calibro 1499) adottò il medesimo metodo, chiedendo la “sottoscrizione” agli stessi 20 acquirenti del Tourbillon (ognuno mantenne la medesima numerazione di quest’ultimo); la variante proposta in asta, veramente unica, è stata disegnata a quattro mani da Journe e dall’acquirente, il famoso gioielliere parigino Lorenz Baümer, ed è in platino (lunetta e fondello) e in oro rosa (carrure, anse e corone), con quadrante in oro bianco (negli altri 19 esemplari è in oro rosa). Queste le aggiudicazioni, entrambe record mondiali per i modelli in oggetto di F.P. Journe: Tourbillon Souverain Souscription, 1.316.940 euro; Chronomètre à Résonance Souscription, 977.704 euro.
La stessa aggiudicazione del Résonance di Journe, l’ha ottenuta il Rolex Cosmograph Daytona “Paul Newman”, ref. 6241 del 1969 circa, in oro giallo a 14 carati – calibro manuale 722-1, versione “John Player Special” (IN APERTURA, nome che fu assegnato per l’abbinamento oro e nero, riferibile alla società John Player Special Tobacco che, nel 1972 divenne sponsor del team di Formula 1 Lotus). Ancora Rolex, con un cronografo “anti-magnetique”, “The Elusive”, bicompax con scala tachimetrica in blu, ref. 6232, in oro rosa del 1958: modello rarissimo, perché privo del contatore delle 12 ore (comune nei crono Rolex degli anni ’50), perché dotato del calibro manuale A23 e non il più comune, per l’epoca, 72, e perché parte di soli 12 esemplari destinati al mercato francese. È stato aggiudicato per 695.674 euro, record mondiale per questa referenza. Torniamo a Patek Philippe, con il Nautilus, ref. 3700/1, in oro bianco da 42 mm, automatico (calibro 28-255C) del 1978, assolutamente raro, perché furono solo 11 i Nautilus, ref. 3700, con cassa in oro bianco, realizzati: aggiudicato per 695.674 euro (record del mondo per la suddetta referenza). E, poi, ecco il ref. 3448, Calendario Perpetuo con Fasi di Luna, denominato “Padellone” dai collezionisti italiani, a motivo del suo diametro inusuale per l’epoca (fu prodotto dal 1961 al 1981), di 37,5 mm; in oro bianco, ricordiamo che la ref. 3448 di Patek Philippe costituisce il primo calendario perpetuo automatico (calibro 27-460Q) della Maison. Aggiudicato per 605.424 euro. Al di fuori della Top Ten, diversi sono stati gli esemplari di grande interesse battuti, quali un Ripetizione Minuti in platino di Vacheron Constantin del 2001 (135.125 euro), il Royal Oak Perpetual “The Big Green” (ref. 26606ST del 2018) di Audemars Piguet, automatico in acciaio da 41 mm con quadrante verde (170.375), il Datograph “Philippe Dufour” di A. Lange & Söhne, in oro rosa del 2004 (56.400 euro), il particolarissimo IWC – ref. 347 – “The Caravelle” in oro giallo del 1950, con quadrante in smalto cloisonné e bracciale Gay Fréres (52.875 euro). Da citare anche il Breguet, N. 4169 “Black Sector Dial”, del 1939, cronografo in acciaio da 32,5 mm con pulsanti a oliva, meccanico manuale, il cui quadrante nero è molto raro (49.350 euro) e l’Eberhard & Co. Split Seconds “Time Capsule”, un cronografo sdoppiante, tri-compax, in oro giallo da 39 mm, risalente al 1945, con dispositivo di blocco della misurazione cronografica (56.400 euro).
Nel catalogo d’asta, un’importante sezione ha riguardato gli orologiai indipendenti (ambito nel quale è presente anche Journe), un ambito che Phillips supporta da tempo e con grande partecipazione. Citiamo tra i lotti battuti, l’Opus 3 di Harry Winston su progetto tecnico-strutturale di Vianney Halter in platino (venduto per 158.625), un esclusivo modello di Kari Voutilainen, Vingt-8 “Triton et Sirène”, in oro bianco, riserva di carica e doppio fuso, con coperchio incernierato sul fondello smaltato e inciso su oro bianco (aggiudicato per 117.500 euro) e, infine, il prototipo Singer Reimagined Track 1, cronografo particolare in titanio con ora su anelli periferici e secondi e minuti crono al centro (movimento automatico elaborato da Jean-Marc Wiederrecht, venduto per 49.350 euro, record mondiale per la serie Singer Reimagined). Aurel Bacs, Senior Consultant di Bacs & Russo e Alex Ghotbi, a capo della Divisione Orologi di Phillips per l’area della Europa Continentale e per il Medio Oriente, hanno dichiarato: “Organizzare quest’asta è stato come fare un emozionante giro sulle montagne russe! Con il lockdown che ha paralizzato l’Europa a partire da marzo 2020, il catalogo doveva essere finalizzato e l’asta organizzata, da tutti noi, da remoto, ossia da casa, senza sapere se e come si sarebbe potuto tenere l’evento stesso. L’incredibile dedizione del team di Phillips, in tutto il mondo, ha reso possibile lo svolgimento dell’asta, durante la quale tutti i lotti sono stati aggiudicati (non era mai accaduto per un’asta non tematica). Siamo rimasti onorati dalla fiducia riposta in noi dai proprietari degli esemplari proposti che, data la situazione, non hanno ritirato un singolo lotto dalla vendita. Esprimiamo anche la nostra gratitudine ai clienti, la cui fiducia in noi è così alta che hanno comprato gli orologi, senza averli visti prima (poiché non abbiamo potuto prevedere alcuna mostra itinerante prima dell’evento). Vorremmo anche ringraziare i team internazionali di Phillips per il loro costante sostegno e impegno. Questa vendita ha dimostrato l’incredibile “desiderio” del mercato per gli orologi di qualità. Con oltre 2.000 potenziali acquirenti registrati online, questi ultimi erano quasi dieci volte di più dei lotti in offerta: ciò dimostra la crescita costante del mercato sia in termini di dimensioni che di profondità”.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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