Il rapporto tra Audemars Piguet e la cronografia è particolare, perché, pur essendo titolare e capace dei più complicati meccanismi orologieri conosciuti, anche integrati in uno stesso esemplare, la Maison, negli anni pionieristici, ossia fino all’inizio del 1960, ha realizzato pochissimi crono. In più, non si è mai prodigata con impegno particolare nel definire un movimento cronografico di manifattura. Nell’attuale [Re]master01, tutto questo trova la quadratura del cerchio: alla reinterpretazione di un rarissimo, quasi unico, esemplare del 1943, si abbina l’impiego di un calibro crono in-house, di altissimo livello, presentato nel 2019. Un’alchimia che proietta il [Re]master01 nella galassia delle opere d’arte con le lancette.
“Tutti sono a conoscenza della rivoluzione che il design ha vissuto tra gli anni ’70 e i primi anni del 2000. In realtà, le espressioni creative legate alla forma della cassa e al design del quadrante hanno caratterizzato ogni decennio della nostra storia. Per [Re]master01, abbiamo scelto di esplorare la forza e l’eleganza di uno dei nostri cronografi da polso del 1943 dalla prospettiva del 2020. Questa non è una riedizione storica, è una reinterpretazione contemporanea di una delle nostre passate creazioni.” Così, Michael Friedman, Responsabile Complicazioni di Audemars Piguet, nel presentare il [Re]master01, un cronografo che riunisce in sé i significati più esclusivi dell’alta orologeria, e non solo. Per comprendere appieno questa affermazione va precisato, in primis, che ci troviamo di fronte ad una reinterpretazione, con gli attuali supporti tecnologici, di un prodotto realizzato dalla Maison di Le Brassus nel 1943 (pre-modello della ref. 1533): di fatto, in gergo musicale, una rimasterizzazione di un’incisione degli anni ’40. Fin qui, se pensiamo alle Case dalla grande e ultracentenaria tradizione, si tratta di un’operazione come se ne sono viste già e se ne vedranno in futuro, dalla grande allure e impatto sugli appassionati di orologeria classica e vintage style. Audemars Piguet, però, è andata ben oltre. Cominciamo con l’evidenziare che i cronografi da polso vintage di Audemars Piguet sono tra i modelli più rari che esistano al mondo, con soli 307 esemplari prodotti, tra gli anni ’30 e la fine degli anni ’50. Ѐ il periodo storico tumultuoso e transitorio, a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Proprio negli anni ‘30, la Maison di Le Brassus cominciò a prevedere cronografi da polso (la misura della performance stava divenendo un plus sempre più richiesto all’epoca, e solo nel 1936, le vendite degli esemplari da polso superarono quelle da tasca) e, durante il secondo conflitto mondiale, come detto, quando fu realizzato il pre-modello 1533, i cronografi da polso rappresentavano meno di un decimo della produzione orologiera totale dell’azienda. A ciò va aggiunto, per porre l’accento sulla rarità di un modello simile che, fino al 1951, ogni esemplare prodotto dalla Casa era da considerarsi come pezzo unico. Nel periodo in oggetto, i modelli da polso, compresi i cronografi, misuravano tra i 31 e i 34 mm di diametro, mentre il pre-modello, ref. 1533, del 1943, misurava ben 36 mm, imponente, un’eccezione assoluta alla regola. Inoltre, last but not least, furono solo tre le versioni della ref. 1533, vendute nel 1943, nella configurazione con cassa in acciaio e lunetta/corona/pulsanti in oro rosa, di cui solo una, perfettamente corrispondente nei dettagli al pre-modello in oggetto, con quadrante rosa-champagne.
Per dare un’idea del valore di un simile pezzo, proprio la variante con il suddetto quadrante, è stata battuta dalla Casa d’Aste Phillips, l’8 novembre 2015 per 305.000 franchi svizzeri (la stima era 100.000 -150.000 franchi svizzeri). Insomma, appare chiaro che il protagonista di questa reinterpretazione è un esemplare di rarissimo pregio e prestigio nella storia dell’orologeria. Di qui le parole di Friedman proposte nell’incipit, alle quali il Responsabile Complicazioni di Audemars Piguet ha aggiunto: “Erano numerosi gli orologi della nostra collezione Heritage dai quali saremmo potuti partire per il nostro progetto di reinterpretazione del passato. Ma il team ha deciso all’unanimità per questo cronografo da polso, per la sua estetica così particolare e la connessione emotiva che tutti abbiamo provato verso questo eco del passato”. Un compito, dunque, estremamente delicato, che la Maison ha voluto affrontare, con il consueto rigore e savoir-faire, conscio che pur essendo trascorsi ben 77 anni, questo costituiva una sfida tecnica per due ordini di motivi: la bombatura e morbidezza della cassa, la lunetta estremamente sottile, l’accurata lucidatura dell’insieme, connotati sempre molto complicati e costosi da eseguire. Tanto per cominciare, l’esecuzione è stata stabilita in edizione limitata a 500 esemplari e, evidentemente, la maggior parte delle caratteristiche originali sono state mantenute. Dunque cassa in acciaio con anse a goccia saldate, lunetta, pulsanti a oliva e corona, in oro rosa: il diametro, per motivi tecnici ed estetici, è stato portato a 40 mm, il vetro, evidentemente è in zaffiro, e il fondello presenta un oblò sempre in cristallo zaffiro (nell’originale era chiuso), per osservare il calibro di manifattura. Spettacolare è la lucidatura e il suo effetto d’insieme, considerando che l’artigiano della Maison ha dovuto effettuare un lavoro perfettamente uniforme su oro e acciaio, metalli con durezza ben diversa, con la lunetta alta e sottile che ha determinato ulteriori problematiche da risolvere. Concentriamo ora l’attenzione sul quadrante del [Re]master01, satinato color oro (più luminoso della tonalità champagne dell’originale), che il maggior diametro ha permesso di rendere meno “compresso” e più visualizzabile, dove, a motivo del movimento adottato, cambia la disposizione dei contatori (sempre rifiniti azurée), oggetto di un “movimento” in senso antiorario: da minuti crono al 3, ore crono al 6 e piccoli secondi al 9, si è passati a ore crono al 3, piccoli secondi al 6 e minuti crono al 9. In ogni caso, il design è assolutamente fedele all’originale, con la serigrafia in nero degli indici a filo (numero arabo al 12), delle scale crono e della scala dei minuti/secondi crono, con la tonalità blu sulla scala tachimetrica periferica e sulle sfere degli indicatori crono, e con l’oro rosa per le lancette di ore/minuti/piccoli secondi: a quest’ultimo proposito, osserviamo che, sull’esemplare del 1943, la sfera dei minuti è incurvata sul vertice, soluzione omessa nell’attuale modello per equilibrare gli ingombri spaziali sull’asse verticale. Ѐ stata conservata anche, sul contatore dei minuti crono, sopra al “15”, l’indicazione “4/5” in rosso, per consentire la misurazione crono fino ai 45 minuti: si trattò di una funzione richiesta da un membro di una delle due famiglie fondatrici di terza generazione, Jacques-Louis Audemars (1910 – 2003), per assecondare la sua passione per il calcio e indicare il tempo della prima frazione di gioco del suo sport preferito. Infine, analogamente all’orologio del 1943, il [Re]master01 presenta sul quadrante il logo “Audemars Piguet & Co Genève”.
In tal senso, va detto che, dal 1885 circa, fino alla metà degli anni ’70, Audemars Piguet fu proprietario di un laboratorio a Ginevra per essere più vicino ai clienti finali e rendere più agevole la distribuzione all’interno dell’Europa e oltre i suoi confini; quando la Maison cominciò a firmare i suoi orologi nei primi anni del XX secolo, la città di Ginevra era menzionata frequentemente sul quadrante. E veniamo ora al succitato meccanismo perché, come noto, storicamente, Audemars Piguet si è sempre dimostrata restia ad investire risorse per lo sviluppo di veri e propri movimenti cronografici in-house, fino a quando, nel 2013, il CEO François-Henry Bennahmias ha stabilito che una Maison dal simile blasone non potesse più permettersi di rinunciare ad avere in casa un movimento cronografico proprio, al top: in tempi moderni, Audemars Piguet aveva utilizzato o il movimento integrato su base Frédéric Piguet 1185, oppure i moduli Dubois-Dépraz su base tempo automatica di manifattura 3120. Ci sono voluti sei anni per vedere il risultato di uno sforzo notevolissimo, con la famiglia di calibri 4300 e 4400 (questa seconda con funzione flyback aggiunta), entrambi da 14’’’ (32 mm di diametro) e con un’elevata riserva di carica di 70 ore, tale da accogliere “serenamente” eventuali variazioni sul tema, in termini di complicazioni, che comportino maggiori assorbimenti di energia. Il [Re]master01, per l’appunto, è animato dal calibro automatico 4409, alto 6,82 mm, composto da 349 parti e scorrente su 40 rubini. Il bilanciere, oscillante a 28.800 alternanze/ora, è a tre bracci e a regolazione inerziale (6 masselottes interne alla corona), la sua eccellente stabilità è garantita da un’inerzia di 12,5 g/cm2 e prevede un ponte trasversale, funzionale ad una buona solidità. In quanto al dispositivo automatico, la massa oscillante in oro rosa a 22 carati, satinata e decorata a “Clous de Paris”, carica nei due sensi e fruisce di due invertitori montati su cuscinetti a sfere per trasferire energia alla molla del bariletto. Il sistema cronografico prevede uno smistamento via ruota a colonne, dalla particolare forma a “stella” a cinque punte arrotondate e sinuose, con innesto verticale (la frizione evita l’esigenza della connessione tra ruotismi, propria dell’innesto orizzontale, tale da causare potenzialmente il salto della sfera dei secondi in avvio di misurazione); come accennato, il meccanismo accoglie anche la funzione flyback, attivabile mediante il pulsante al 4. Il movimento impiegato sull’originale del 1943, evidentemente era manuale, calibro 13VZAH, bilanciere con viti di compensazione, 22 rubini e smistamento via ruota a colonne con innesto orizzontale. Per allacciare al polso uno dei 500 pezzi disponibili (appena riapriranno i punti vendita), è stato integrato un cinturino in pelle di vitello cucito a mano, color marrone chiaro, con impunture a vista (è previsto, inoltre, un cinturino in alligatore marrone scuro) e saranno necessari 54.800 euro. L’esperimento della “reinterpretazione”, possiamo azzardarci a sottolineare, è riuscito alla perfezione, e siamo certi che la serie limitata non sarà in grado di soddisfare le richieste. Potrebbe essere iniziato un ciclo che vedrà sul mercato, anno dopo anno, i [Re]master02, 03, e così a seguire. Un motivo in più per assicurarsi una porzione di storia orologiera, quella sopraffina, fruendo della “masterizzazione” contemporanea. Un modo per dire che l’allure artistica di un segnatempo è di pertinenza di poche, pochissime manifatture: tutto qui…
Da circa 25 anni, giornalista specializzato in orologeria, ha lavorato per i più importanti magazine nazionali del settore con ruoli di responsabilità. Freelance, oggi è Watch Editor de Il Giornale e Vice Direttore di Revolution Italia
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