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Il Rolex alla base della fascinazione più “B...

Il Rolex alla base della fascinazione più “Bondesca” era un Explorer

Il Rolex alla base delle fascinazioni più “Bondesche” era un Explorer. Il primo “tecnico” della Maison svizzera che veniva indossato regolarmente dallo scrittore Ian Fleming nella sua villa giamaicana “Goldeneye”: il nascondiglio esotico perfetto per i suoi capolavori..

Per arrivare a “scoprire il fenomeno”, o la chiave di lettura sulla storia parziale degli orologi di James Bond, considerando il valore che hanno assunto tra collezionisti e appassionati, trascinando di conseguenza gli altri, bisogna “partire dall’inizio della costruzione di James Bond”, come suggerisce Jake Ehrlich in un recente articolo sul blog Rolex Magazine. Ciò significa, esaminare non solo cosa rappresenta e ha rappresentato questo personaggio da romanzo prestato al cinema, ma esaminare con la più estrema attenzione la penna da cui è uscito il personaggio Bond, il quale, come giustamente viene sottolineato, “non è soltanto diventato un’icona culturale, ma ha catturato l’immaginazione di generazioni di spettatori e lettori in tutto il mondo, diventando un vero e proprio fenomeno culturale”.

L’autore della saga dell’agente doppio zero con “licenza di uccidere”, è come ben sappiamo Ian Lancaster Fleming. Nato il 28 maggio 1908 nell’elegante quartiere londinese di Mayfair, fu studente a Eaton, dimissionario dall’Accademia Militare di Sandhurst e poi membro del Naval Intelligence, nel corso del secondo conflitto mondiale. Per chi non lo sapesse, il “servizio informazioni” della Royal Navy, fu un ruolo che gli darà modo e “mandato” di elaborare e suggerire agli alti papaveri dell’Ammiragliato piani audaci, fantasiosi, sofisticati e talvolta “letali” da condividere con le Operazioni Combinate. Come è noto, nel dopoguerra Fleming scrisse nella sua villa in Giamaica, chiamata Goldeneye, come un’operazione segreta a cui aveva preso parte, quattordici romanzi e nove racconti brevi, che avevano come protagonista un agente segreto dell’MI6, la “Sezione 6” dell’Intelligence Militare, che rispondeva al nome di James Bond. Il semplice nome di un ornitologo realmente esistito. Per Fleming, Bond era un alter ego coraggioso, duro quanto sofisticato, creato attingendo alle sue “esperienze” nell’Intelligence e alla sua immaginazione. Non tutti sanno, infatti, che Ian Fleming scoprì la Giamaica proprio durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre partecipava a una conferenza sugli U-Boot, i temibili sommergibili nazisti che funestarono le flotte alleate nel corso della Battaglia dell’Atlantico Nord-Orientale (1939-1945).

Un modello di Rolex Oyster Perpetual Explorer analogo a quello regolarmente indossato dello scrittore Ian Fleming, autore dei 14 romanzi e dei 9 racconti brevi che hanno come protagonista James Bond, il famoso Agente 007.

L’orologio per Fleming, l’orologio per Bond

“La scelta dell’orologio di un gentiluomo dice molto su di lui, quanto il suo abito di Saville Row”, sosteneva Ian Fleming che scelse un Rolex per il polso, e finì per far indossare un Rolex anche all’adorato personaggio James Bond. Questo è testimoniato dalle numerose foto pubblicate dal blog Rolex Magazine, che mostrano lo scrittore britannico con un Rolex Oyster Perpetual Explorer, Ref. 1016. Che Fleming abbia dato “ascolto” ai suoi lettori in più occasioni, per migliorare alcuni aspetti dei suoi libri dopo il romanzo d’esordio, Casino Royale, non è un segreto da spie. Gli esperti non avevano apprezzato alcune particolari dotazioni di Bond, ma a noi interessa essenzialmente il “passaggio” relativo all’orologio dell’agente segreto. Il personaggio letterario non badava molto all’importanza dei suoi segnatempo. Almeno in principio. Le ricerche incrociate effettuate da Dell Deaton per il suo articolo apparso sulla rivista WatchTime, dimostrano che Fleming ha fatto solo “fugaci accenni a Rolex nei suoi romanzi”, ma ne Al servizio segreto di Sua Maestà, mentre Bond fa l’inventario dell’equipaggiamento a sua disposizione, si legge chiaramente di “un pesante Rolex Oyster Perpetualcon unbracciale metallico espandibile” che, all’occorrenza può essere usato come un “tirapugni efficace”.

L’orologio in questione, anch’esso collegabile alla lettera di uno degli appassionati che avrebbe intrattenuto un rapporto epistolare con Fleming, per dare i suoi suggerimenti, al pari dell’esperto di armi Geoffrey Boothroyd, che spronò lo scrittore inglese a dotare James Bond di una pistola Walther PPK al posto della sua vecchia Beretta, verrà distrutto durante una colluttazione: “Il Rolex trasferito alla destra, il braccialetto stretto nel palmo della sua mano e intorno alle dita, in modo che il quadrante dell’orologio fosse appoggiato sulle sue nocche centrali”. Bond decise di sostituirlo, “non appena i negozi riapriranno dopo Santo Stefano. Un altro Rolex? Probabilmente. Erano un po’ pesanti ma funzionavano. E almeno si poteva leggere l’ora al buio con quei grandi numeri color fosforo”. Il Rolex Oyster Perpetual associato a James Bond è sempre stato il “Big CrownSubmariner, ref. 6538, indossato prima con un cinturino di pelle nel film Dr. No, e poi, di stoffa in stile NATO, da Sean Connery, nell’immortale fotogramma di Missione Goldfinger. Imponendosi nell’immaginario collettivo come il vero grande Rolex di Bond. Ma questo vale per l’agente 007 cinematografico. L’agente 007 letterario possiede un modello diverso, dotato di “numeri” anziché di indici indefiniti. Un Rolex stranamente “simile” all’Explorer I, che aveva indicatori luminosi alle ore 3, 6 e 9 e sarebbe stato indossato proprio da Ian Fleming.

Secondo i biografi esistono “numerose prove del fatto che Fleming abbia trasmesso a questa spia immaginaria i suoi gusti e le sue abitudini personali”, ed è stato dimostrato che Fleming acquistò, tra l’estate del 1961 e la primavera del 1962, un Rolex, Ref. 1016, con quadrante nero ed indici trattati al trizio, con la scritta “Swiss” sotto le ore sei, bracciale Oyster 7206 e cassa Oyster (n. 596851). Un segnatempo che, dopo la sua morte, è rimasto nella cassaforte di una banca fino al 1981, ricordo di famiglia esposto nel centenario della sua nascita, dopo essere stato revisionato dalla stessa Rolex. La peculiare “scelta”, o ispirazione, viene collegata all’ambientazione del romanzo Al Servizio Segreto di Sua Maestà, in cui protagonista è una montagna innevata. E se dovessimo scegliere un Rolex adatto ad una simile avventura, non sceglieremmo anche noi l’orologio che conquistò la vetta dell’Everest?

Una prima edizione del romanzo del romanzo Al servizio di Sua maestà con il ritratto di Ian Fleming ad opera del pittore Charles Aherst Villers battuta all’asta da Bonhmas. Nel ritratto si nota distintamente il Rolex Explorer dello scrittore britannico, esposto presso l’Imperial War Museum di Londra in occasione del centenario di Ian Fleming.

Il Rolex Explorer, lo stesso di Hillary

Il Rolex Oyster Perpetual Explorer è considerato il primo modello “tecnico” sviluppato dalla Maison fondata Hans Wilsdorf. Un orologio in acciaio che ha anticipato di qualche anno la nascita degli “orologi professionali” di Rolex. Basato sugli Ovettoni, da cui era già stato sviluppato il Date Just, l’Explorer venne declinato nelle referenze 6098 (Pre-Explorer) e 6150, risalenti al 1952, dotate di indici sovradimensionati in corrispondenza delle ore 3, 6 e 9: la ref. 6150  fu il primo, vero modello dotato di quadrante nero, lancette Mercedes e numeri arabi al 3/6/9 rifiniti al trizio. Identificato semplicemente come “Rolex Oyster Perpetual”, proprio come lo indicava Fleming, il ref. 6098 venne indossato nel 1953 dal colonnello inglese John Hunt in una spedizione che ambiva a raggiungere la vetta del Monte Everest. Un’occasione che Rolex decise di sfruttare per testare i suoi orologi in condizioni estreme. Lo stesso modello era al polso del neozelandese Edmund Hillary, l’uomo che riuscì a conquistare la vetta, passando alla storia (sembra, comunque, che non lo indossasse quando raggiunse la vetta con Tenzing Norgay).

Il Rolex Explorer, in ogni caso, è sempre stato associato a questa grande impresa, mentre non è mai stata presa particolarmente in considerazione l’ispirazione che questo orologio ha fornito all’autore della più nota saga di romanzi di spionaggio della storia. In seguito al suo acquisto, Fleming, che adorava impersonarsi idealmente con il suo personaggio, pare aver dedicato maggiore attenzione alla descrizione dei segnatempo di Bond, concedendo più spazio a qualcosa che gli piaceva “descrivere” nei minuziosi particolari. Come scrive Dell Deaton, il Rolex Explorer che venne esposto all’Imperial War Museum di Londra, in occasione del centenario dello scrittore, continua ad essere prova tangibile del fatto che non esiste James Bond senza Ian Fleming”. Una verità inconfutabile. La domanda che invece potremmo porci è: “Esisterebbe Ian Fleming nella nostra memoria senza il suo James Bond?”. Forse no. Ma non è granché importante. Perché grazie al tempo trascorso da un ex ufficiale del Naval Intelligence, che decise di stabilirsi in una villa al mare in Giamaica, per battere i tasti di una macchina da scrivere e uccidere il tempo.. Bond esiste. E ciò che è certo, è che non smetteremo mai di essergliene grati.


Romano, appassionato di orologi fin dalla tenera età, vivo nel passato ma scrivo tutti giorni per Il Giornale e InsideOver, dove mi occupo di analisi militari e notizie dall'estero. Ho firmato anche sul Foglio, L'Intellettuale Dissidente e altre testate.

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