Con l’Hamilton PSR, la Casa fondata a Lancaster, in Pennsylvania, fa rivivere l’appeal e la meraviglia del primo orologio digitale, un classico pensato e realizzato nell’era della conquista dello spazio, che ha inaugurato un nuovo modo di leggere l’ora. Battezzato “Pulsar”, fu definito “computer da polso allo stato solido”.
Il 6 maggio 1970, dopo poco più di nove mesi dalla conquista della Luna, in una conferenza stampa tenutasi a New York, Hamilton presentò il primo prototipo dell’orologio da polso elettronico digitale. Battezzato “Pulsar” come le stelle di neutroni pulsanti che emettono fasci di radiazioni a frequenze ultra-precise, questo segnatempo apparve come un oggetto fantascientifico, privo di componenti in movimento, senza nessun ticchettio e con una precisione notevolissima. Fu sviluppato da Hamilton a Lancaster, in Pennsylvania, cittadina in cui il brand vide la luce nel 1892: un “computer da polso a stato solido”, che cambiò per sempre il modo di leggere l’ora. Bastava premere l’unico pulsante della cassa e, sullo schermo comparivano il LED rossi a visualizzare l’ora; tenendo premuto il pulsante più a lungo, cominciavano a scorrere i secondi. L’orologio si regolava grazie a una barra magnetica unica nascosta all’interno del bracciale (agente su due zone preposte all’avanzare di ore e minuti, poste sulla parte bassa del fondello). Il P1, primo modello Pulsar, fu lanciato nel 1972 con un design originale della cassa, di tipo “screen”, in voga in quegli anni: era in oro giallo a 18 carati, in serie limitata a 400 esemplari. Costava 2.100 US$, corrispondenti al prezzo di un’automobile familiare.
Elvis Presley fu tra le personalità che scelsero di possedere uno di quei primi Pulsar. L’anno seguente, era pronto per essere proposto al pubblico senza limitazioni: il modello P2 in acciaio, con una cassa più arrotondata e un sistema chip ottimizzato, fu presentato nel 1973. Fu un successo enorme, prodotto in moltissimi esemplari e indossato da celebrità come Keith Richards, Joe Frazier, Elton John, Giovanni Agnelli e il Presidente degli Stati Uniti Gerald Ford: divenne un’icona di stile. A 50 anni di distanza dalla presentazione di quel primo prototipo, Hamilton ha deciso di riproporlo con il nome di PSR (alla fine degli anni ’70, trovatasi in difficoltà, fu costretta a vendere il brand a Seiko). La forma a “cuscino” della cassa e le dimensioni, ossia 40,8 x 34,7 mm, del P2 del 1973 sono state mantenute, declinate in acciaio e in acciaio PVD oro giallo, in serie limitata a 1.970 esemplari. L’impermeabilità è assicurata fino a 10 atmosfere. A differenza di quello del P2, il display nel PSR, protetto da vetro zaffiro antiriflesso, è ibrido, ossia combina tecnologie LCD riflettenti e OLED a emissione luce (diodi a emissione di luce organica). Premendo il pulsante vengono visualizzati i numeri digitali luminosi OLED costituiti da piccoli puntini rossi, mentre il display LCD garantisce che l’ora sia sempre visibile anche con la luce del giorno. Frutto di tecnologia squisitamente Swiss Made (sviluppata dalla divisione R&S dello Swatch Group e realizzata da Em Marin e Asulab, due aziende sussidiarie elvetiche del Gruppo), prevede anche un circuito integrato a basso consumo, capace di garantire un’autonomia di 5 anni, nove volte superiore a quella dell’originale dei primi anni ’70.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
Nessun commento