L’analisi di un movimento meccanico, evidentemente riferita alla base solotempo priva di complicazioni, comincia necessariamente dallo scappamento, vero e proprio cuore dell’orologio. Inevitabilmente, cominceremo dal più noto e impiegato, ossia quello denominato “ad ancora svizzero”. Proseguiremo, poi, nella descrizione degli apparati di ricarica e rimessa e della sequenza del treno del tempo.
La denominazione Scappamento ad Ancora Svizzero, indica la tipologia di regolatore più adoperata dai costruttori di orologi. Infatti, questo sistema, applicato ormai da moltissimi anni, ha prevalso nel tempo su gli altri progetti concorrenti, grazie al giusto compromesso tra precisione, costi produttivi e robustezza. Tutto questo si traduce in un’ottima affidabilità ed eccellente funzionamento, in aggiunta poi al virtuoso abbinamento con i pluri-collaudati sistemi antiurto Incabloc o Kif. Ricordiamo che gli scappamenti si possono dividere in tre categorie ben precise, contraddistinte da caratteristiche costruttive differenti tra di loro.
- Scappamento a rinculo;
- Scappamento a riposo;
- Scappamento libero.
Quello ad “ancora svizzero” fa parte degli scappamenti definiti “liberi”: in questo caso, il gruppo oscillante, una volta ricevuto l’impulso attraverso l’ancora perde il contatto da quest’ultima ed è libero di ruotare senza nessun vincolo.
Iniziamo, dunque, ad analizzare le parti che lo compongono:
- la ruota di scappamento (anticamente detta anche ruota d’ancora);
- l’ancora, munita di 2 rubini, denominati, rispettivamente, leva di entrata e leva di uscita;
- il Bilanciere (volantino);
- la spirale (molla investita del compito di richiamo del volano);
- l’asse di rotazione;
- il doppio disco con rubino adibito a trasmettere gli impulsi (conosciuto anche come Plateau).
La ruota di scappamento, facilmente riconoscibile per la forma dei suoi denti, fa parte del treno delle ruote (o del tempo), ma è anche l’ingranaggio che letteralmente “spinge” le due leve dell’ancora, dando così origine alle oscillazioni del bilanciere. Nelle meccaniche con oscillazioni comprese tra le 18.000 A/h (alternanze orarie) e le 21.600 A/h, tale ruota veniva costruita con 15 denti, ma con l’introduzione di calibri ad alta frequenza, funzionanti a 28.800 A/h o superiori, si è passati ad altri sistemi tipo il “Clinergic 20”, in cui il numero della dentatura è aumentato fino a 20 unità.
L’ancora, deve il suo nome alla forma, che richiama quella di origine marinara; la sua posizione intermedia tra la ruota di scappamento ed il bilanciere ne fanno una perfetta leva di trasmissione. Questo piccolo elemento riveste una grande e sostanziale importanza, tanto che ogni parte della sua sagoma svolge un lavoro ben preciso ed assume un proprio nome. L’estremità che riceve l’impulso dal treno del tempo e, dunque, dall’energia sviluppata dalla molla interna al bariletto, definita il corpo dell’ancora, si sviluppa in larghezza, terminando con le sedi di alloggiamento dei due rubini prismatici che, opportunamente tagliati, con angolature differenti, consentono, alternativamente, il passaggio o l’arresto dei denti della ruota di scappamento. Le due pietre prendono, rispettivamente, il nome di leva d’entrata e leva d’uscita: le parti di queste che vengono in contatto con la dentatura, in entrambe le leve, sono denominate piano di riposo e piano d’impulso. Nell’ancora di nuova concezione, al centro del corpo si trova l’asse, che permette il movimento, mentre nei progetti più datati il perno era collocato in posizione decentrata rispetto alle leve e, precisamente, più vicino a quella di entrata. Da questo punto ha inizio la forcella che battendo, alternativamente, sulle colonnine di limitazione, manterrà costante l’angolo di movimento, producendo la parte più udibile del classico TIC-TAC, determinato in realtà, da ben 5 impatti per alternanza. La forcella termina con la forchetta, costituita da due parti, dette corna, che determinano la zona di passaggio e d’ingaggio con il bilanciere. Leggermente al di sotto di queste, è collocato il dardo (sicurezza), disegnato in modo da garantire sempre il perfetto allineamento di tutte le parti in gioco durante le oscillazioni.
Il volano o bilanciere, nelle evoluzioni dello scappamento, ha subito molteplici variazioni, sia nei materiali con cui è costruito sia nella forma, nella maggior parte dei casi circolare, ma con sagomature differenti, studiate non per estetica ma su calcoli di fisica ben precisi. Ricordiamo, infatti, che due oggetti con lo stesso peso possono avere due momenti di inerzia polare differente, proprio in virtù della loro forma. Un disco metallico, posto in rotazione, avrà inerzia diversa da quella di un anello dello stesso peso anch’esso in moto rotativo su di un asse identico: nel primo caso, la materia è distribuita su tutta la superficie dell’oggetto; nel secondo, invece, si concentra nel perimetro esterno. In fase progettuale, quindi, la scelta di questi parametri è fondamentale. Altro fattore da non sotto valutare, come in precedenza accennato, risiede nella natura del materiale in cui è realizzato il bilanciere, il cui coefficiente di dilatazione dovrebbe essere pari a “zero”, unitamente alla maggiore insensibilità possibile alle influenze elettromagnetiche. Tutto questo ci fa comprendere quanto complesso e delicato sia stato nel corso degli anni il lavoro di studio e realizzo dell’organo di scappamento, ricerca e sviluppo che, di certo, non si sono arrestati, ma continuano senza sosta sempre con l’obiettivo di raggiungere la miglior precisione possibile dell’orologio.
La molla detta spirale, a motivo della sua forma, svolge anch’essa una funzione fondamentale: infatti, l’impulso dell’ancora, fornito al bilanciere viene trasmesso in una sola direzione, quindi, si rende necessaria un forza opposta, ma di pari intensità, per assicurare il moto continuo di oscillazione, che altrimenti si esaurirebbe. Al fine di effettuarne il corretto montaggio, la spirale viene inserita, nella sua estremità centrale, in un piccolissimo supporto chiamato virola, posizionato proprio sull’asse del bilanciere, e nel suo capo più esterno, in un cilindretto chiamato pitone, fissato sul ponte del bilanciere: queste parti vincoleranno la molla permettendo di sfruttare il suo momento elastico e renderlo funzionale all’isocronismo delle oscillazioni.
L’asse di rotazione del bilanciere, oltre a permetterne il moto oscillatorio, serve da supporto a tutti quelle parti che, in un’opportuna sequenza e modalità vi sono inserite. Osservato in sezione, presenta, quindi, delle sagomature particolari in grado di sostenere efficacemente il volantino (la parte circolare e più evidente del bilanciere), la spirale ed il doppio disco o Plateau; le estremità o pivot, del diametro di pochi centesimi di millimetro, alloggiano nei fori dei rubini sui quali si fonda il sistema antiurto e, ovviamente, la lubrificazione.
Il doppio disco o Plateau, come riportano alcuni manuali tecnici, consiste in due dischi sovrapposti: il primo, con diametro maggiore ed il secondo leggermente minore, uniti da un cilindretto cavo per consentire il passaggio dell’asse. L’insieme assolve il delicato incarico di trasmettere al bilanciere l’energia proveniente dall’ancora. Questo importantissimo passaggio è possibile grazie ad un piccolo rubino, montato verticalmente sul primo disco, e denominato bottone, oppure in maniera più caratteristica, ellipse, a motivo della vecchia forma ellittica che aveva in passato. Ad ogni alternanza entra nella forchetta e, spostando l’ancora, libera il dente della ruota di scappamento, permettendo a questa di girare, e contestualmente, riceve delicatamente la spinta d’impulso. Nella circonferenza del disco più piccolo troviamo, poi, una leggera smussatura verso il centro che interagisce con il dardo: ciò consente l’oscillazione solo nel momento in cui è perfettamente inserito nella smussatura. Tale sincronismo eviterà dei pericolosi fuori fase: infatti, se le parti non sono in linea, il bilanciere si arresta.
Schema di funzionamento del “sistema orologio”
Dopo aver evidenziato che, di Scappamenti, nel corso del tempo ne sono stati sviluppati circa cinquecento, veniamo ad illustrare brevemente lo schema di funzionamento di tutto il “sistema orologio”. Infatti, anche se la precisione del movimento è determinata per il 90% dallo scappamento e, in particolare, dalla perfetta ed armonica esecuzione dei suoi componenti, è pur vero che l’interagire delle altre parti meccaniche deve risultare altrettanto eccellente ed efficace. D’altronde, è facile intuire, considerato il ripetersi dello schema costruttivo dell’orologio, che la differenza qualitativa tra una meccanica e l’altra non è solo progettuale ma risiede anche nella realizzazione e rifinitura “maniacale” di ogni singolo pezzo. Solamente un’accurata costruzione rende valida un’idea virtuale.
Ricordiamo, quindi, sinteticamente gli apparati che compongono un calibro di base definito anche solotempo; tutti gli elementi sono montati su di una base, detta platina, e saldamente assicurati dai ponti. Iniziamo con l’organo di carica e rimessa, il cui compito, tramite l’albero, è di mettere in moto l’orologio e consentire il movimento del gioco sfere in maniera indipendente dalla trasmissione, al fine di sincronizzarlo con l’orario corrente. Tutto questo è possibile attraverso una serie di ruote e leve disposte nel seguente ordine: pignone di carica – pignone scorrevole – tiretto – bascula con relativa molla – ruota di rinvio – ruota di rimando (rinvio intermedio) – pignone calzante – ruota ore. Questi componenti sono collocati sotto al quadrante, mentre il resto si assembla nella parte opposta, ossia lato fondello. Qui, troviamo l’organo motore, dove il bariletto è il protagonista: al suo interno alloggia la molla, con il gravoso incarico di fornire energia al meccanismo, ma soprattutto di erogare questa forza nel modo più costante ed uniforme, pena la perdita di isocronismo. Completano il sistema, inseriti sul ponte, la ruota a corona, il rocchetto (rochet) ed il cricco con molletta per garantire il “non ritorno” della molla in fase di carica. Segue il treno delle ruote: di centro, intermedia, dei secondi e di scappamento, a loro il compito di trasferire il moto ed attraverso il rapporto di trasmissione ruota/pignone (denti/ali), moltiplicare i giri per ottenere il numero desiderato di oscillazioni del bilanciere.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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