La collezione Classique di Breguet costituisce il terreno sul quale la Maison perpetua costantemente il proprio messaggio di contemporaneità, attingendo a quegli stilemi che il Maestro di Neuchâtel ha definito nel dettaglio più di 200 anni fa. Comprende modelli che fanno viaggiare indietro nel tempo, per scoprire che, in fin dei conti, nell’intorno del 1800 il genio di Breguet seppe trovare le chiavi tecnico-estetiche per inquadrare l’orologeria moderna, attuali ancora oggi.
Un immaginario viaggio lungo l’ultrasecolare storia dell’orologeria permette di comprenderne con chiarezza l’evoluzione, tecnica ed estetica, attraverso periodi conservativi e straordinarie accelerazioni. Il tutto seguendo la graduale centralità che l’orologio “da persona” ha via via acquisito nella quotidianità. Momenti focali di questa “epopea” sono stati, certamente, il ‘700 e l’800, attraversati da Maestri geniali quali, ad esempio, Jeanrichard, Tompion, Arnold, Graham, Harrison, Berthoud, Le Roy, Janvier e, evidentemente, Abraham-Louis Breguet. Affermare che Abraham-Louis Breguet sia stato uno dei più grandi orologiai di tutti i tempi non è affatto un’esagerazione. Il suo contributo ha segnato profondamente non solo l’azienda che ancora oggi porta il suo nome, ma anche il resto dell’industria orologiera. È all’orologiaio che si devono invenzioni come il tourbillon, lo scappamento naturale e il gong a molla (vennero introdotti non prima del 1790 – lame in acciaio che circondano il movimento per ottimizzare, in abbinamento ai martelletti, la diffusione del suono e sono assimilabili a delle molle – e lo stesso George Daniels, uno dei massimi esperti di Breguet, ha qualche perplessità sull’attribuzione dell’invenzione al Maestro di Neuchatel, ma non ci sono evidenze storiche a confutazione). La sua prima, grande scoperta risale al 1780, anno in cui realizzò il primo orologio automatico, implementando in un segnatempo da taschino un sistema di pesi che funzionava come una sorta di pendolo. Il suo contributo, però, non si limitò esclusivamente all’aspetto tecnico, ma, anche, a quello strutturale ed estetico. Nell’ultimo quarto del ‘700, infatti, gli orologi erano di dimensioni assai ridotte, di forma tondeggiante, o addirittura panciuta, sovraccarichi di ornamenti. Sulle casse, spesso in oro, erano cesellate o smaltate scene allegoriche, ritratti, trofei o emblemi, oppure erano incastonate pietre preziose.
I quadranti, in smalto o in metallo, recavano numerazioni molto grandi e pesanti, romane per le ore e arabe per i minuti. Le lancette – spesso corte, larghe e molto lavorate – contribuivano, a loro volta a “riempire” oltre modo il quadrante, incidendo notevolmente sulla sua leggibilità. È evidente, senza voler esprimere in questa sede un giudizio di valore sul piano artistico, che l’orologeria dell’epoca non riusciva ad affrancarsi da un diffuso gusto barocco, per non dire “rocaille” (stile decorativo tipico della Francia del XVIII secolo, variante del rococò, caratterizzato da sovrabbondanza di elementi floreali e a carattere naturalistico come volute, conchiglie, grotteschi, derivato dallo stile dei giardini del tempo), a rinnovarsi, in un momento, in cui il neoclassicismo ispirava ormai tutte le arti decorative. Breguet che, con molta probabilità, dopo una intensa collaborazione con Ferdinand Berthoud, aveva avviato la sua bottega a Quai de L’Horloge, a Parigi nel 1775 (benché il suo nome non appaia né nell’Almanac Dauphin del 1777 e neppure in un’altra lista di orologiai parigini del 1781), come evidenziato da George Daniels nel suo fondamentale testo sul Maestro di Neuchâtel, fino al 1780, aveva anche cominciato una serie di studi e sperimentazioni per perfezionare l’orologio “perpetuo” o automatico: poiché, però, era anche necessario mandare avanti l’azienda, non disdegnò di vendere orologi semplici o a ripetizione, comunemente eseguiti in quegli anni. Contestualmente all’aspetto squisitamente commerciale, comunque, Breguet affinò le forme esteriori, in armonia con i meccanismi. Sviluppando in maniera personale alcune meritorie idee di Lépine (Jean-Antoine Lépine, nel 1764-65, elaborò uno schema tecnico del movimento tale da incidere sulla miniaturizzazione e sugli spessori), si spinse molto più avanti di lui, dando prova di maggiore audacia. In particolare, per i suddetti modelli perpetui, disegnò, ad esempio, delle casse piatte, prive di ogni ornamento superfluo, che si distinsero per la purezza delle linee e la cura con cui era rifinito ogni minimo dettaglio. Adottò, inoltre, per i suoi quadranti in smalto piattissimi, numeri arabi sottili, leggibili ed eleganti, sinuosi, in uso ancora oggi e denominati “numeri Breguet”. Nel 1783, poi, inventò una tipologia di lancette dalla forma radicalmente nuova, in cui la punta, svuotata, formava un quarto di luna: a volte sono in oro, ma spesso in acciaio azzurrato. Queste lancette, sobrie e leggibilissime ottennero un successo immediato e vengono imitate universalmente. Sempre prima della Rivoluzione, Breguet introdusse a poco a poco, una soluzione che finirà per diventare una sua specialità, quasi una firma: era la “rabescatura”, praticata prima sulle casse, che assunsero un aspetto antiriflesso e gradevole al tatto, e, un po’ più tardi anche sui quadranti, che sostituiranno, però, quelli smaltati, soltanto all’inizio del XIX secolo.
Ecco, nonostante le immense difficoltà che il mondo si è trovato ad affrontare nel 2020, la firma fondata da Abraham-Louis è riuscita, comunque, a realizzare alcuni interessantissimi modelli che riprendono fedelmente gl’insegnamenti del Maestro, mettendo, ancora una volta, in luce notevolissime competenze tecniche.
Tempo “Classique”
La linea Classique è una delle più amate tra quelle proposte da Breguet e ciò è in buona parte dovuto alla purezza della sua cassa distintiva, che tiene perfettamente fede al nome della collezione. Dalla fine degli anni 1930, infatti, Breguet reintrodusse, su una scala adatta agli orologi da polso, diversi codici classici degli orologi da tasca, con quadranti incisi e carrure scanalate. La Maison confermò questa tendenza negli anni 1950-1970, definendo e strutturando l’attuale collezione Classique. Nelle ref. 7337 e 7137, dunque, da 39 mm, un ruolo fondamentale continua ad essere recitato dal raffinatissimo guillochage “à la main”, squisitamente tradizionale (introdotto da Breguet nel 1786 e finalizzato a favorire la leggibilità delle indicazioni), dei quadranti in oro, nella declinazione argenté su cassa in oro rosa e “blu Breguet” su oro bianco: un sottofondo ideale per accogliere il movimento della luna sul cielo stellato. Il loro layout espressivo s’ispira con grande chiarezza a due capolavori del Maestro – ci arriveremo tra poco –, a partire dalle iconiche lancette Breguet a “pomme évidée”, scorrenti sul giro dei numeri romani, per arrivare, sempre sul quadrante, all’indicazione del numero individuale dell’orologio e all’incisione della ben nota firma segreta. Altro dettaglio distintivo è costituito dalle anse rettilinee e saldate alla carrure, a trattenere il cinturino in pelle. La base tecnica automatica è il calibro 502.3, extrapiatto, con massa oscillante decentrata in oro, trattata guilloché“a mano”, bilanciere Breguet con spirale in silicio oscillante a 21.600 alternanze/ora, scappamento ad àncora in linea invertita con palette in silicio e bariletto aperto. Entrando nello specifico, il Classique 7137, riprende la disposizione delle indicazioni del tasca Perpetuelle n. 5, ripetizione quarti da 54 mm, in oro giallo e quadrante argenté guilloché (venduto il 14 marzo 1794 al conte Journiac Saint-Méard per 3.600 franchi), recante le indicazioni della riserva di carica al 10/11, delle fasi di luna all’1/3 e dei piccoli secondi al 6, con indici a numeri romani su fondo satinato: il movimento prevedeva due bariletti per una riserva di carica di 60 ore, una massa oscillante in platino e lo scappamento ad ancora.
Nel 7137, al 6, troviamo il datario analogico in luogo dei piccoli secondi, mentre riserva di carica e fasi di luna, sono rivolte verso il basso e non semplicemente inclinate. In quanto al guillochage, ecco un motivo “panier maillé” per la riserva di marcia, “damier” per l’indicazione della data e “Clous de Paris” sul fondo centrale del quadrante. Il 7337, invece, è una chiara rilettura del tasca di Breguet n. 3833, con ripetizione dei semi-quarti, in oro con quadrante argenté, da 49 mm: proponeva, infatti, nel contesto di un quadrante decentrato in basso (un’innovazione stilistica che divenne frequente, a partire dal 1812), le fasi di luna al 12, la finestrella della data al 2, l’apertura ad arco di cerchio per la regolazione dell’anticipo e del ritardo (al 10/11) e i piccoli secondi al 9 (venduto il 12 maggio 1823 a Thomas Hawley per 5.000 franchi). Nel 7337, nel medesimo contesto decentrato, in luogo dell’anticipo/ritardo, vi è la finestrella – la cui forma è ripresa da quella storica – del giorno della settimana e i piccoli secondi sono spostati al 4/5. Il guillochage è fedele al modello storico, con un motivo “grain d’orge” circolare per l’esterno del giro delle ore, un “damier” per i piccoli secondi e un “Clous de Paris” al centro. Il cielo delle fasi lunari è smaltato e la luna in oro è lucida in rilievo e opaca negli avvallamenti.
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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